UOMO A MARE (MAN OVERBOARD: MOB)
GIUBBOTTI SALVAGENTE E CINTURE DI SICUREZZA
Gli incidenti non sono inevitabili, ma i rischi possono essere limitati. A bordo di una barca a vela l’equipaggio dovrebbe essere vincolato alla barca quando si trova in coperta, specialmente in condizioni di mare tempestoso, e comunque sempre di notte. Ogni cintura deve essere dotata di moschettone di sicurezza omologato e approvato, il quale deve essere fissato in modo da rendere la caduta fuoribordo pressoché impossibile – vale a dire che la lunghezza dell’ombelicale e la posizione a cui si aggancia non permette di andare oltre la battagliola. Una prevenzione totale spesso è impossibile. Per esempio, le barche a vela in genere armano dei cavi di sicurezza da prua a poppa, lungo i passavanti (life line). Quando si è agganciati al cavo esposto alle onde si può essere abbastanza sicuri di non finire in mare se sbalzati sottovento – il rischio più probabile – ma si rimane esposti se si è spinti sopravento.
Giubbotti e cinture di sicurezza sono spesso abbinati come mostrato qui a fianco: vincolati o no, i giubbotti salvagente dovrebbero essere sempre indossati:
- quando si è imbarcati su barche aperte, motoscafi di piccole dimensioni o quando si va a terra con il tender.
- Sempre dai bambini quando sono in coperta.
- Sempre da chi non sa nuotare e ci si trova in una condizione che potrebbe comportare il rischio di finire in acqua.
- In coperta di notte o in cattive condizioni meteomarine.
- Ogni qualvolta lo skipper lo ritenga necessario.
Se un membro dell’equipaggio cade fuoribordo durante la navigazione si determina immediatamente una condizione di pericolo di vita, ovvero una situazione che impone sicuramente una tempestiva richiesta di soccorso (Mayday). In condizioni meteomarine discrete ci sono buone possibilità di recupero del naufrago, ma in genere le cose tendono ad andare di male in peggio, nel qual caso si renderà necessario richiedere l’intervento del servizio di salvataggio in mare. Anche riuscendo a recuperare il naufrago, questi potrebbe aver riportato ferite o fratture, trovarsi in uno stato di ipotermia o sotto shock, per cui può rendersi necessario sbarcarlo per sottoporlo a intervento medico. La chiamata di soccorso deve essere effettuata con la massima tempestività. Ma la domanda è: quando? Se si dispone di un nutrito equipaggio non ci sono problemi: mentre si organizza il recupero si designa una persona al microfono della radio. Se invece si è a corto di equipaggio si dovranno seguire delle priorità. Se si possiede un VHF dotato della funzione DSC (attivata, N.d.T.), basterà premere immediatamente il relativo tasto. Ciò consente l’emissione di una richiesta di soccorso che riporta le coordinate geografiche, fornendo la posizione dell’imbarcazione alla Guardia Costiera. Il messaggio vocale può intercorrere successivamente. Oppure, rimanendo in pozzetto, si può usare un VHF portatile.
Quando si perde qualcuno in mare è indispensabile raggiungerlo il prima possibile, soprattutto se l’acqua è fredda, poiché il tempo di sopravvivenza è limitato. È molto importante:
- rimanere il più vicino possibile al naufrago durante tutta la manovra, così da non perderlo mai di vista.
- Evitare che il naufrago venga ferito dall’elica quando ci si avvicina con la poppa, o venga ur- tato dallo scafo in caso di mare grosso. Questo significa avanzare con prudenza, a velocità controllata.
- Mantenere sempre la capacità di manovra.
Bisogna inoltre considerare che una manovra che funziona per una barca potrebbe rivelarsi disastrosa per un’altra. Per esempio, un motoscafo dislocante e lento potrebbe mettere immediatamente in folle la leva dell’invertitore e fare un’inversione di rotta sfruttando l’abbrivo, mentre l’arresto improvviso di una barca planante in velocità potrebbe essere pericolosa per le persone a bordo. Mentre per un’imbarcazione a vela da crociera armata con un paterazzo fisso è facile virare in cappa rapidamente per fermarsi in prossimità del naufrago, per una barca ad armo aurico o da regata, essendo armata con paterazzi e sartie volanti, sarebbe impossibile eseguire la stessa manovra senza causare avarie alle attrezzature. Prima di esaminare quali sono le manovre migliori a seconda del tipo di barca, va detto che in nessun modo l’accosto all’uomo a mare deve avvenire avanzando con la prua esattamente contro vento.
In tutti i casi bisogna anzitutto agire in questo modo:
- la prima persona che rileva l’emergenza deve urlare “UOMO A MARE” per allertare tutto l’equipaggio e, se possibile, indicare il naufrago per non perderlo di vista.
- Una persona deve premere il tasto “MOB” sul GPS o sul plotter cartografico, oppure premere il tasto dedicato alla richiesta di soccorso del radiotelefono di tipo DSC.
- Mantenere il contatto visivo con il naufrago e lanciare le attrezzature di soccorso in mare da poppa della barca.
Ciò detto, esaminiamo le manovre da eseguire a seconda del tipo di imbarcazione.
Barca a vela
Le moderne barche a vela da crociera hanno rande relativamente piccole e motori ausiliari molto
efficienti. Le vele dovrebbero essere usate per fermare la barca (in cappa, N.d.T.) e i motori per la manovra di recupero dell’uomo a mare.
1. La persona cade in acqua mentre la barca naviga a vela su un traverso pieno.
2. Appena il timoniere si rende conto dell’incidente si porta all’orza, di fatto per virare in cappa. Si accende il motore.
3. Si cazza a ferro la randa per annullare la portanza e affinché il boma non oscilli da una parte all’altra del pozzetto. Se il fiocco risulta d’impiccio lo si può riavvolgere o ammainare.
4. Ora si ferma la barca sopravento al naufrago con il vento al traverso. Usando il motore avanti e in retromarcia si farà scarrocciare la barca sull’uomo a mare tenendolo a mezza nave. Lo si recupererà dal lato di sottovento.
Ci sono diversi vantaggi nell’adottare questa tecnica. Rende tutto più facile, la barca e l’uomo a
mare salgono e scendono sulla medesima onda, l’imbarcazione procura al naufrago una zona di
remora rendendo il contatto preciso senza alcuna tendenza a scarrocciare via. Inoltre, con vento
forte, la barca sarà inclinata verso il naufrago facilitandone il recupero.
Barca a vela con grande randa, paterazzo volante, eccetera
Alcuni yacht non possono “abbattere” senza correre il rischio di provocare avarie e peggiorare una situazione già di per sé critica. Le barche che montano una randa molto potente – più efficace dei motori stessi – o armate con sartie volanti che sostengono l’albero, ricadono in questa categoria.
Sono imbarcazioni che richiedono una certa organizzazione dell’equipaggio per eseguire una virata e per riportarsi in rotta con quell’angolo magico di 60° rispetto alla provenienza del vento, in modo da poter lascare la randa e farla fileggiare (depotenziandola) nell’ultima fase della manovra.
1. Lo sventurato finisce fuoribordo mentre la barca procede di bolina.
2. Il timoniere, appena si rende conto dell’incidente, poggia fino a raggiungere il traverso.
Lo skipper ordina all’equipaggio di prepararsi alla virata e di ammainare il fiocco
contestualmente alla manovra.
3. Una volta attraversato il letto del vento, il timoniere poggia fino al lasco e accende il
motore.
4. Con la randa completamente lasca, si orza per indirizzare il mascone di sottovento
verso il naufrago. Con la randa priva di potenza, che fileggia, si può usare il motore per portare la barca ad arrestarsi, mantenendo l’uomo a mare lungo la fiancata di sottovento, circa al traverso, pronti per issarlo a bordo.
Grandi motoscafi
1. Si naviga a oltre 20 nodi di velocità e un membro dell’equipaggio cade in mare di poppa.
2. Avendo sentito la chiamata di “uomo a mare”, il timoniere controlla alle sue spalle prima di rallentare gradualmente, per evitare che l’equipaggio in coperta possa perdere l’equilibrio e ferirsi.
3. Poi, compatibilmente con la sicurezza, compie un’inversione il più rapidamente possibile e tiene d’occhio la scia lasciata in mare per ritrovare la rotta che riconduce al naufrago.
4. Attraversata la scia, il timoniere deve stimare la direzione del vento, e una volta individuata la posizione del naufrago, effettua la manovra per portarsi sopravento a quest’ultimo, mantenendosi al traverso.
5. Alternando colpi di marcia avanti e indietro mediante il motore più distante dal naufrago, cerca di rimanere in posizione in modo che il vento faccia scadere l’imbarcazione verso il naufrago.
6. Mentre l’equipaggio agguanta il naufrago e portandolo da sottovento verso poppa lo issa a bordo sulla plancetta, il timoniere resta al proprio posto di governo assicurandosi di avere il motore in folle o spento fino a quando il naufrago non sarà riportato a bordo.
Gommoni a chiglia rigida e piccoli motoscafi
La manovra per gommoni a chiglia rigida e piccoli motoscafi è quasi del tutto simile a quella adottata dalle imbarcazioni più grandi, escluso il punto di recupero dell’uomo a mare, che dovrebbe avvenire sul mascone di sopravento. In questo modo si mantiene l’uomo il più lontano possibile dall’elica e si evita il rischio che il natante, il cui pescaggio è molto ridotto, venga sospinto verso il naufrago. Altro fattore di cui tenere conto è la posizione dei comandi del motore. Se si trovano sul lato destro del mezzo (come nell’esempio), è opportuno effettuare il recupero dell’uomo a mare sul lato sinistro, affinché la postazione di guida non sia di intralcio all’operazione.
1-2. Il timoniere viene allertato dalla chiamata di uomo a mare, rallenta gradualmente e accosta per tornare verso la scia tracciata.
3-4. Dopo aver percorso a ritroso la linea della scia, rileva il naufrago e quindi manovra per recuperarlo sul mascone di sinistra, tenendolo sempre sopravento.
5. Quando è vicino, spegne il motore prima di raggiungerlo, mentre il resto dell’equipaggio si adopera per portarlo a bordo.
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