Straorzata
Credo che tutti i velisti si siano trovati ad affrontare una situazione difficile causata da un repentino cambio di direzione della barca (non del vento) senza poter controllare il timone, specie con tutte le vele a riva, randa e genoa. Per questo vi propongo queste note, giusto per… condivide e prevenire.
La straorzata e la strapoggiata
Sono manovre improvvise che accadono per una perdita di controllo da parte dell’equipaggio, con vento fresco e, nella maggioranza dei casi, onda formata.
Sono pericolose perché in entrambi i casi il timoniere perde il controllo della barca.
In pochissimi secondi ci si può trovare di traverso con l’albero in acqua, senza considerare che le grandi onde frangenti possono in questo caso anche capovolgere la barca.
Nella strapoggiata, la situazione è aggravata dalla improvvisa strambata involontaria che comporta il violento passaggio del boma da un lato all’altro se questo non è dotato di un sistema per bloccarlo o per frenarlo in modo che il passaggio avvenga gradualmente.
Queste due situazioni possono verificarsi correndo al gran lasco o in poppa in presenza di onde consistenti. Secondo la ben nota teoria trocoidale del loro avanzamento, sulla cresta l’acqua si muove alla velocità di traslazione dell’onda, mentre nel cavo il moto dell’acqua assume la direzione opposta, come ampiamente dimostrato nella realtà.
Quando il timone è sulla cresta, si annulla momentaneamente la sua efficacia poiché l’acqua, muovendosi con la barca, non scorre sulla superficie della sua pala. Se in quei secondi le vele imprimono alla barca una coppia di forze tendente a farla orzare o poggiare, sarà inevitabile che la barca parta in straorzata o in strapoggiata, trovandosi di traverso fino a prendere il vento al traverso che, nel secondo caso, comporta la rovinosa strambata involontaria.
Come prevenire queste situazioni pericolose? Entro determinati limiti, variabili in funzione dell’esperienza del timoniere, occorre governare in modo che, nei pochi secondi in cui il timone perde la sua efficacia (cioè quando si trova sulla cresta di un’onda), l’inclinazione della barca sia molto contenuta.
Solo così le vele non le imprimeranno una coppia di forze tendenti a farla orzare o poggiare a seconda che l’inclinazione sia a sottovento o a sopravento, considerato che la componente propulsiva è applicata al centro velico che, con l’inclinazione, si porta di lato al centro di resistenza all’avanzamento della carena.
Facile a dirsi, ma meno a farsi: occorre una particolare sensibilità che si raggiunge in genere dopo anni di esperienza. Il timoniere deve dare la giusta barra alla poggia quando sente che la poppa comincia a sollevarsi a causa dell’onda che la raggiunge, in modo da presentarla, all’arrivo sulla cresta, avendo il vento prossimo al filo di ruota e con la barca priva o quasi priva di inclinazione.
Se l’angolo di barra è insufficiente o viene azzerato prima del previsto, la barca, in quei pochi secondi in cui il timone perde la sua efficacia, tenderà a orzare e, se la tendenza è accentuata, a straorzare. Se l’angolo di barra è eccessivo, o non viene tolto tempestivamente all’arrivo sulla cresta, la barca poggerà e potrà iniziare a strapoggiare, aumentando rapidamente questa tendenza che la farà strambare in pochissimo tempo.
Un consiglio? A meno che siate super professionisti, se avete lo spinnaker a riva ammainatelo quando il rollio, che questa vela tende ad aumentare con i suoi ondeggiamenti, non vi fa sentire sicuri di governare correttamente. Sostituitelo con il genoa, anche se dovrete così bordeggiare in poppa. Impiegate il freno del boma e, se il vento aumenta facendo aumentare anche il mare, ammainate anche la randa e restate col solo genoa, rollandolo parzialmente se necessario: con la sola vela di prua, che al limite potrà essere la tormentina in burrasca, si perde ovviamente velocità ma si naviga molto più tranquilli.