Tony Coppi – Febbraio
Il personaggio del mese di febbraio: TONY COPPI
Conosco Tony da molti anni, dal 2006, quando trascorsi con lui alcune settimane a bordo del Malandrino Fabinou , navigando lungo le coste della Turchia e della Grecia. Abile comandante, ho apprezzato , durante le navigazioni che si sono succedute da Cesme a Finike, i “segreti” del suo andar per mare, un “dolce peregrinare” in Egeo che ho desertato in favore del Sound of Silence , che tutt’ora mi tiene incatenato… ubi maior…..
Personaggio poliedrico, velista, dirigente d’azienda, imprenditore, scrittore e giornalista, autore e regista di servizi giornalistici TV, per quattro anni ha curato la rubrica Vela e tecnologia del quotidiano «Italia Oggi», seguendo tutta l’avventura del Moro di Raul Gardini in Coppa America; laureato in legge, dal 1996 al 2015 si è occupato attivamente di Giustizia.
Ancor oggi trascorre ogni anno molti mesi in Egeo, conosce un poco di turco e si fa capire con il suo “ turkenglish”” .Nel libro “Nel Regno del Meltemi” racconta delle sensazioni provate nel suo lungo vagabondare dal Mar Nero al Mar di Marmara, dall’Egeo al Mar di Levante: luoghi, personaggi, folclore, cucina, pensieri, tutto documentato da stupende fotografie.
Gli ho scritto l’anno scorso, perchè ho pensato che potrebbe raccontare della sua vita agli amici di RTM, pregna di esperienze eclatanti ed esaltanti, anche per i personaggi che ha conosciuto, le barche che ha costruito, e le innumerevoli esperienze di navigazione : ero certo che ne sarebbe uscita una bella narrazione….potrete constatarlo leggendo il seguito…..
Quello che chiamiamo com unemente destino è un insieme di circostanze che influenzano prima i nostri sogni e poi indirizzano le nostre scelte di vita. Che dietro quelle circostanze ci sia una assoluta casualità o un complesso disegno delle stelle (!) non lo posso sapere! Fatto sta che ero un” terrazzano” per sangue e per adozione: la casa di famiglia a Gorzano, a due chilometri da Maranello, mi metteva nel sangue la passione dei motori – che in effetti non mi ha mai abbandonato. Fu solo a dieci anni che vidi per la prima volta il mare, quando un settembre del dopoguerra la mia famiglia passò la prima vacanza nella ricostruita casa di Marina di Massa, edificata alla fine dell’800 quasi sulla spiaggia dal mio bisnonno (piemontese), magistrato del regno trasferito per “Regio Decreto” al Tribunale di Massa.
Guardando quella distesa che si perdeva all’orizzonte, con le sagome della Palmaria e del Tino a NW e la vaga silhouette di Livorno e della Gorgona a SSW rimasi incantato. Credo che il desiderio di perdermi in quell’infinito azzurro, farmi trasportare dal vento oltre l’orizzonte per scoprire dove finisce l’acqua ed inizia il cielo, sia nata da quella prima sensazione. Mio nonno materno, ingegnere aeronautico, che lavorava a Torino alla Fiat Grandi Motori, passava a Marina le sue ferie. Era appassionato di vela, costruiva per hobby grandi modelli di barche, realizzando le vele con la seta di un vecchio paracadute, e mi portava a farli navigare sul fiume Frigido. Lui da una parte e io dall’altra regolavamo le vele e ci inviavamo i modellini, tenendo conto del vento e della corrente.
D’estate andavo qualche volta come prodiere con i ragazzi del bagno Boni sulle derive, le S e le U; o affittavo un vecchio lightning per andare a Lerici o a Porto Venere o per risalire il Magra. Così la passione per la vela è cresciuta in modo del tutto naturale. Quattro anni di cantiere navale per restaurare nel tempo libero un vecchio 14 metri di legno bialbero armato a goletta, l’Arturo – costruito su espressa volontà del duce nel 1939 dalla Lega Navale nei cantieri di Fiumicino – mi hanno insegnato molte cose. Quando ormai mancava poco alla fine dei lavori dello scafo con il mio amico Carlo Giordano, allora dirigente della Vasca Navale di Roma, modificammo il piano velico. Una tavoletta di legno in scala, armata con alberi e vele in carta extrastrong e scotte in filo da rammendo assicurate con lo scotch; un binario su cui scorreva un cuscinetto a sfere dotato di manico e di fermo, ecco l’attrezzatura con cui studiammo il nuovo centro velico. Lui guidava l’auto a passo d’uomo per le vie dell’EUR ed io con questo accrocco fuori dal finestrino, regolavo il manico fino a trovare il punto in cui la vele tenevano il modello perpendicolare all’auto, ritagliando le vele di conseguenza. A dispetto di questo metodo empirico l’Arturo, da noi armato a schooner, è stato un ottimo veliero, e con lui ho navigato in lungo e in largo il Tirreno fino alle Egadi, partendo da Fiumicino il venerdì sera e lasciandolo di volta in volta in porti successivi, da dove con autobus e treni rientravo a Roma per essere il lunedì mattina alle otto in Alitalia, presso cui lavoravo.
Dopo una carriera da dirigente in altre due aziende, che non mi lasciava spazio né per la famiglia né per la vela,nel 1980 ho aperto un Cantiere Navale a Viareggio costruendo, secondo la migliore tradizione artigianale viareggina, undici barche a vela di 13 metri (CT43 Hunraken e CT43 Starlight – basate sul progetto di Sparkman & Stephens dell’Alpa 12,70), esposte a sette saloni nautici di Genova. In quel periodo mi sono dedicato alle regate, aggiudicandomi diverse coppe con il mio Impala 36. Stanco di regate, dopo qualche anno lo ho modificato per la crociera, e con “Il Malandrino III” ho navigato in lungo e in largo il Mediterraneo, dalle coste italiane a quelle francesi e spagnole fino a Gibilterra, Baleari e Cabreras comprese; le coste nordafricane fino a Zarzis, al confine tra Tunisia e Libia, isole Kerkennah e dune di mare comprese. E naturalmente Pantelleria, Lampedusa, le Egadi e le Eolie, con tante avventure, pescando alla traina e dormendo nelle baie sull’ancora, quasi sempre alla ruota, ma a volte legato a scogli o ad alberi, e persino ad un vecchio palo in ferro arrugginito, che di notte mi ha abbandonato!!!
Come giornalista ho l’orgoglio di avere ideato per Andrea Barbato – allora direttore del TG2 – il primo programma televisivo completo sulla vela, andato in onda nel 1978 per dieci puntate prima del telegiornale, con un indice di ascolto per l’epoca elevatissimo: 1.800.000 ascoltatori. Mentre giravo il programma, con operatore e tecnico del suono appresso, ho conosciuto e fatto amicizia con tanti bravi velisti, da Cino Ricci, a Mauro Pellasquier, dai Chieffi a Paul Cayard; dai grandi ammiragli velisti della nostra Marina Militare fino ai più noti architetti e progettisti, da German Frers a Carlo Alberto Sforzi.
Sempre come giornalista – allora lavoravo a Italia Oggi – ho seguito tutta l’avventura del Moro di Raul Gardini in Coppa America, dalla ideazione al varo a Venezia, dalla vittoria a San Diego sui Challengers alla bruciante inevitabile sconfitta sempre in California contro il Defender, fino alla tragica morte del “Contadino” a Milano.
Non sono un navigatore oceanico come molti amici, compreso Mario Fabris e Miguel Rodriguez Larrosa, che con Oceano VI e la sua dolcissima Dora ha fatto il giro del mondo e vive tuttora in barca. Ho però veleggiato molto nel nostro Mediterraneo. Dal 2001 navigo in Egeo, Mar di Levante, Mar di Marmara e Mar Nero. Per raccontare tutto quello che mi è capitato in questi cinquanta anni di vela, cominciando da una infinità di errori, toccate sugli scogli, incagli, recuperi di uomo a mare, disalberamenti e cime nell’elica, dovrei scrivere un altro libro… forse ….a puntate per non annoiarvi!