Il mio indiano
Nel lontano 2003 avevo iniziato la mia terza vita, o almeno una delle tante, per andare a vedere cosa c’era dietro l’angolo, e da allora ho iniziato a scrivere per ricordare, per non tenere solo per me pensieri, parole ed emozioni che provavo nell’affrontare le nuove esperienze che incontravo…
Mi sono capitate in ”mano” in questi giorni le memorie del viaggio nell’Indiano, e rileggendole le ho trovate attuali, almeno per chi si approcciasse ad un imbarco in giro per il mondo, tanto che se non sapessi che sono di 20 anni fa potrei presentarle come attuali…ed è quello che ho pensato di fare, magari aggiornandole con qualche riflessione “matura” che troverete in corsivo…
Spero che vi interessi, non fate caso alle date, il tempo a volte non passa… e mi auguro che molti degli amici che mi leggono e amano navigare, ma fanno fatica a “salpare l’ancora “dalle abitudini terresti, si sentano incoraggiati a guardare cosa c’è dietro l’angolo: basta entrare in contatto con chi sta girando il mondo in barca, e troverà sicuramente ospitalità, sostegno e spinta a partire.
Per me fare il giro dl mondo in barca era un obiettivo che avevo fin da giovane, ma ai mei tempi (erano quelli di Moitessier,) non era un’impresa così facile, e quando sono stato pronto, molto più tardi, non ho trovato la barca giusta… così mi son detto che nell’attesa di “incontrala” avrei potuto iniziare imbarcandomi con chi già stava facendo il giro del mondo…e così sono partito: prima il Pacifico dalla Papete alle Fiji, poi l’Indiano da Bali a Puket, poi ancora il Pacifico da Cartagena a Papete, mentre l’Atlantico già lo conoscevo. Non vi nascondo che l’entusiasmo è sempre stato grande, molto forte, misto di una voglia di conoscere e conoscermi, di cimentarmi, di superare un limite…….di sentirmi vivo. E tutt’ora rileggendo queste news ricordo come sia stata la voglia di girare il mondo in barca che mi ha fatto superare quel senso di instabilità e di insicurezza di fronte a nuovi equilibri, che impedisce di salpare verso nuovi orizzonti. Quando il cervello dice di partire bisogna ascoltarlo: prendere il biglietto ed andare……
Dicembre 2004
La recente tragedia che ha sconvolto l’Oceano Indiano mi ha lasciato attonito per la portata delle conseguenze che se seguiranno sulla vita di quei paesi.
Fortunatamente sono qui a raccontarvi del mio viaggio e delle belle cose che ho visto, ma non posso trascurare la considerazione che se avessi realizzato il progetto iniziale di rimanere a Puket durante le festività Natalizie, forse non sarei qui a raccontarvele.
Nel mar delle Andamane avevo visitato otto isole che sono state praticamente distrutte, delle quali mi rimangono solo le foto di…com’erano.
Mi dispiace soprattutto per gli arcipelagi Surin e Similan che mi ero ripromesso di rivisitare con Wilma per farle ammirare i coralli più belli del mondo, e per le persone simpatiche ed ospitali che avevo colà conosciuto e delle quali non so nulla.
Mi auguro solo che il tempo guarisca in fretta le piaghe che il maremoto ha creato in quei litorali, a che la vita riprenda normalmente.
Mi consola aver saputo che quasi tutti i navigatori che stavano in mare non hanno avuto grossi problemi, anche se il viaggio per loro non sarà più quello di prima.
Dopo l’esperienza dell’anno scorso, 2003, in Pacifico, dove ho visitato Polinesia, Tonga e Fjgi, sono rientrato sabato 27 novembre dal mio secondo viaggio ( ed Oceano) …intorno al mondo, e per un po’ starò in Italia.
Ero appena sbarcato dal Lycia, dove per 6 mesi ero stato con Antonio Penati in Pacifico. Non ho scritto nulla di quell’esperienza, forse perchè ero troppo immerso nell’affrontarla e troppo impegnato a capire se quella avrebbe potuto essere la mia nuova vita…di navigante… Della nuova esperienza nell’Indiano invece ho scritto molto, perchè avevo capito che non potevo tenere per me ciò che vedevo e vivevo, esperienze e sensazioni, che ho poi raccolto in un file che allora raccontai a pochi amici.
È interessante notare come la mia grande preoccupazione fosse nel capire se la barca fosse adatta al mio giro del mondo, e come /quale avrebbe dovuto il supporto delle apparecchiature e dell’attrezzatura per garantire la sicurezza del viaggio. Infatti leggerete come avessi molto a cuore la raccolta di informazioni legate a questi aspetti, che oggi sono diventati l’ossatura portante della sicurezza di un viaggio intorno al mondo…o di una regata….
Da fine luglio a fine novembre ho visitato Indonesia (Giava-Soulawesi), Bali(Bali ed isole Gili)dove mi sono imbarcato, Singapore, Malesia (Port Dixson – Malacca – Kuala Lumpur – Pinang – Langkawi), e Thailandia del Sud (Koh Tautao – Koh Khao Yai – Ko Muk – Koh Hayai – Koh Lanta – Ko Phi Phi – Koh Yao – Puket – Similan – Surin – Khao Lak – Bangkok) sul versante dell’Oceano Indiano ed è stato un viaggio molto interessante.
Mi ero ripromesso di scrivere qualcosa, ed in parte ce l’ho fatta. Non sono però riuscito a spedire niente per la grossa difficoltà che ho riscontrato nei collegamenti internet. Al riguardo mi sono fatto le idee abbastanza precise sul come risolverlo, sulla base delle esperienze riscontrate, e le soluzioni consistono nell’utilizzare il collegamento satellitare tramite cellulare Iridium, con costi non bassissimi ma soluzioni buone ed affidabili, oppure l’abbonamento a Sailmail con limiti sul peso dei file da trasmettere e ricevere ed il vincolo di dover avere SSB.
Ho scattato moltissime fotografie digitali che mi riprometto di selezionare in un CD, magari riprendendo anche il viaggio dell’anno scorso, e sono tornato con qualche esperienza in più e le idee molto chiare.
Il viaggio
Bali marina
Uno degli obiettivi che mi ero posto nell’intraprendere questo viaggio, consisteva nel conoscere il Supermaramu, imbarcazione del cantiere Amel, alla quale ero” approdato” per fare il giro del mondo in barca.
Nel 2002 stavo per acquistare una imbarcazione in alluminio del cantiere Garcia, un “deriveur integral” di 48 piedi, ma all’ultimo momento ho sospeso l’acquisto per sopravvenute incertezze sulla scelta, dubbi poi suffragati dalla constatazione sul comportamento della barca in condizioni impegnative (scarroccio e deriva in prossimità della barriera corallina).
Alla ricerca della “barca ideale”, nel 2003 mi sono imbarcato in Polinesia su un cutter di 19 metri che sta facendo il giro del mondo, con l’obiettivo di toccare con mano i reali problemi di una navigazione in…giro per il mondo, e vedere quali erano le barche più presenti in Oceano al fine di orientare la mia scelta.
Ne è uscita una esperienza molto interessante, che mi ha dato le risposte che cercavo.
In particolare fra le barche che ho visto, quelle che mi interessavano di più, e più frequentemente incontrate, erano i progetti Van de Stadt in alluminio (mi piaceva il Samoa) e i Supermaramu dell’Amel.
Due alternative opposte come concezione e materiali, ma ambedue valide, che sul mercato dell’usato fra l’altro erano allineate come prezzo.
Al mio rientro dalle isole Fiji (che mi sono ripromesso di visitare in quanto le ho trovato le più affascinanti del viaggio), ho approfondito le ricerche sui modelli che ho detto, sono andato a vedere alcune barche usare, ho visitato i cantieri Amel a La Rochelle, sono uscito una giornata con il Supermaramu2000 ad Yeres ed alla fine, dopo aver scelto come primo prerequisito la sicurezza, mi sono orientato sul SM2000.
Trattandosi di un investimento molto importante, ho visto come alternativa anche il Santorini, il modello precedente al SM, ed avevo concluso che tutto sommato avevo una possibilità di scelta.
Prima di decidere ho comunque pensato di intraprendere un altro viaggio, sia per insistere sul mio obiettivo di girare il mondo sia per conoscere questa barca …imbarcandomi.
Ho messo in movimento le mie conoscenze ed i miei contatti, e sono arrivato a concludere un accordo di imbarco per una tratta dell’Oceano Indiano con una coppia che sta tuttora facendo il giro del mondo, proprio con un Supermaramu2000.
Da questo punto fermo ho organizzato il mio giretto nel Sud Est Asiatico.
Prima di imbarcarmi ho approfittato del viaggio per conoscere l’Indonesia, Java, Soulawesi e Bali, dove ho trovato la barca ormeggiata nell’unico marina dell’isola, e dove abbiamo fatto i preparativi per la prima tratta di 1200 miglia.
Lui 60, lei 59 anni, belgi, nati in Congo, residenti in Spagna, persone vivaci e colte, abbastanza semplici da farmi sentire a mio agio (almeno così è stato il primo impatto).
Mi sono imbarcato con una formula di partecipazione alle spese della barca oltre alla condivisione di quelle vive.
Bali. Il complesso del marina è stato una delusione: mi aspettavo un’organizzazione efficiente, degna del nome e dell’appuntamento che ogni navigatore si aspetta per una città così famosa, ed invece è un piccolo e sguarnito imbarcadero dove a fatica funziona un lentissimo collegamento ad internet, dove si paga una tangente per ogni servizio che chiedi e dove si può cenare solo su prenotazione.
Bellissimo ed attrezzatissimo invece l’adiacente porto mercantile, dove erano attraccate decine e decine di pescherecci (quei mari sono pescosissimi).
Ormeggiato in banchina ho conosciuto Alessandro Manzani, stretto parente dei Malingri, che ci ha dato un preziosissimo aiuto nel sistemare la cartografia Cmap con Maxsea. Proveniva da Darwin assieme ad una passeggera milanese, e mi ha lasciato una copia del servizio fotografico scattato durante la traversata.
A Bali città ho riscontrato la possibilità di trovare tutti i servizi che possono servire a chi naviga, e c’è anche un ottimo supermercato dove fare la spesa senza dover trattare sui prezzi come ai mercati dell’isola.
Abbiamo perfino trovato e provato il vino prodotto sull’isola, anche se per il mio gusto è solo un prodotto di…buona volontà…
Dopo alcuni giorni finalmente la partenza verso l’isola di Gili Air, ultimo avamposto di Bali, e poi Singapore.
Singapore 21 settembre 2004
Ciao ciao, scrivo da Singapore dove siamo da oltre due settimane.
Siamo al Raffles marina, ormeggiati in banchina, in un contesto molto gradevole e con tutti servizi possibili: ristoranti, pub, negozi, piscina ed anche l’albergo. Inoltre ho fatto amicizia con un impiegato dello yatch club, Nazi, che ci ha fatto da guida alla scoperta della città non turistica.
Singapore è una città molto, molto interessante, non credevo che in oriente ci fossero realtà così all’avanguardia. La pulizia è evidente ovunque, i servizi, la metropolitana, la facilità di girare sono da prendere come esempio: per andare in metro devi comperare il biglietto (una macchina automatica rilascia una card sul quale è registrato il percorso che devi fare), paghi in contanti lasciando in deposito 1$ che viene restituito all’uscita o al momento dell’acquisto di un nuovo biglietto. Con la card entri, esci, controllato dal sistema. Altrimenti rimani dentro alla stazione… Se sgarri entra in azione il customer, al quale paghi l’eventuale maggior percorso. Le vetture viaggiano senza conducente, a bordo il viaggiatore è assistito visivamente (uno schermo per carrozza) e da un altoparlante che segnala il percorso. Altro che Milano…
In confronto il nostro occidentale è un mondo vecchio, e dopo aver visto un pochino l’Indonesia, Singapore, vedrò la Malesia e Tailandia, ed inquadrandole con il resto dell’emisfero Sud che ho toccato, credo che proprio non ci sia da stare allegri: il futuro è qui, in oriente, o almeno saremo condizionati da loro.
La carica energetica che percepisci per strada è elettrizzante, e per i giovani questo è senso di fiducia…riflettete gente, riflettete….
Sono ritornato a Singapore dopo 8 anni, e la città era cambiata moltissimo: innanzitutto il polmone verde del parco dentro la città si era notevolmente ridotto, l’impostazione occidentale aveva preso il sopravvento anche nel quartiere di Chinatown, Little India, e l’ostentazione della modernità, del lusso e del tecnicismo dominavano su tutto. Stupenda la costruzione della nave appoggiata su tre grattacieli: vi ho trascorso la notte di Capodanno del 2011, sospeso sopra la città… Ha una lunghezza di 380 metri e la capacità di accogliere fino a 3.900 persone ad un’altezza dal suolo di 200 metri.
Sulla nave si trovano giardini pensili, in particolare un bosco di palme, piscine idromassaggio, centri benessere, bar e ristoranti, tuttavia, il pezzo forte è certamente la piscina “a sfioro” più alta del mondo con una lunghezza di 150 metri. La piscina permette letteralmente di nuotare nel cielo e avvicinandosi al bordo si ha l’illusione tipica delle “infinity pool”, cioè l’illusione dell’orlo di una cascata che scivola giù come su un burrone di grattacieli.
Ma adesso passiamo ad un’altra barca.
La barca: il Super Maramu 2000 è un compromesso, non è oro tutto ciò che luccica, ma è assolutamente sicura per chi vuole girare il mondo senza problemi. Sulle caratteristiche e sui confort puoi sapere tutto, basta che tu prenda il catalogo, sui costi di manutenzione siamo sullo standard, con un particolare: che se vivi a bordo hai tutto sotto controllo e durante la manutenzione ordinaria vedi, controlli e ripari.
Può sempre capitare che ci sia una pompa o un qualcosa che nasca storto, ma avendo l’accortezza di rimanere il primo anno in Europa, ed adoperando la barca, si possono fare tutte le riparazioni in garanzia. Se lasci la barca ferma qualche tempo e poi riparti, assoggettandola ad un uso spinto (giro del mondo) e condizioni climatiche legate a questi ambienti, puoi stare certo che il degrado del sistema (leggi barca) avviene inesorabilmente e lascia il segno. Ma non ti dico niente di nuovo.
Le prestazioni della barca a vela sono invece appena soddisfacenti, in quanto non è nata per correre ma per andare. Pertanto con fiocco e randa non superi gli 8 nodi con vento relativo a 15 nodi di poppa, la bolina non stringe + di 50 ° perché la vela tocca le sartie, non puoi cazzare le vele perché il fiocco tocca sempre lo strallo o la protezione in acciaio che tiene assieme gli stralli, e puoi usare il tangone solo a 90° dalla prua perché è un tangone snodato e lo snodo in corrispondenza della sartia non da sicurezza se sollecitato con vento diverso da poppa (almeno così mi ha detto l’owner e di fatto lo usiamo solo con vento di poppa per tenere aperto il fiocco).
Inoltre avendo winches elettrici sia sulla randa sia sul fiocco bisogna fare molta attenzione all’uso perché manca la sensibilità sulla mano…
Infine usi quasi esclusivamente fiocco e randa, noi abbiamo usato solo una volta la randa di poppa.
La barca è pesante, la forma non è certo slanciata, e con vento e mare di poppavia rolla + del dovuto. Tutto sommato ci fai l’abitudine, certo che manca il piacere di adoperare le vele per andare come siamo abituati sulle piccole distanze, e non poterlo fare su una barca da 16 metri, rompe. In compenso sulle lunghe distanze sei agevolato sull’operatività.
Da Bali a Singapore (oltre 1000 miglia di distanza, non percorse) abbiamo tenuto una media d circa 160 miglia gg, con venti mediamente da SSE – S.
L’asservimento strumentale std è abbastanza buono, ma sono convinto, dopo due prese di coscienza dirette confrontate con reali esigenze, che siano poche le imbarcazioni dotate di uno STD che sia tale e che sia usato correttamente, comprendendo anche la presenza di un generatore (motore)aggiuntivo, eolico e/o a pannelli.
E’ presente un circuito a 12V, 24V e 220. La 220 è disponibile solo con il generatore acceso o con la presa da terra. Avendo bisogno della 220 per il PC in navigazione, mi sono dovuto procurare un inverter (12V20A) sinusoidale.
SSB: c’è a bordo, ma pochi lo usano e bene con tutte le possibilità collegate, sia per l’antenna non sempre OK che per come e quando adoperarlo. Qui in sostanza non è usato, l’owner non sa usarlo. D’altronde nessuno insegna….Amel nemmeno
Sarebbe utile l’abbonamento a Sailmail, sempre per ricevere da SSB, 120 dollari anno, per avere sia la posta (anche se con pochi K a disposizione gg), sia i servizi accessori quali i meteo.
Meteo: a bordo abbiamo l’apparecchio STD in dotazione che riceve i meteo sia su carta che su PC, ma constatiamo che non sempre gli orari vengono rispettati e perdi così l’informazione. Non riceviamo su SSB per ignoranza…..
Cartografia: buona, ma su supporto (PC) scarso: CMAP con Maxsee, ottimi strumenti con la cartografia di tutto il mondo, collegato con gps, ed uso valido sia in preparazione delle rotte che per navigare, oltre alle carte naturalmente.
Radar : furuno, ok.
GPS, log, profondimetro, ok, stazione del vento std.
A proposito di CMAP e MAXSEE e GPS: devo trovare i sorgenti di questi programmi ed un softwerista in gamba che li colleghi al mio GPS magellan6 per essere autonomo in qualsiasi situazione. Inoltre volevo essere autonomo con il mio PC anche sul collegamento ad un eventuale SSB, sia per scaricare i meteo od eventualmente per farmi in abbonamento a Sailmai. Risolverei il problema del collegamento internet, del meteo e della comunicazione. Pensavo anche di farmi il patentino di radioamatore per essere facilitato sulla eventuale burocrazia.
Ho visto inoltre che moltissimi asservimenti alla navigazione sono disponibili su internet o su CD, dalle Pilot charts alle tavole di marea.
Come si legge da questo capitolo l’uso di SSB è forse uno dei meno approfonditi nell’ambiente velistico, ed al riguardo sarebbe interessante predisporre anche un corso formativo di aiuto oggi per chi naviga.
Documentazione. A bordo c’è di tutto, l’owner è molto attento sia alla ricerca sia alla preparazione dei percorsi, e pertanto si sa sempre dove andare, cosa fare, cosa scegliere. D’altronde per fare questi viaggi si deve essere documentati, e sapendo da tempo cosa e dove si andrà bisognerebbe preparare o archiviare o farsi preparare da fonti specializzate i testi o le riviste del percorso. Al riguardo la documentazione c’è, e forse il miglior riscontro è il contatto con altre barche o skipper che stanno girando il mondo. Ricordo che sul Lycia Antonio si collegava la sera con la radio e parlando con i giramondo veniva a sapere o chiedeva notizie sulle destinazioni, con annessi e connessi.
Comunque vedo che i testi della Imray Laurie Norie & Wilson Ltd ( ilnw@imray.com – http://www.imray.com) sono molto usati.Inoltre: Jimmy Cornell, Routes de grande croisiere, editions Loisors Nautiques (editions@LoisirsNautiques.com), oppure edizioni Adlar Coles Nautical A & C Black Ltd – 35 – Bedford Row – London WCIR 4JH – England.
La documentazione è un capitolo che va affrontato in parallelo con la preparazione
Dell’itinerario, ed una buona abitudine alla programmazione ed allo studio assicurano un viaggio buono. Al contrario la chiusura al dialogo e la troppa sicurezza, o la paura coperta dalla parola prudenza, fanno perdere opportunità durante il viaggio, che invece si potrebbero cogliere senza fatica. Mi riferisco a posti o baie non scritte ma riferite, delle quali esistono mappe …fatte a mano…, luoghi da visitare, ambienti e cibi da conoscere, appuntamenti da non perdere per manifestazioni periodiche, cibi da acquistare etc.
Infine da non trascurare il cibo, da barattare, da comperare, da procurarsi, da pescare…..
La vita a bordo. Non credo ci sia molto da dire per gente come noi che sull’argomento non ha che da cominciare. Bisogna essere consapevoli che il giro del mondo, pur fatto a tappe, è un viaggio importante, anche se basterebbe quello del mediterraneo per scoprire un nuovo ambiente di vita, una nuova dimensione di comunicazione, purché ci siano la salute e la testa giusta..…e magari cercando di preparare qualcosa da lasciare agli altri.
Una cosa è importante: la barca per lunghi viaggi deve lasciare ad ognuno lo spazio vitale, il che non vuol dire una cabina a testa (io però ne ho una con bagno….quella di prua), ma sicuramente poter trascorrere il tempo senza pestarsi i piedi quando piove .
Sul mangiare non dico niente perché ……provare per credere
Sull’abbigliamento meno ne hai meglio è, e quello che manca lo comperi
Le persone. La vita di bordo è condizionata dalle persone e dall’ambiente. Gente che sa andar per mare ce n’è, ma non so quanta di intelligente con la I maiuscola. Se mancano l’apertura mentale, intelligenza, saper stare al mondo, umiltà, rispetto, saper ascoltare, il viaggio perde qualcosa. E facile che chi è andato per mare abbia facilità di ambientamento, anche se con i caratteri non si scherza, ed inoltre a bordo chi comanda è lo skipper, e pertanto …..
Vedremo a questo proposito se le iniziali premesse sulla validità della compagnia daranno i risultati attesi.
Io sto bene, sia fisicamente sia di testa, in questa traversata sono con persone che navigano da molti anni da sole, e spero che la vita durante questi mesi sia veramente concepita come un’esperienza nel senso del viaggiare.
Provo emozioni fortissime, vorrei trasmettere in diretta l’atterraggio a Singapore, in notturna: ero da solo in plancia dalle due alle sei, notte fonda senza luna, il canale che ha il traffico + intenso al mondo e si stringe in un imbuto di due miglia, con il traffico orientato (se hai cmap o maxsea vai a vederlo per rendertene conto).
Dovevo attraversare il senso di marcia>>> provenendo da Sud (Indonesia) e portarmi sul versante Nord nel mio senso di marcia<<<<: rosso, verde, due bianchi (non di vino) due rossi, pilotine, pescherecci, rimorchiatori, ed all’alba mi vedo attorno mostri da 100.000 tons, piramidi di containers che non capisci come facciano a navigare.
Quasi un orgasmo…ed io piano piano verso il marina di Singapore passando davanti all’isola di Sentosa…..
Vedo con occhi che non sapevo di avere, e soprattutto sto bene, sono in equilibrio, faccio quello che volevo fare e….non rischio niente…Credo di essere fortunato a poter vivere queste avventure, ed era molto importante per me fare questo; è sempre stato un mio sogno viaggiare, girare, magari in barca, ed anche se avrei voluto farlo con una mia barca tutto sommato questa esperienza può essere propedeutica ad un’altra.
Si può sempre sognare un altro giro, come tante volte si è detto fra amici. ……e pensare che nel 98 si era ipotizzato di partire un amico e la sua Alpa 42, ma la moglie non lo ha lasciato….
A proposito, davanti alla banchina è ormeggiata un’Alpa42 sua gemella. Viene da Oslo e l’ha comperata qui un tecnico francese che sta rimettendola a nuovo per ripartire fra due anni.
Gli ho detto che mi chiami, se non ho di meglio da fare…
Il rovescio della medaglia è la non possibilità di condividere con le persone care rimaste a casa questa esperienza: bisogna essere dotati di molta forza interiore, indubbiamente una sana dose di egoismo, soprattutto consapevolezza di cosa significa starsene da soli molte settimane e mesi, dovendo affrontare situazioni che non sempre rientrano nella normalità.
Soprattutto essere abituati a stare soli, a gestire il proprio tempo, all’autonomia e decisione nell’affrontare le situazioni + impreviste, a superare la pigrizia che il clima tropicale favorisce, a tenere in forma il cervello.
Per questo nei vari porti che si toccano, dopo aver recuperato la documentazione, è opportuno pianificare la visita del “sito”, possibilmente confrontandosi con qualcuno del posto o altri naviganti. La lingua usata è prevalentemente l’inglese, ed è opportuno saperlo. Questa volta mi sono portato il PC da casa, e mi è di molto conforto poter scrivere, scaricare le fotografie, supportarmi in molte situazioni.
Allego il programma di massima del viaggio fino al 2005, con le date orientative delle permanenze e partenze dai vari luoghi. Spero di esserci sempre.
Port Dikson, 2 ottobre 2004
Penang: è un’isola e dopo Singapore è la realtà più interessante che io abbia visto.
Esiste quasi una similitudine con l’arrivo a Singapore, perché ambedue hanno un lunghissimo e grande ponte visibile in lontananza che le collega alla terraferma in Malesia. Turisticamente offre molte attrattive e si è confortati durante le visite ai luoghi scelti (anche con l’aiuto della preziosissima guida Lonely Planet) dalla cordialità delle persone. L’attività economica è molto fiorente sia quella artigianale, sia quella industriale (traffico marittimo e soc. di software). Unica nota negativa è la mancanza di pulizia per le strade: ci sono ancora gli scoli aperti ai lati della strada ed i topi non mancano, al punto che di sera rientrando camminavo in mezzo alla strada per paura di incontrarne in mezzo ai piedi.
Non so come la gente faccia a vivere e dormire in capanne e palafitte di legno con questi animali che si muovono indisturbati.
Manca purtroppo un marina strutturato che offra ospitalità alle molte imbarcazioni in transito, anche se grandi cartelloni ne annunciano una prossima costruzione, e perciò siamo stati alla fonda in mezzo al canale, vicino alla stazione dei ferryboat. Per andare a terra eravamo assistiti da un servizio di traghetto prestato da barche locali che assicurano il servizio a due minchiette di giorno e tre di notte. La marea, che raggiunge sbalzi fino ai 5 metri, fa assumere alla zona del porto vecchio un aspetto particolarissimo: con la bassa marea le barche ormeggiate sono tutte in secca, e le palafitte sembrano sospese in un ambiente innaturale, e puzza e topi regnano.
La notte rientrando, per arrivare al pontile, si attraversa tutta la zona delle palafitte dove a destra e a sinistra, buttando l’occhio, si vede dentro alle abitazioni la vita delle famiglie.
Fanno tutto per terra, mangiano, dormono e guardano la TV (è presente in tutte le case): le donne vecchie stanno sdraiate fuori dalla porta, sotto il porticato, con la resta appoggiata ad un cuscino……di legno e parlano con la dirimpettaia.
Siamo arrivati alle 13 sotto un sole bestiale (all’ultimo momento la partenza da Pangkor è stata spostata dalle 20 alle 24 per un arrivo intelligente!), e poiché non avevo nessuna voglia di restare a bordo, fino al giorno dopo in mezzo al canale a girarmi i pollici e sudare, ho chiamato il traghettatore e sono sceso a terra da solo.
Dopo aver attraversato la zona delle…palafitte, mi sono diretto verso un’agenzia di viaggi per avere una mappa della città ed ho conosciuto il titolare, un simpatico signore di 70 anni, che mi ha dato alcune dritte. Mi ha detto dove andare, che mezzi prendere e mi ha dato la mappa che cercavo. La sera (le attività sono aperte anche dopo le 22) sono tornato a ringraziarlo, e gli ho portato della frutta. La mattina dopo, passando davanti all’agenzia, mi ha chiamato, mi ha offerto il caffè con un dolce indiano e mi ha dato un pacco da Kg con noccioline varie. Durante la permanenza a Penang ci siamo poi salutati ogni giorno ed oggi ho un riferimento per ogni cosa.
Ho fatto anche amicizia con un gruppo di persone che tutte le sere si trovava in un chiosco con la TV a vedere lo sport (il sabato le partite del campionato inglese, domenica inglese e spagnolo, lunedì tedesco e martedì o mercoledì finalmente qualcosa del campionato italiano): mi hanno invitato al loro tavolo ed abbiamo passato una serata assieme davanti a bottiglie di birra e stuzzichini vari, parlando di calcio e di allenatori. È proprio vero che il calcio è un ….connecting people, altro che il Nokia.
Questi paesi che ho visitato, Indonesia, Malesia e Tailandia, hanno tutti un ottimo servizio di trasporti locali, veloci e a basso prezzo, con i quali è possibile trasferirsi ovunque.
Il basso costo del combustibile, meno di 35 centesimi di €uro, è dovuto ad un governo che si fa carico del maggior costo del barile di petrolio per favorire il trasferimento delle risorse da un posto all’altro del paese.
Payar: l’isola è abitata da un gruppo di ricercatori inglese che sta svolgendo un programma di mappatura del parco marino e da alcune persone pagate dal governo che assicurano la manutenzione del parco stesso. Alcune boe rosse consentono l’attracco alle imbarcazioni di passaggio senza dover calare l’ancora, evitando così la distruzione del corallo che è presente sul fondo.
E’ interessante vedere come questo gruppo si è organizzato per realizzare il programma: una persona rimane sempre sulla spiaggia a controllare i tempi di permanenza in acqua degli altri; questi iniziano ad immergersi con le bombole la mattina alle sei, appena fa giorno, giacché il sole si alza alle sei e tramonta alle 18. Seguendo un itinerario prefissato rilevano temperatura dell’acqua a varie profondità, trascrivono sul libretto (sotto acqua) i nuovi tipi di pesci e di fauna che incontrano, poi rientrano alla base. Ognuno ricarica le proprie bombole, poi fanno un meeting sull’immersione, e prima di mezzogiorno fanno una seconda immersione. Prima di sera ne fanno almeno tre, su fondali non superiori ai 15 metri, ed ho potuto seguirli in apnea per osservarli da vicino: ho fatto prendere uno spauracchio ad una ragazza che mi ha visto apparire all’improvviso al suo fianco mentre stava risalendo verso riva.
L’isola nel passato è stata abitata anche da altre strutture di ricerca che hanno lasciato tracce evidenti del loro passaggio: sentieri che la scavalcano da parte a parte, piazzole con osservatori sulla cima dai quali si può scrutare l’orizzonte, capanne abbandonate che oggi potrebbero essere ancora usate abitate, con il rischio che tutto vada distrutto.
Ogni mattina arrivano tre motoscafi dalla vicina costa (Penang e Langkawi) con i turisti interessati al diving, ed alle 15 ripartono, lasciando tranquilla la zona.
C’è effettivamente un’interessante popolazione acquatica, con esemplari di dimensioni eccezionali: tutti i tipi di pesce, piccoli e grandi, cernie da 30 KG che ti guardano impassibili a 50cm, squali da reef, barracuda da paura ed oggi sono passate a circa 100m dalla barca due balene molto grosse.
Ieri sono stato ospite a terra dei ricercatori, appartenenti alla Coral Cay Conservation Ltd (www.coralcay.org), ed ho sostituito il loro cuoco per una variante alla cucina locale: pasta con le melanzane, seguendo la ricetta che ho visto fare da Patty (cognata di Umbi) durante il nostro…giro d’Italia.
Purtroppo la pasta era….di riso e mancava la mozzarella, ma le melanzane ed il pomodoro fresco cucinati separatamente, hanno assicurato la riuscita di un abbondante piatto unico, gradito da 10 bocche fameliche che da settimane mangiavano…curry.
Ho così appreso che questa associazione opera con volontari in alcuni siti del mondo, in assistenza ai governi locali, sia per la mappatura di parchi marini che di foreste.
La partecipazione a questo programma di ricerca è…aperta, e non nascondo che potrebbe essere un’iniziativa da seguire sia come training per giovani laureati in oceanografia o biologia, sia come attività da avviare (una fondazione) finanziata da opportuni enti … (rotary, banche, associazioni..).
Logicamente in questa sosta ho potuto sfogarmi a nuotare, e mi sono concesso almeno quattro ore di acqua al giorno gustandomi non solo l’occhio con la grande quantità di pesci colorati, ma anche il palato, con qualche grossa conchiglia cruda.
Scendendo a poco più di due metri mi divertivo ad aprire le conchiglie con il coltello lasciandole poi sulla roccia in attesa di vedere i pesci che a ..branchi si precipitavano sul banchetto inaspettato a contendersi il delizioso pranzetto.
Domani partenza per Langkawi.
Langkawi, 24 ottobre 2004
Ed anche questa è fatta. Domani partiamo per ’ultima tappa in terra malese, una baia a sud di Langkawi che dicono essere interessante per il mare.
L’isola comunque non risponde alle aspettative che mi ero fatto sulla base delle chiacchiere di banchina, come pure la Malesia orientale.
La prima tappa a nord dell’isola è stata a “hole in the wall”, un parco marino in mezzo alle mangrovie. Siamo stati alla fonda due giorni, ma il contesto ambientale consente pochi diversivi sia per la difficoltà di spostamento in mezzo ai canali, con bassi fondali, sia per la presenza di zanzare che divorano la pelle. Le molte scimmie che vivono nella foresta di mangrovie rendono quasi pericoloso il percorso con il dinghi lungo le rive dei canali, per il rischio che qualcuna salti a bordo direttamente addosso alle persone. L’acqua salmastra toglie la voglia di fare il bagno e toglie parte della poesia all’ambiente. Inoltre, poiché siamo ancora nella stagione delle piogge, non è mai mancata la spolveratina giornaliera.
Sulle barene l’unica distrazione è rappresentata da alcuni ristorantini che offrono simpatici menu a base di pesce: scegli la qualità fra quelle presenti nelle vasche e in attesa della preparazione si gusta una birra.
I proprietari dei ristoranti inoltre fanno la guardia alle imbarcazioni a vela lasciate alla fonda nei canali da qualche navigatore che ….forse non ritornerà, e approfittando delle alte escursioni della marea pescano con le reti, il cui frutto portano nelle vasche-allevamenti di pesce. Qui ho visto una cernia di oltre 30 kg, razze con apertura di oltre un metro che venivano a mangiare il pesce in mano, e molti altri pesci pronti per l’esportazione nei mercati giapponesi. Anche noi abbiamo mangiato nell’adiacente trattoria a prezzi contenuti.
La seconda tappa al marina di Royall Langkawi Yacht club: ambiente molto confortevole ed organizzato, frequentato da molte imbarcazioni e con un ottimo servizio.
Il marina è a circa 5 Km dal paese, cui è collegato da una comodissima strada alberata lungo la quale sono sorti alberghi e strutture turistiche. E’ famoso per essere porto franco, oltre a costituire l’ultima base prima della traversata verso la Tailandia. Gli approvvigionamenti sono facili e a buon mercato, si trova anche il pane con facilità, forse perché è un ambiente molto turistico. Abbondanti il pesce, la carne, frutta e verdura di ogni tipo. Sono molto appetibili e simpatici i ristorantini lungo la strada, ove si può gustare la cucina locale a prezzi assolutamente economici.
La caratteristica principale dell’isola è rappresentata dalla presenza di una varietà di aquile che si cibano di pesce, e all’interno del parco prospiciente la baia è stato addirittura costruito un monumento gigantesco rappresentante un’aquila in volo
Che dire di più: comincio ad essere stanco di questo viaggio, sia perché ho esaurito le curiosità che volevo soddisfare sul SM2000, sia per la mancanza di stimoli che (non) ricevo dalla compagnia esistente.
Dopo l’ottima impressione che avevo avuto della coppia armatrice a Bali il giorno dell’imbarco, e la carica positiva che avevo riversato nella costruzione del rapporto, mi sono accorto che qualcosa non andava per il verso giusto nella relazione con l’owner. Certamente l’aspetto caratteriale incide nella vita di tutti i giorni, ed è pur vero che essendo io l’ospite (ancorché pagante), ero io a dover accettare le regole di bordo.
Ma un conto sono le regole ed un conto sono le manie, un conto è il buon senso ed un’altra cosa è voler aver ragione a tutti i costi in virtù della posizione; un conto è l’abitudine a vivere tutti i giorni con persone che si alternano con una certa frequenza a bordo, dove le relazioni ci arricchiscono, diverso è vivere a bordo da soli in coppia per 5 anni, dove forse qualcosa potrebbe scattare nel nostro modo di rapportaci agli altri.
Così mi sono accorto che qualcosa non andava per il verso giusto, nulla che mi sembrasse grave o puntualmente discutibile, anche perché durante le prime settimane la novità della vita di bordo assorbe le apparenti incomprensioni, ma a lungo andare sono emersi alcune sfaccettature che mi hanno fatto riconsiderare la qualità del rapporto creatosi.
Così dopo Bali, Singapore e Port Dikson, ripensando ad alcuni atteggiamenti che mi avevano infastidito nel corso della vita quotidiana, ho voluto andare a fondo della faccenda ed ho capito che l’origine del malessere era dovuto all’atteggiamento “economico” dell’owner nei miei confronti, e sono arrivato alla conclusione che non avrei sopportato a lungo la situazione.
Ho atteso Penang e Langkawi per essere certo di non sbagliarmi ed ora so che all’arrivo a Puket sbarcherò in anticipo sul programma.
Anche questa esperienza comunque è stata interessante, sia dal punto marinaresco che come itinerario, e mi ha confermato che la compagnia di bordo è determinante per la riuscita del viaggio.
Al riguardo, proprio per l’importanza degli aspetti comportamentali che ho rilevato nei rapporti con le altre persone durante questo imbarco, e ripensando alle stesse situazioni verificatesi durante il viaggio dello scorso anno, ho deciso di scrivere un manualetto sulla vita di bordo, rifacendomi sia alla mia passata esperienza militare e mercantile che alla mia visione della vita di bordo.
Credo che sia possibile inquadrare la vita di bordo e d il ruolo dello skipper nell’ambito di un sistema di relazioni, dove le regole di riferimento consentano di assicurare l’armonia fra i componenti dell’equipaggio, ed ho la sensazione che ne potrebbe uscire qualcosa di simpatico.
Paradossalmente si tratta di far rientrare la vita di bordo in un contesto organizzativo, con ruoli e responsabilità ben definiti (organigramma) regole (procedure) ed obiettivi, paradossalmente un sistema per certificare la gestione della navigazione.
Due commenti ancora sul SM2000: confermo il concetto di barca sicura che mi ero fatto, ma devo aggiungere anche il giudizio del proprietario che definendola un “compromesso” sintetizza ogni eventuale mia critica.
Ho parlato poco fa al bar con uno svizzero che possiede un SM e sta girando da 10 anni per il mondo: mi ha detto che con qualsiasi condizione di mare (si è trovato ai margini di un tifone) si è sentito in sicurezza, e questo non è poco.
Sulla navigabilità subentra il compromesso: da solo arrivi fin dove puoi, e con il SM arrivi dappertutto.
Per navigare in mediterraneo basta una barca più piccola, e qui dovrò vedere come riorientare la mia ricerca, se insistere con il Santorini oppure cercare una barca marinara da coccolare.
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