L’Egeo di Mario Bonomi – 4 Patmos, Arkì, Marati e Lipsi
L’Egeo di Mario Bonomi – 3 Fourni
L’Egeo di Mario Bonomi – 2 SAMOS
L’Egeo di Mario Bonomi – 1 UN OSPITE INDESIDERATO
Riprendo il racconto delle crociere di Mario Bonomi, piccoli flash per non allontanarci dall’Egeo e dall’estate finita.
Scendendo da Fourni si arriva in un baleno a Patmos, dove sarà possibile fare rifornimenti prima di mettere la prua a levante, verso Arkì, Marati e Lipsi. Mario Bonomi continua la sua navigazione in questo percorso suggestivo che raccomando…
La barca lascia Fourni, e sulla prua appare subito Patmos, dominata da un imponente monastero, più simile ad una fortezza, simbolo di un potere temporale, che a un luogo di raccoglimento e di preghiera.
Una leggenda racconta che Patmos esisteva nel profondo del Mar Egeo ed era visibile solo quando la Luna l’illuminava. La dea Artemide si innamorò dell’isola e la volle per sé. Si rivolse quindi ad Apollo, suo fratello- gemello, perché facesse pressioni su Zeus per farla emergere.
L’isola ha una storia quanto mai travagliata. Abitata all’inizio da stirpi doriche e ioniche, assoggettata poi da Mileto, sua dirimpettaia sulla costa asiatica, divenne luogo di confino in epoca romana. Lì fu esiliato, nel I° secolo d. C Giovanni Evangelista che vi scrisse il Libro delle Rivelazioni, l’Apocalisse.
Con la divisione dell’Impero divenne bizantina. Fu in seguito ceduta da Alessio Comeno ad un monaco che intendeva farne un “laboratorio di virtù”. E’ di questo periodo la costruzione dell’attuale monastero, eretto sui resti del precedente, distrutto nel corso di numerose incursioni piratesche. La comunità monastica si sviluppò rapidamente e, alla fine dell’XI secolo, il monastero aveva numerosi possedimenti su altre isole. Patmos divenne poi veneziana e, alla caduta di Bisanzio, turca. Nel 1912 fu occupata dagli italiani che vi restarono fino alla seconda guerra.
Patmos, con il suo profilo di alture e avvallamenti, è ricca di promontori e di baie, quasi tutte ottimi ancoraggi. Skala, il porto dei traghetti, offre ampie opportunità di ormeggio anche alle barche ludiche. In stagione è frequentata da grandi navi da crociera che vi scaricano frotte di turisti, attratti dalla visita al monastero, e che affollano sia le viuzze dell’angiporto, su cui si affacciano numerosi negozietti di articoli per visitatori di passaggio, sia la chora, appena sotto il monastero.
Così non pochi naviganti preferiscono sostare a Griko, un’ampia baia, gradevole e ben protetta, appena a sud della chora, o optano per le isolette di Lipsoi, di Marati e di Arkì , a una decina di miglia ad est di Patmos e a una quindicina dalla costa turca, in acque eccezionalmente pulite e trasparenti.
Sono terre ricche di incantevoli insenature e i loro abitati, con case bianche a cubo e infissi blu, sono molto simili a quelli delle Cicladi.
Il meltemi vi soffia meno vigoroso che più ad ovest nell’Egeo, fatto che facilita la vita a chi naviga. Arkì, appena a nord di Lipsi e ad est di Marati, mi è particolarmente cara. Delle tre è quella che, nel corso degli anni, abbiamo frequentato più assiduamente.
I pochi abitanti dell’isola vi soggiornano in estate. In inverno stanno per lo più a Patmos, dove molti hanno una casa.
Ad Augusta, una bella baia e unico agglomerato dell’isola, vi sono una ventina di costruzioni: tre sono taverne che offrono cibo di una qualità sorprendente a prezzi “greci”. Un piccolo molo consente al traghettino locale e a una decina di barche di attraccare.
Ed ecco il racconto di un nostro passaggio da Archì di tanti anni fa.
Entriamo ad Augusta di primo pomeriggio e accostiamo alla banchina.
A una ventina di metri dalla nostra poppa vi è la taverna gestita da Nectarìa, una giovane donna alta e asciutta: un bel viso dai lineamenti regolari e un corpo che sprizza energia da tutti i pori. Ha movimenti rapidi e nervosi e attende agli avventori del suo locale in modo sbrigativo, quasi rude. Verso sera, quando il lavoro aumenta, la si vede andare avanti e indietro sotto il pergolato dove siedono i clienti, trasportata dalle lunghe gambe a una velocità che ha del sorprendente, con l’atteggiamento di chi sta andando ad aggredire qualcuno.
Mi siedo al tavolo e ordino un caffè frappé. Quando Nektarìa me lo serve mi punta gli occhi addosso con fare quasi minaccioso: «Ego se ksero…» ti conosco, tu sei già stato qui, parlavi spesso con il maestro. Sì, in uno dei miei passaggi da Arkì avevo conosciuto nella taverna di Nectarìa il maestro del luogo, un giovane che sembrava trascorrere la maggior parte del suo tempo seduto a un tavolo sotto il pergolato.
Avevamo parlato di tante cose. Ricordo che era interessato all’immagine che avevano i greci in Europa, non ne era orgoglioso. Un fatto mi aveva sorpreso: la sua scolaresca era composta da un solo allievo. Sì, ad Archì c’era la scuola elementare, ma mancavano bambini che vi soggiornassero in inverno.
Quella sera due compagnie di turisti giunti in barca rallegrano l’atmosfera con canti e balli. Con loro c’è Gianni, una vecchia conoscenza di Samos, un tempo capetto del porto di Pithagorion, oggi titolare di una piccola impresa di charter. Partecipa con coinvolgimento alle danze di gruppo…poi si siede vicino a me…ci rivedremo a Samos a giorni. Più tardi una giovane greca bene in carne e dalle forme decisamente femminili si lancia in una danza scatenata monopolizzando gli sguardi dei presenti. La osservo attentamente e mi dico che potrebbe essere una ballerina professionista. Poco dopo conclude il suo piccolo show con una bella spaccata… professionale.
Ed è proprio qui, ad Arkì che, in uno dei nostri passaggi di tempo fa con Amaltea, abbiamo imbarcato un ospite indesiderato di cui avremmo dovuto occuparci alcuni giorni dopo.
Archì conserva ancor oggi il fascino di allora, anche se col passare degli anni, sono sorte, nei pressi di Augusta, alcune case di vacanza e, all’ingresso della baia, è stato realizzato un corposo molo per i traghetti.
Il locale di Nektarìa è stato ceduto e il nuovo proprietario vi ha aperto un bar con ombrelloni parasole in paglia in stile “caraibico”, annesso ad un emporio di articoli per turisti di passaggio…un segno dei tempi…cui nemmeno la piccola Arkì ha saputo sottrarsi…