lunedì, Marzo 31, 2025

Zoomax alle San Blas

Cari amici. Ricevo notizie da Zoomax, e come leggete nel breve appunto allegato Anna e Paolo sono a San Blas. Quanti ricordi, mi è dispiaciuto quella volta non aver trascorso più giorni “bordesando bordesando” fra le isole, ma per lo meno le ho viste. Era la fine del febbraio 2013.  Anche se qualche anno fa le ho pubblicate fra i racconti de “il mio Pacifico”, in calce vi ripropongo le news che avevo scritto sulle San Blas, con il natale dei Kuna

Anna Paolo Zoomax si trova presso San Blas, Kuna Yala.

« ZoomaX è di nuovo in movimento, in un umore molto rilassato, godendosi la bellezza delle isole San Blas con gli amici »

Cayo Holandes
Verso mezzogiorno si avvistano le prime isole di San Blass, e così ci mettiamo in agitazione per l’atterraggio: queste isole erano state da molti anni un obiettivo da me desiderato, anche se purtroppo molti amici mi hanno detto che non sono più come una volta, e quindi la curiosità di visitarle è forte. Mi aspetto di vedere spiagge bianche, verdi palmeti e acqua cristallina, e, infatti, arrivando a Cayo Holandes rimango confortato dallo spettacolo che si presenta ai miei occhi: arriviamo da est, con il sole alto, e vediamo subito il gruppo di atolli dietro al frangere delle onde sulla barriera corallina. Non è facile capire dove si trova la passe, anche perché le carte di queste coste non sono così disponibili come ci si potrebbe aspettare, ma s’intravede chiaramente l’azzurro della laguna, delimitata fra la barriera e le mangrovie che ricoprono la riva.  Ci sono alcune barche a vela alla fonda, dietro ad un atollo, ma esposte al vento, altre dietro alla barriera corallina senza alcuna protezione dal vento, e in prossimità della laguna chiamata “le piscine” ve ne sono altre, ben ridossate, che si cullano nell’acqua blu e azzurra. Scegliamo quest’ultimo ancoraggio per la nostra sosta, e con molta cautela ci avviciniamo alla barriera, dove poco dopo si scorge il passaggio, angusto e profondo solo 3 metri, perpendicolare alla secca, che continua poi con una curva quasi a gomito che s’immette nella laguna. Siamo tutti in silenzio, procediamo piano, gustandoci l’avvicinamento al punto di ancoraggio come l’inizio di un film, seduti in prima fila. Purtroppo non rimane molto spazio dentro la laguna, e siamo costretti a dare fondo proprio sul canale vicino alla passe, su 6 metri d’acqua, sul filo della corrente che entra ed esce. In queste condizioni Refola non riesce, però, a mettersi al vento e mentre tutte le altre barche appaiono allineate fra loro, noi rimaniamo nella bisettrice fra la provenienza di questo e il filo della corrente.

L’ambiente è molto suggestivo, selvaggio, coloratissimo, specie con il sole che ne risalta le sfumature, senza la presenza d’insediamenti umani sull’atollo, e le barche alla fonda quasi si confondono nel paesaggio, come una pennellata di bianco sull’azzurro del mare.

Rimaniamo a Cayos Olandes due giorni, prima di dirigerci verso Cayo Lemons, e riusciamo a fare due escursioni in gommone all’interno della laguna, gustandoci i fondali trasparenti e le spiagge deserte, dove l’unica presenza umana è data purtroppo dalle immondizie portate e depositate dalla corrente all’interno dell’arcipelago. Sbarchiamo anche in una spiaggetta bianca, le palme sono alte, nel terreno ci sono i grossi buchi con le “tane” dei granchi del cocco, e di questi frutti ce ne sono  a terra in abbondanza: ne prendiamo due di maturi, mentre Giancarlo riesce a salire su una palma staccandone due di freschi (scorticandosi una coscia), e con il grosso bottino ce ne torniamo a bordo.  Il comandante ogni giorno si collega via radio con gli skipper italiani che navigano in questa zona, e così riusciamo a mappare la loro presenza nei vari Cayos dell’arcipelago. Sappiamo che c’è Bobo con Mary, Paolo, Marzia, Andrea, Enzo e molti altri, una comunità che si tiene in contatto costantemente, alcuni dei quali conosco o attraverso i racconti di Bolina o quelli di banchina.

Cayo Lemons
Salpiamo dopo due notti per una nuova baia: la navigazione è breve, meno di due ore verso ovest, fra secche e atolli, sui quali, a differenza di Cayo Holandes, si nota la presenza di capanne abitate dalla popolazione locale “Kuna”. Sono abitazioni di solito con un unico vano, ognuna adibita a uno scopo diverso, per dormire o per mangiare e cucinare. In qualche atollo c’è anche un pseudo ristorante dove, come ci racconterà Mary, si può mangiare pesce o pollo fritto, con patate e riso. I Kuna vivono prevalentemente di turismo, o meglio dalla vendita di aragoste e mola ai naviganti in transito, sono piccolini e scuri di pelle, abilissimi nuotatori e comunque sempre gentili.

L’atterraggio a Cayo Lemons è sempre attraverso una pass, questa volta molto larga e visibile, e diamo fondo a fianco di Eccola, la barca con Bobo e Mary <marybobo@tin.it>, che ci raggiungono subito. Loro sono ormai di casa, fanno parte della comunità italiana (Bobo addirittura pensa di prendere la residenza panamense), e ci fanno da cicerone con una panoramica virtuale delle San Blass: come ricevere dai Kuna rifornimenti con una barca che settimanalmente porta frutta verdura e carne, dove scendere sul continente, sempre con una barca Kuna che fa la spola in 45 minuti, prelevando passeggeri sulle barche o negli atolli, e poi consente di prendere la coincidenza con un mezzo per Panama, dove fare documenti di entrata e dove prendere  la scheda telefonica locale.

Fra una birra e altre due chiacchiere di aggiornamento il tempo passa veloce, e l’appuntamento è spostato dal comandante per cena su Refola: far da mangiare per 6 o 8 persone non cambia di molto, e do volentieri una mano a Sandro ai fornelli. La serata così si prolungherà più del solito, con una bottiglia di vino in più, ma soprattutto con tante chiacchiere di pozzetto, specie fra Sandro e Bobo che hanno molte conoscenze in comune, viste le ripetute esperienze nei Carabi.  Io approfitto di Bobo per chiedergli un aggiornamento sulle carte locali, e il giorno dopo mi fornice una copia delle CMAP di tutto il mondo del 2002, che mi sarà utile per Max Sea, delle coste di Panama, e di tutti gli  wait point del Mar Rosso che lui stesso ha tracciato, dove è di casa avendovi fatto l’istruttore sub per molti anni.  Così passando a parole da un oceano all’altro passiamo anche noi la mattina seguente in un altro atollo.

Cayo Porvenir
In questo atollo si fanno i documenti di entrata, ci sono l’autorità militare e civile, un piccolo aeroporto, un alberghetto ed un ristorante raccomandato da Mary. Diamo fondo davanti alla caserma, vicino a vecchio bastimento e a una barca che ha disalberato, e riceviamo subito la visita di una canoa Kuna con tre pescatori che ci propongono quattro grosse aragoste per 25$, offerta che accettiamo subito; il comandante, dopo averle messe in congelatore, scende a terra per prendere informazioni anche per Marzia, skipper Romana che dovremmo incontrare nel viaggio verso Raiatea e che conosceremo lo stesso pomeriggio.  Purtroppo il consiglio Kuna, che si riunisce in quel giorno a Porvenir, ha monopolizzato l’atollo, quindi niente ristorante (occupato per la riunione Kuna) e neppure uffici aperti, almeno per la mattina.  Decidiamo di fare due passi e visitare l’albergo, chissà che non ci serbi sorprese: e, infatti, ce le riserva.

L’albergo è una specie di resort, sotto il profilo logistico, costituito da una capanna con alcuni vani, da un’altra capanna dove c’è una cucina, uno shopping (si fa per dire) e un banco per la vendita di bevande. Attorno ad alcuni tavoli sono seduti alcuni ragazzi che aspettano di essere serviti, ma nulla di riconducibile a un servizio ristorante. Chiedo in cucina alla cuoca se è possibile mangiare qualcosa e che cosa, ma la risposta è negativa: troppa gente, non c’è pesce, solo pollo e patate, e comunque bisogna aspettare due ore. Capiamo che la cucina di bordo è insostituibile, e dopo aver incontrato l’autorità dell’isola che ci fornisce le informazioni che cercavamo, rientriamo in barca.

Piccolo lunch e poi ci rimettiamo in navigazione verso un altro atollo, dove incontreremo Marzia. La navigazione è semplice e breve, e in un’oretta arriviamo a Cayo Chichime

Il Natale Kuna
Nella comarca di Kuna, Yala, sul versante caraibico di Panama, sopravvive una comunità autoctona composta da circa ventimila persone che vivono per la maggior parte nelle isole dell’arcipelago di San Blass, vero e proprio paradiso terrestre.

I Kuna sono un popolo di pescatori diviso in cinquanta tribù, guidate dai sahila, sciamani leader che detengono il potere amministrativo e spirituale e mantengono i rapporti con le istituzioni panamensi.

L’economia dei Kuna è quasi totalmente basata sul commercio di aragoste, noci di cocco e molas, tipici prodotti di artigianato locale. I prezzi sono imposti dai capi delle tribù, così come le tasse. Nessuno è ricco, nessuno è povero, nessuno può permettersi privilegi.

Ma si dice che ci sia un giorno di festa, il Natale dei Kuna, che cade solo una volta ogni tanto, senza avvento, senza preavviso, senza cenone ne regali.

La posizione di San Blass, a cavallo tra Panama e la Colombia, è al centro delle rotte dei narcotrafficanti colombiani che portano la cocaina fino in Messico alla volta poi degli Stati Uniti.

Si tratta di droga purissima in quantitativi enormi trasportata in casse di legno cui sono legati sacchi di sale: in caso d’intercettazione da parte delle autorità i trafficanti gettano le casse in mare, per poi attendere, grazie allo scioglimento del sale, che queste tornino a galla.

È in quel frangente che i Kuna, a bordo delle loro barchette ricavate dai tronchi degli alberi della foresta pluviale, remano a più non posso per aggiudicarsi il bottino prima del ritorno dei trafficanti.

I Kuna non hanno mezzi per portare la droga fino alle città allo scopo di rivenderla, quindi la tengono per sé.  A San Blass non nevica mai, ma in quel giorno tutto si riempie di neve bianca, come a Natale.

E i Kuna fanno festa per tutta la notte.

Cayo Chichime
E’ questo uno degli atolli più belli che abbiamo toccato alle San Blass e sarà anche l’ultimo da scoprire e che visiteremo. L’atterraggio con la luce della sera alle spalle, l’insieme di tre isolette con le palme che scendono fino al mare, il fondale profondo di sabbia chiara fin sotto riva, il passaggio di due delfini sotto bordo conferiscono un’atmosfera da cartolina, e dopo aver zigzagato fra le barche per cercare il giusto posto ove fermarci abbiamo dato fondo all’ancora e ci siamo calati tutti in acqua a godere il momento magico. Pensate che nuotando mi è sfilato vicino un delfino per due volte, e l‘emozione è stata forte. Prima di sera siamo scesi a terra, perché Bobo ci aveva detto che in quest’atollo c’era un Kuna, Miguel, che avrebbe potuto pulire la chiglia della barca, e poiché questa era un’opportunità che il comandante voleva percorrere, siamo scesi per cercarlo: non lo abbiamo trovato, ma in compenso abbiamo incontrato chi ci avrebbe fatto il lavoro.

La mattina seguente si è presentata sotto bordo una canoa con 5 “operai”: due ragazzini che non superavano i dieci anni, due più grandi e il loro mentore, tutti armati di maschera e pinne, con il raschietto e tanta voglia di fare il lavoro.  Ci hanno chiesto 25$, e per quella cifra si sono tuffati e rituffati per oltre un’ora sotto la chiglia, con gli strumenti di lavoro in mano e tanta voglia di giocare a fare i grandi.

Alla fine sentivano freddo e quando poi il comandante è sceso a controllare l’esecuzione della pulizia, ed era stata fatta bene, oltre al compenso pattuito si sono meritati anche una birra e un dolcetto testa. Dovevate vedere com’erano contenti, ed anche il nostro comandante……Ho pensato sorridendo fra me e me che questo era stato sfruttamento del lavoro giovanile, ma per fortuna non era passata la Camusso…

La sera precedente il comandante aveva invitato a cena Marzia e suo marito, una coppia romana che a bordo del Parmelia sta facendo il giro del mondo. Pasta con le aragoste, quelle comperate la mattina stessa a Cayo Porvenir, che abbiamo spolpato una ad una ricavandone un’abbondante polpa che assieme al sugo di pomodoro ci ha consentito di condire un Kg di fusilli… Mancavate solo voi, …perchè ne abbiamo avanzato una pirofila che il giorno dopo abbiamo passato al forno.   Anche con Marzia (bella moretta, giovanile e simpatica, oltre che intraprendente skipper) non sono mancate le chiacchiere in pozzetto fino a tardi, e ci siamo dati appuntamento al marina di Colon, prima del canale.