Febbraio – Andrea Cestari
Ho letto con molto interesse il suo libro, Parentesi Atlantica, e mi è piaciuto: fra le righe trasuda una forte competenza, esperienza di mare e di vela e di navigazione, di progettazione, e per questo ho pensato di farmi raccontare un po’ più di lui, perché fra gli amici che ci leggono, marinai o velisti o semplicemente appassionati di mare, potrebbe esserci qualcuno pronto a ricevere una spinta per porsi nuovi orizzonti.
D’altronde siamo in piena proliferazione di regate attorno al mondo, e si inizia sempre con una traversata….
Parliamo di Andrea: ieri, oggi, domani
Nasco a Milano un po’ più di 50 anni fa. Città lontana dal mare ma molto legata al mare. Sono veramente tanti i Milanesi che da sempre vanno in barca e molti velisti famosi, progettisti e cantieri hanno origini e sedi meneghine. Da sempre ho la passione per il mare e la vela, forse nata quando mia mamma da piccolo, durante le vacanze estive a Jesolo, mi metteva nella barca del pescatore tirata in secca per frenare un po’ la mia irruenza e agitazione…
Sono un milanese DOC: nato a Milano, studiato a Milano, spostato a Milano, vissuto sempre a Milano (tranne i periodi di spostamento legati alla formazione professionale), lavorato sempre a Milano… sembra quasi monotona come situazione, ma la mia città natale è decisamente una città internazionale… anche se gli manca purtroppo il mare!
Sono un medico (urologo) responsabile della Unità Operativa di Urologia di un importante Istituto Scientifico meneghino, dove con il mio gruppo abbiamo creato un centro tecnologicamente molto avanzato per il trattamento delle patologie di nostra competenza. Ho una famiglia numerosa con tre figli (ormai grandi) e un cane. Non è sempre facile riuscire a bilanciare le esigenze lavorative – familiari – nautiche ma, come ho raccontato, in Parentesi Atlantica ci sono riuscito, o almeno ho trovato un giusto compromesso.
Dopo i 50 anni ti rendi conto che la cosa più preziosa che hai è il tempo. E non va “sprecato”. L’obiettivo futuro è quello di riuscire a mantenere i giusti compromessi sopra descritti cercando sempre più di dedicare tempo alla navigazione, anche di ampio respiro.
La scelta professionale da dove nasce?
Ho da sempre voluto fare il medico. Durante gli anni del corso di laurea ho capito che mi interessavano le specialità chirurgiche e le nuove tecnologie. Dopo la laurea nel 1995 ho preso sia la specializzazione in chirurgia generale che in urologia, campi in cui ho potuto esprimere al massimo questa mia disposizione naturale.
C’è relazione fra il professionista di terra ed il “marinaio”?
Tantissimo! La vita in mare e la navigazione in genere ti insegnano rigore ed onestà intellettuali e personali che sono poi fondamentali se si vuole essere un buon professionista. A terra in molte circostanze puoi “barare” sia con gli altri che con te stesso e “raccontarti” migliore o più preparato di quanto sei. In mare questo non è possibile: se non sei preparato ad affrontare una tempesta non è che questa non ti può capitare e se arriva non puoi dire: “Stavo scherzando/mentendo sulla mia preparazione” e questa se ne va.
Lo stesso è un po’ nel mondo della chirurgia e la mia formazione di marinaio mi ha molto aiutato, soprattutto nei momenti più difficili della mia professione.
Recentemente ho letto un articolo scientifico pubblicato su “The American Journal of Surgery” dove venivano riportate moltissime similitudini tra la “gestione” di un reparto chirurgico e quello di una barca a vela in navigazione di altura e in effetti mi ci sono molto ritrovato.
Secondo me la vela è anche una metafora di vita: non sempre si “naviga” col vento in poppa e tutto fila liscio e ci sono dei momenti della vita dove occorre “navigare” di bolina con mare grosso e vento forte per raggiungere un obiettivo.
Quello che hai appena detto mi fa ricordare un aneddoto che mi riguarda: lo scorso settembre sono stato operato al ginocchio DX per protesi totale, e mi hanno anestetizzato con la spinale, per cui ho mantenuto qualche contatto con la sala operatoria. Ricordo una sensazione in particolare: mi sembrava di essere in regata, dove lo skipper dava gli ordini e l’equipaggio eseguiva in silenzio, e tutto si muoveva in armonia con il…vento ed il mare…
Ma adesso accontami del tuo rapporto con il mare: la prima volta che hai visto il mare? E l’oceano? quando è entrato nella tua vita? e la tua prima volta in barca… a vela??
I miei genitori mi hanno portato da sempre al mare durante le vacanze estive. Il ricordo che ho era la gioia e l’emozione di quando si vedeva dalla strada mentre si viaggiava finalmente il mare da distanza. Provo ancora oggi lo stesso piacere quando il mare si palesa all’improvviso dal finestrino dell’auto, di un treno o dell’aereo quando sono in viaggio.
L’aspetto che più mi ha colpito la prima volta che mi sono affacciato all’Oceano è stata la sua potenza e il suo ampio respiro.
Ero adolescente ed ero andato a Biarritz (costa basca francese) a imparare a fare surf da onda… e che onde! Nulla a che vedere con quelle delle spiagge mediterranee sino ad allora frequentate, anche quando c’erano “i cavalloni”. All’epoca andavo già a vela e mi ero chiesto come fosse possibile navigare in quelle condizioni e che sicuramente fosse necessaria una preparazione particolare.
Le mie prime volte in barca sono state brevi uscite con un piccolo gozzo con un motorino fuoribordo di un caro amico di mio papà, Per “motivi di sicurezza” al massimo mi era concesso di uscire solo con testolina dalla barca: il resto del corpo doveva essere in basso ben al riparo, e sempre giubbino di salvataggio (enorme) indossato… di certo non le condizioni migliori per farsi venire la voglia di andar per mare! La prima uscita in barca a vela è stata invece su un piccolo cabinato di circa 6/7 metri sul Lago di Como, sempre di un amico di mio papà. Ero alle elementari e ricordo che ad un certo punto mi avevano dato in mano la barra del timone spiegandomi orza e poggia. Credo che in quel momento sia scattato qualcosa e da allora ho iniziato ad interessarmi sempre più alle barche a vela e a sognare la navigazione.
Da dove e quando nasce la voglia di navigare?
Come ho detto, quella prima uscita in barca a vela, con una successiva analoga qualche tempo dopo, sono state la molla che hanno fatto nascere una passione.
All’epoca alla Fiera Campionaria di Milano erano presenti anche degli stand di nautica, le visite al Salone di Genova e la lettura di alcuni grandi classici, soprattutto “Un vagabondo dei mari del sud” di Bernard Moitessier hanno fatto il resto. La mia copia di questo libro, che ha fatto sognare la mia generazione di amanti della navigazione e del mare riporta la dedica di mia mamma: “Al prossimo navigatore in solitario intorno al mondo”. Avevo 15 anni ed avevo già chiaro un sogno.
A 16 anni il primo corso di vela. Quindici giorni bellissimi a Venezia presso il Collegio Navale Morosini. Dopo di che ho iniziato ad andare in barca sempre più seriamente, fondamentalmente su derive, con una buona esperienza di regate, anche se il desiderio era quello di fare esperienze di navigazione di altura.
Sono diventato anche istruttore di vela per la FIV e ho tenuto diversi corsi di iniziazione e perfezionamento su deriva presso il circolo nautico sul Lago di Iseo cui ero iscritto all’epoca.
La prima esperienza coi “barconi” e con la navigazione vera è stata a 19 anni quando ho fatto il corso per la certificazione RYA Day Skipper veleggiando nel Solent e nella Manica… mi era venuta voglia di smettere di studiare e fare il velista/marinaio a tempo pieno. Tornato da quella esperienza ho preso la patente nautica senza limiti e iniziato a collaborare con una scuola vela milanese, diventando uno degli skipper e alla fine istruttore per la patente nautica io stesso. E’ stato un bel modo per mantenermi agli studi e non pesare sulla mia famiglia, oltre che di andare in barca spesato.
Quando si è insinuata l’idea di fare una traversata? Mi sembra che venga da lontano…. È forse un esperimento prima del giro del mondo?
Navigare in altura, traversate oceaniche, giro del mondo sono probabilmente il mio sogno di sempre… Sicuramente la traversata atlantica è un sogno realizzabile “abbastanza facilmente” soprattutto con rotta EST-OVEST, visti anche i periodi più adatti per compiere le varie tratte che ben si integrano con i tipici periodi di ferie/festività, riuscendo a integrare la vita lavorativa con la realizzazione del progetto. Essere riuscito nell’intento è sicuramente di sprono a progetti di più ampio respiro, almeno quello andare in Pacifico. Organizzare la navigazione in Oceano Indiano “a tappe” è più complesso e meno adatto ai compromessi necessari. Per ora, purtroppo, il giro del mondo deve aspettare… anche se i sogni devono stare il meno possibile nel loro cassetto!
L’idea di scrivere “di mare” da dove nasce?
Ho iniziato a collaborare con Vela e Motore nel 1992, durante gli anni della università. Inizialmente inviavo in redazione per essere pubblicati i resoconti delle regate cui partecipavo, per la rubrica sportiva della testata. Probabilmente non scrivevo così male (oppure in redazione avevano bisogno di collaboratori entusiasti) e progressivamente mi hanno affidato spazi sempre maggiori, affidandomi articoli tecnici e prove di barche, occasione che mi ha permesso di accrescere ulteriormente la mia cultura nautica.
Come hai scelto gli argomenti trattati anche negli altri libri che hai scritto?
I miei libri di vela nascono tutti un po’per caso… Il primo, Bimbi a Bordo, un manuale per genitori che fornisce suggerimenti per portare in barca in crociera i figli in età prescolare, nasce su una terrazza con vista sul golfo di Punta Ala, dove avevo trascorso gran parte delle vacanze estive una estate in cui eravamo senza barca, avendo da poco venduto la precedente imbarcazione (Corto Maltese, un vecchio Comet 11, la mia prima barca acquistata dando fondo a tutti i risparmi) e aspettando di concludere l’acquisto di Macalippo, il mio primo OVNI, pensato per poter navigare a lungo. Guardando le barche in rada dall’alto nelle ore pomeridiane, quando i figli piccoli facevano il riposino post prandiale, nel silenzio ho iniziato a scrivere le prime annotazioni per un libro su argomenti sino a quel momento poco trattati, riportando le esperienze fatte in prima persona avendo da sempre portato i nostri figli in crociera, sin da quando erano nella pancia della mamma. All’epoca viaggiavo molto, soprattutto negli Stati Uniti, per migliorare le mie conoscenze professionali, e le lunghe trasvolate intercontinentali e le soste in aeroporto erano ottimi momenti per proseguire nella stesura del libro.
“La Vela è un gioco bellissimo”, il mio secondo libro, nasce in seguito ad alcune “chiacchiere” con i responsabili della scuola vela della Associazione Nautica Sebina ed è un manuale di vela per ragazzini, scritto in modo semplice e facilmente comprensibile anche dai più giovani, con belle illustrazioni. Il libro ha ottenuto il riconoscimento della XV zona FIV.
Dopo un lungo periodo di “pausa artistica” nasce l’idea del libro sul WC di bordo. Pur essendo da sempre abituate a venire in barca, le mie figlie hanno sempre visto di cattivo occhio l’uso, non proprio semplice, del WC in barca e su questo abbiamo sempre scherzato. Durante una crociera estiva alle Eolie, durante uno dei momenti di ilarità sull’argomento WC di bordo ho esordito: “Al ritorno dalle vacanze scrivo un libro sul WC di bordo”…. E così è stato. Similmente a Bimbi a Bordo, non vi era un testo specifico sull’argomento e Antonio Penati de Il Frangente ne ha accettato la pubblicazione.
Parentesi Atlantica, il mio ultimo libro di mare, racconta come sia possibile realizzare il sogno di una traversata atlantica con la propria barca a vela, integrandolo con la normale vita lavorativa e familiare, senza per forza essere “velisti professionisti”.
Sicuramente l’esperienza di istruttore traspare da come parli della preparazione di una traversata, al punto da sembrare un piccolo bignami…era questa l’ottica?
Esatto! L’obiettivo del libro, oltre a quello di raccontare l’esperienza vissuta nella parte del diario di bordo, è quello di fornire tutte le informazioni pratiche per realizzare il progetto di una traversata atlantica, dalla preparazione della barca alla scelta dell’equipaggio, alla cambusa, etc.
Raccontami degli allevi che hai portato alla patente: voglia di essere o di apparire? Quanti poi si sono dati alla vela?
Come penso sia esperienza di tutti gli istruttori di vela (e di altre attività) ho incontrato un po’ di tutto: da chi pensava di prendersi la patente nautica come “passatempo invernale” dopo aver fatto una esperienza di vela estiva in villaggio turistico a chi invece era motivato a diventare un velista. Ricordo con piacere un gruppo di ragazzi che completato il percorso all’interno della scuola vela dove lavoravo all’epoca si “inventavano” dei corsi nuovi pur di continuare nel loro percorso.
Ti piace la navigazione in solitario?
Tantissimo!
Navigare sempre da soli non va bene, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona in te…
E’ bello però passare dei periodi più o meno lunghi in barca da soli. Sia in deriva (ho ancora un Dinghy 12’ con cui esco però raramente) che con Macalippo2 che è attrezzata per essere condotta in sicurezza e comodità anche in solitario.
A me la navigazione in solitaria serve a riflettere, rilassarmi appieno e riappacificarmi con un mondo sempre più pieno di cose brutte. E’ anche una sfida con se stessi: tutto dipende da te e non hai scuse o possibilità di “scaricabarile”.
Cosa pensi delle regate intorno al mondo in solitario?
Per me la Vendee Globe è al momento la regata più bella del mondo! Peccato che ci sia solo ogni 4 anni. E’ una grande sfida e chi porta a termine la prova è un vero super eroe. In più occasioni, passeggiando sui pontili di Les Sables d’Olonne ho più volte ammirato questi bolidi del mare e ci si chiede come una persona sola sia in grado di gestire la loro potenza, soprattutto nei mari australi e in condizioni estreme.
In questi giorni è partita anche la regata intorno al mondo in solitaria senza scalo con gli Ultime – trimarani velocissimi di 32 metri: probabilmente l’asticella più alta in questo momento per la vela d’altura!
Le riedizioni della Golden Globe le ritengo anacronistiche e pericolose, sia per chi vi partecipa che per il “traffico marittimo” abituale: non ha alcun senso negli anni 2000 navigare “alla cieca”, senza ausilio della moderna elettronica e delle informazioni meteo che in primis vogliono dire sicurezza! E aggiungerei anche rispetto degli altri: se mi ritrovo in difficoltà perchè voglio navigare in modo “primitivo” e devo richiedere soccorsi perchè mi ritrovo in situazioni che avrei potuto evitare se avessi utilizzato la tecnologia disponibile, metto in repentaglio anche la vita dei miei soccorritori… non so se mi spiego.
Certamente è bene conoscere anche le tecniche di navigazione tradizionale (carte – sestante – bussola) in caso di avaria, ma queste devono essere solo pensate come back-up di sicurezza.
La tua traversata: mi sembra che tu avessi già passato le colonne d’Ercole, ma farlo con la tu barca che impressione ti ha lasciato?
In effetti non ho mai attraversato le “Colonne d’Ercole”. Può sembrare buffo ma ho sempre navigato o di qua o di là… l’esperienza di passare lo stretto di Gibilterra mi manca. La traversata atlantica con la mia barca parte infatti da Les Sables D’Olonne, con l’attraversamento del Golfo di Biscaglia: da subito Atlantico quindi con emozioni forti e ondone.
Raccontami la sensazione che hai provato nel farti spingere dall’aliseo
Durante la navigazione oceanica in una traversata atlantica si provano solo forti emozioni, sia positive che negative. Per fortuna quelle positive superano di gran lunga le altre! La navigazione in Aliseo con le grosse onde oceaniche che ti arrivano da dietro, sollevano la poppa della barca e la spingono in avanti in lunghe surfate ti incantano e passavamo le ore ad ammirarle, senza fare altro e senza annoiarci. A ripensarci, nella frenesia della vita quotidiana, sembra quasi impossibile che si potesse stare così tanto tempo senza far niene e senza annoiarsi o aver bisogno di altro… magia della navigazione con l’Aliseo.
Durante la traversata hai mai avuto paura? ti sei mai sentito in balia del mare?
A parte l’esperienza dell’abbordaggio dei pirati, di cui parliamo dopo, non ho mai avuto paura durante la navigazione.
Apprensione si, ovviamente. Era la mia prima traversata e lo era anche per i miei compagni di viaggio, per cui, a parte quanto possibile apprendere per esperienza indiretta dai vari manuali e fonti informatiche, è stata la prima volta per tutti noi a bordo di Macalippo2.
La paura la ho avuta a tratti sino al momento di mollare gli ormeggi, durante la preparazione dell’avventura. C’erano momenti in cui i dubbi circa la mia capacità di organizzare il progetto, preparare la barca, la cambusa, senza dimenticare qualcosa mi assillavano profondamente. A tal punto che più volte ho pensato di abbandonare…
Una volta partiti, quelle paure si sono dissolte quasi istantaneamente, probabilmente perchè mi rendevo conto già durante le prime miglia che la preparazione del progetto è stata corretta ed adeguata e Macalippo2 è una barca pensata e attrezzata per lunghe navigazioni in sicurezza e autonomia.
L’episodio più importante della traversata:l’assalto dei…pirati… dopo le Canarie?
La rotta atlantica per entrare in Europa attraverso le Canarie partendo dall’Africa sub-sahariana (Senegal – Mauritania) è un fenomeno sempre più importante.
Mentre si naviga nelle acque territoriali canarine vengono costantemente emessi dei SECURITE da parte della guardia costiera relativa alla segnalazione di imbarcazioni di migranti alla deriva nelle acque a sud delle isole.
Per limitare il rischio di incontri, sin dopo aver lasciato gli ormeggi dal Marina Rubicon di Lanzarote, ho tenuto una rotta molto a Ovest per allontanarmi il più possibile dalle coste africane. Nonostante ciò, a circa 40-50 miglia a sud de La Gomera siamo stati abbordati da un Cayuco Senegalese (tipica barca da pesca africana lunga e stretta con un dritto di prua molto alto e slanciato) con a bordo una quindicina di persone di etnia sub-sahariana. Durante l’abbordaggio e i vari speronamenti 8 persone sono salite a bordo. Il primo pensiero è stato quello di essere stati attaccati da dei pirati e che la nostra vita era giunta al termine… per fortuna le 8 persone non hanno avuto atteggiamenti aggressivi e ci hanno fatto capire di essere migranti, in mare da oltre 10 giorni, e di voler entrare in Europa. I dettagli dell’avventura sono descritti nella parte del diario di Parentesi Atlantica.
C’è un navigatore che hai avuto come esempio? Passato e presente
Come per molti miei coetanei, la lettura dei primi libri di Bernard Moitessier ha sicuramente avuto un ruolo importante nell’influenzare il desiderio e l’amore per la navigazione. Purtroppo crescendo e leggendo alcune altre verità su questo personaggio il suo mito ai miei occhi si è di molto impallidito e perso di considerazione. Sono stato regatante e navigatore, alternando l’agonismo alle crociere: sono due mondi diversi che hanno riferimenti diversi. Avendo una formazione molto scientifica, anche in relazione alla mia professione, cerco di prendere da ciascuno i migliori aspetti per potermi migliorare.
Per intraprendere una traversata quale ritieni essere l’elemento più importante?
Decidere di trasformare il sogno in obiettivo. Come diceva Walt Disney, per farlo occorre decidere una data! La cosa più importante è decidere quando partire, scriverlo sul calendario e FARLO!
Nella preparazione della traversata hai privilegiato di più gli aspetti umani piuttosto che gli elementi di tecnica di navigazione?
Secondo me sono due elementi che vanno di pari passo e sono di uguale importanza. Solo con una barca ben preparata ed attrezzata e con un equipaggio in armonia la traversata diventa un successo da tutti i punti di vista e un ricordo memorabile. Per noi è stato così! E ancora oggi Marzio, Vittorio (il mio equipaggio) ed io ci diciamo sempre che saremmo pronti a ripartire domani.
In tutti questi anni ha dato più il mare a te o tu a lui?
Sicuramente più lui a me… C’è una frase famosa di Joseph Conrad che dice che il mare non è amico dell’uomo, tutt’al più suo complice. Nel mio caso posso confermarlo. Ma se sei in grado di capire la sua complicità riesci a sfruttarla a tuo vantaggio anche nella vita di tutti i giorni.
Il mare e la navigazione, soprattutto dopo una traversata atlantica, ti danno una forma mentis che ti cambia e ti migliora come uomo a 360°.
Raccontami in sintesi la tua filosofia di vita.
EAT – SLEEP – SAIL. Lo ho trovato scritto su una maglietta: sarebbe una filosofia di vita perfetta… in effetti per chi ama navigare non servirebbe altro… se si fosse una persona sola senza affetti o famiglia. Dopo anni passati correre sia per crescere dal punto di vista professionale che per crescere la mia famiglia mi ritrovo in una situazione fortunata: ancora sufficientemente giovane, con una compagna di vita (mia moglie) stupenda da tutti i punti di vista e i figli ormai grandi che mi permettono di poter vivere in una condizione di “seconda giovinezza”. Mi sento fortunato ma questa fortuna la ho realizzata con tanto impegno e dedizione. Il detto latino homo faber fortunae suae direi che mi si addice.
Le tue passioni segrete oltre al mare.
Mi piace la vita all’aria aperta. Sciare e viaggiare sono le altre mie passioni. Quando sono a casa sono un vero “divoratore” di libri. Mi piace tantissimo leggere, ovviamente con il mare come tema principale.
Quali progetti per il futuro? cosa vuoi fare …..da grande?
Lorenzo Cherubini canta una canzone che sento molto mia: “Sono un ragazzo fortunato perchè mi hanno regalato un sogno” e il mio sogno si è realizzato: traversale l’Atlantico con la mia barca. Questo mi ha regalato una importante serenità interiore (pur restando io un incorreggibile irrequieto…). Come ho detto in precedenza, in questo momento della mia vita la cosa più preziosa è il tempo da poter dedicare a me e alla mia famiglia e l’obiettivo prossimo venturo è quello di ottimizzare questo tempo e navigare quanto più possibile in serenità.