venerdì, Novembre 22, 2024

Alex Carozzo – Dicembre

Alex Carozzo : lenta la nave va verso l’ultimo destino. Fiera ancora sotto il maglio  e la fiamma

……ALEX, genovese di origini, residente fin da bambino a Venezia, torna alle Grazie dopo 45 anni,  dove visse per circa un anno e mezzo  presso il cantiere Argo: doveva montare  il motore sul Gancia Americano, col quale, unico italiano, partecipò alla Golden Globe, la madre di tutte le regate in solitario attorno al mondo che consacrò il mito di Bernard Moitessier e di Sir Robin Knox Johnston.

La sua carriera è fatta di tanti primati: è stato il primo italiano ad attraversare in solitaria il Pacifico. Era il 1965 quando con il Golden Lion, un’imbarcazione di fortuna costruita a bordo di un mercantile americano durante i turni di riposo, attraversò il Pacifico dal Giappone alla California. E ancora: primo italiano a partecipare a una regata oceanica per multiscafi; primo ad attraversare l’Atlantico con un “topo”, imbarcazione tradizionale dell’Adriatico. Nel 1990 ha ripercorso la rotta di Colombo: 3800 miglia dalle Canarie a San Salvador a bordo di Zentime,scialuppa di salvataggio di 6 metri salvata dalla demolizione a Las Palmas e attrezzata a vela con pezzi recuperati, niente radio, niente tecnologia, solo un sestante e un fornelletto per scaldare l’acqua…….

   

Avevo sentito parlare molto di lui, fin  da quando comperai la mia prima barca , il Krianni, una stupenda ALPA34 che tenevo ad Aprilia;  d’inverno ci davamo appuntamento a Lignano Sabbiadoro  in un’osteria che ci faceva anche da mangiare, la Farmacia dei Sani, dove il sabato sera il solito gruppetto di amanti del mare si riuniva per parlare di barche, di avventure, di burrasche, del tempo, di programmi futuri…..che poi erano sempre le stesse storie, ogni volta con il vento che aumentava di qualche nodo, programmando  , o meglio i sognando di fare il giro del mondo.

Fra gli amici c’era anche Giancarlo, radioamatore che aveva una stazione molto potente a Maniago, e una fredda  sera di febbraio  ci raccontò che aveva aiutato una barca a vela  in difficoltà in mezzo all’Atlantico, e che aveva  contattato  il famoso Alex Carozzo  per sapere che suggerimenti dare in un frangente molto delicato….. 

Fu immediata la voglia di conoscerlo, e ci  proponemmo  di invitarlo per un fine settimana a Lignano. E così si fece………. così lo conobbi nel 1986, a cena in quell’osteria, e mi rimase impressa il pragmatismo del suo intervento.

Quando recentemente Antonio Penati mi diede da leggere  il libro scritto da Alex CArozzo, LA MIA LUNGA STORIA CON IL MARE, nelle prime pagine trovai che aveva studiato al  Nautico a Venezia,  la stessa mia scuola, nelle stesse aule che avevo frequentato, e mi sono ripromesso di andare a trovarlo appena possibile: forse avevamo  avuto alcuni professori in comune, e mi sarebbe piaciuto appurarlo.

Non è stato facile, prima ha avuto il covid, poi una caduta, poi…..gli acciacchi dell’età ( quasi 90 anni!!!)  vanno rispettai, e finalmente il 22 ottobre  l’ho incontrato  a casa sua, in riva al lago di Garda…

Mi piace introdurlo con il messaggio che ho trovato  leggendo di lui, e che propongo a tutti gli amici di RTM:

<<<…. anche per quelli che navigano a vela, che vanno per mare con virtute e conoscenza, o….con saggia conoscenza del mare e di se stessi….>>>

Vi riporto anche alcune righe anche per incuriosire gli amici lettori a conoscere Alex al di là di questa breve lettura, perchè dalla saggezza  propria dell’ età e dalle  esperienze  possiamo conoscere meglio  noi stessi.

<<<… Quali sono gli avvenimenti più importanti della vita di un uomo? ciascuno ha le sue priorità: i matrimoni, il terremoto, la prima donna, le promozioni, i figli, la seconda barca…….>>>

e Alex  li ha raggruppati

<<<in un elenco di fatti, raccontati brevemente, cronologicamente, ma legati e divisi in tre grandi periodi, Marina Militare, Marina Mercantile e Marina a vela, pescando dentro un mare  di circa settant’anni…..>>>

Al telefono avevo detto a sua moglie Luisa  che…. mi manda Picone (Antonio Penati) , che  ero un suo ex compagno di scuola del Nautico, ed avrei avuto il piacere di incontrarlo.

Mi son trovato davanti un…giovanotto ( di una volta), un ragazzino con gli occhietti da birbante, spavaldo,  al quale  ancora adesso niente sembra impossibile, ed è iniziato fra noi  “del nautico” uno scambio di confidenze che vi riporto.

 Da casa sua si vede il lago, le cui acque purtroppo hanno un confine, non come in mare, anche se credo che il sapore di sale sia un alone che lo circonda. Saliamo in casa, mi presenta la moglie  che spero di farvi conoscere prima o poi, e ci accomodiamo attorno al tavolo che ha costruito lui: con l’esperienza di arte marinaresca, di bricolage,  di trattare il legno, immaginarsi se poteva mancare qualcosa di fatto con le sue mani…

<<<…questo tavolo l’ho fatto io quando siamo entrati in questa casa.. pannello unico di compensato, utile quando ci riuniamo con gli amici…..>>>

       SCOPRI

L’inizio dell’intervista non è facile, non ci conosciamo, e mi sembra un buon punto di partenza ricordare i tempi di scuola, il nostro Nautico SEBASTIANO VENIER  di Venezia, i professori che avevamo, ed  ho scoperto che abbiamo avuto lo stesso  professore di lettere, allievo di Benedetto Croce.

Mi viene spontaneo ricordargli che ogni anno  ci troviamo a Casteldario in memoria del professore e l’ho invitato ad unirsi  a noi, …. e così quasi per incanto l’atmosfera cambia.

Poi mi racconta del Professore di Navigazione…….

<<< un napoletano, grande e grosso con una faccia leonardesca, capelli lunghi fino a….qua ( e mi indica le spalle), ma un testone: era stato premiato dall’Accademia dei Lincei per degli studi sui pianetini di Mercurio, quindi era quasi un astronomo, e per me era IL PROFESSORE, con tutto quello che ne seguiva…>>>

Oggi preparando questo articolo  ho chiamato alcuni miei compagni di scuola e di classe (siamo quasi tutti in contatto…dopo 55 anni), e prima Carlo mi ha ricordato il suo nome,  il prof. Orazio  Giliberto…, e poi i mio compagno di banco Giuliano mi ha ricordato che lo chiamavamo  GERONIMO,  e si è ricordato della barzelletta che ci aveva raccontato: i quel capitano che con un bastimento navigava nel mare del Bengala infestato di pirati durante il periodo dei monsoni. Di notte il nostromo lo sveglia tutto allarmato e gli dice che deve uscire in coperta perchè ci sono i monsoni. Il comandante  temendo che fossero i pirati, gli chiede: ma quanti sono? ed il nostromo: ma sono venti. Al che: fossero anche cento, avanti a tutta forza….e noi giù a ridere…

Poi ricordiamo quegli anni al nautico Alex diplomato nel 1955, poi all’Accademia a Livorno, il servizio militare e quindi la Marina Mercantile, la traversata del Pacifico, ed io diplomato  nel ’66 mi sento piccolo piccolo, …

 <<<…pensa che poi, quando ho fatto il Pacifico, a Venezia facciamo una conferenza al circolo dei sottufficiali, e ad un certo momento arriva anche lui (si riferiva al Professore di Navigazione);  eravamo tutti e due con il bicchiere in mano, io lo prendo da parte, e gli dico: professore, il Pacifico l’ho fatto con i logaritmi, e le tavole nautiche. Lui mi dice: ah bravo Carozzo.

Gliel’ho detto perchè io, fra l’Accademia Navale, la navigazione militare e mercantile ho usato dai logaritmi a scuola, alle H.O americane, e avevo delle tavole dell’aviazione, quelle ridotte all’osso,  e poi, chissà come, invece di usare queste tavole con tutti i calcoli già fratti,  ho usato i seni inversi, la formula classica dei logaritmi, cui però avevo tagliato l’ultima cifra (i logaritmi ne hanno 6) la penultima l’arrotondavo ed alla fine usavo 4 cifre, ed andavo via come un treno.

Certo che sei stato bravo, ma cosa ti ha spinto a partire così, a lasciare la marina mercantile, per fare la traversata del  Pacifico:

<<<…ero giovane, avevo 33 anni, ero pieno, imbevuto  di letture interessanti, tutti i grandi navigatori prima di Moitessier, avevo letto tutto quello che c’era da leggere, un po’ mi arrangiavo di carpenteria, tant’è che mi son fatto una barca di 10 metri dentro la stiva di una nave, quindi avevo …… certe voglie …… altrimenti avrei aspettato di avere i soldi, sarei tornato a casa, e mi sarei comprato una barca fatta;  e invece, ma chissà come, ho cominciato a farmi una barca.

Evidentemente avevo una certa fretta, e pensa che poi la barca non ha mai fatto un filo d’acqua, mai niente. L’albero è venuto giù perchè è partito un maniglione, questo lo so, un maniglione di ferro della sartia alta o bassa, e la barca non ha mi avuto qualcosa di balordo, e pensa …… fatta dentro la stiva di una nave da carico …. e questa è stata una grande soddisfazione.

La vera   motivazione è che volevo farmi una traversata per i fatti miei, una traversata di alto mare …. chiamiamola così … perchè il Mediterraneo non mi diceva niente;   forse se la nave fosse andata in demolizione negli Stati Uniti ….. vabbe’…… ma visto che ero in Giappone, dove sono sbarcato e  dove l’ho finita, sono partito da li..

Ero impregnato di cose di mare, le vele…. mi son comprato la tela di cotone egiziano a Port Said,  me le son tagliate tutte io, fatte cucire da un ciabattino a Goa, e le vele non si sono mai stracciate, non ne ho perso una, e che ne ho prese di batoste …….mai successo niente alla barca, non si è rotto niente… il che è un certo tipo d soddisfazione.

Ho perso il timone, ma perchè l’asse era un tubo  da caldaia con dentro un tondino di ferro annegato nel cemento ..… per cui dopo due – tre mesi di navigazione il timone aveva la spada giù, ed io ho fatto l’errore gravissimo di non avere il timone esterno.

Però avevo un timone moderno, perchè il timone sotto rende di più; ma con i mesi il tubo si muoveva e ad un certo momento è partito secco, ed  ho arrangiato quel timone, che è anche sulla foto,  con tutti i pezzi che avevo a bordo ……

NEL FILM del Pacifico si vede che io sto facendo questa specie di timone, che mi ha permesso di finire il viaggio: durante l’allestimento avevo messo due occhi fuori dallo specchio di poppa, perchè pensavo …non si sa mai…. ed effettivamente son serviti…

Per cui le motivazioni c’erano,  ed io mi sentivo abbastanza pronto.

Tieni presente che fare il pacifico a quei tempi era una grossa cosa, nessuno lo aveva ancora fatto in solitario,  anche se sono partito alle soglie dell’inverno, il che è stata una puttanata, però avevo voglia di partire dopo i mesi passati in Giappone…

E’  stata una gran navigata, la più grossa, anche se poi ho fatto altre cose, ma non paragonabili, non così lunghe, oltre 80 gg di navigazione….. 75 all’arrivo alle Midway , 8 giorni a girare attorno all’atollo e non riuscire a farmi rimorchiare in porto , nonostante  il giorno dell’avvistamento fossi stato riconosciuto da un elicottero.  Alle Midway c’era una portaerei, navi da guerra,   ero a 10 miglia dall’atollo, ho messo fuori il cartello per chiedere di entrare, ma …mi hanno lasciato  fuori  7,5 giorni, perchè c’era un  lazzarone di comandante, al quale ho scritto una lettera, che apparirà nel prossimo libro che vorrei pubblicare…

……Oppure pensavano che ci fosse una storia di grande spionaggi……dopo 8 giorni mi hanno finalmente rimorchiato dentro perchè ero arrivato sottovento all’entrata e se non avessi preso quel momento il vento mi avrebbe portato di nuovo fuori….

Ho preso un paio di pantaloni di panno blu, li ho  imbevuti di cherosene , e gli ho dato fuoco ……. così sono stati costretti a portarmi dentro….

La mattina dopo sono andato a parlare con il comandante e  gli ho chiesto se sapeva che stavo arrivando, io gli avevo fatto mandare i telegrammi 2 mesi prima….e lui:  si si, lo sapevo, ma non pensavamo che lei arrivasse fino a  qua….

Allora gli ho chiesto perchè, vedendo che ero arrivato, non mi era venuto a prendere :  dopo uno, due, tre quattro giorni sono sempre la, in mezzo al mare, …..e non mandi fuori qualcuno a prendermi? Evidentemente non volevano gente fra i piedi, perchè era una base navale, sicuramente faceva parte della catena dei radar contro la Russia , da Guam  nelle Filippine fino alle  Midway e poi  Hawaii…

Per questo come base navale non volevano nessun fra i piedi, comprensibile, ma in una situazione del genere ti metti sotto i piedi quella che è la regola della salvaguardia della vita in mare, quando c’è bisogno di aiuto in mare , se qualcuno ti chiede aiuto, devi darlo.

Adesso gli sto scrivendo una lettera, non so sia ancora vivo  o no, lettera che apparirà nel libro che sto scrivendo e rimarrà agli atti….>>>


Un obiettivo di questa intervista è  rendere interessante la lettura agli amici di RTM e per questo ho pensato di chiederti quali sono stati gli eventi più interessanti della tua vita, in modo da stupire chi legge
.

<<<….Mi capita  spesso di raccontare di me, il 15 scorso ero a Venezia alla compagnia della vela e dopo aver presentato il film sul Pacifico,  ho parlato di quel viaggio…

Ormai pochi mi conoscono, anche a Venezia di giovani ce n’erano pochini, e mi piacerebbe che i giovani di oggi si interessassero al mare, alle barche, alla navigazione, ad ascoltare le esperienze di chi ha girato il mondo affrontando ogni imprevisto…

Capire cosa vuol dire fare una barca di 10 m  a bordo di una nave, poi fare il Pacifico, prendere  un pescecane da 2,35m, arpionarlo  e tirarlo in barca..  oltre 2000 miglia di Oceano da solo…..con una barca di 10 metri ….. e devi affrontare tutte le situazioni che capitano…80 giorni da solo….  

Le barche moderne:….. oggi sono attrezzate con  tutti gli strumenti, bisognerebbe che i giovani velisti capissero come si navigava una volta, e ascoltare chi può raccontare queste esperienze…, sono spunti che dovrebbero far venir voglia, stimolo a navigare, vedere i colori del mare e del cielo….

Anch’io ho fatto le regate, ma era  tutta un’altra cosa: dopo il Pacifico ho fatto la prima Transpac da Los Angeles a Honolulu con un multiscafo,  il trimarano Tristar. …..nessuno sapeva in Italia cosa fosse. 

Per cui quando sono tornato in Italia avevo fatto per primo la traversata del Pacifico in solitario e la Transpac, tutto in 8 mesi.

E poi  in italia quando ho costruito il San Giorgo:  ecco parlare di certe cose, e vedere certe fotografie, si inizia a sognare….>>>

Sognare…. anche Irene, moglie di Gigi Nava, è stata personaggio del mese, ha detto la stessa cosa: la  gente ha bisogno di sognare…e tu per far sognare i velisti cosa gli diresti?

<<<…..Ci sono delle vite che marcano certi periodi; abbiamo avuto Moitessier, che ha stimolato la voglia di navigare in milioni di persone, ma  si richiedono cose difficile da realizzare, un savoir faire che pochi hanno, la voglia di partire per altri lidi…. molti hanno la voglia di farsi la barca per stare in Mediterraneo, oppure per andare da Las Palmas a San Salvador, e quindi hanno orizzonti circoscritti.

Ci vogliono delle spinte che sono rare, perchè Moitessier ha trascinato milioni di noi, di gente che va in barca a vela, ma come lui ce ne sono pochini…

Anch’io ho trascinato delle persone, ma 20 o 30 solamente, d’altronde ci sono i tempi, le stagioni della vita….i ragazzi del Damien, i ragazzi che hanno fatto il giro del mondo, con una barca piccola, di legno, hanno scritto 2-3 libri che sono una bibbia per quelli che vogliono fare il giro del mondo,  ma hanno pochi mezzi….>>>

Questo vuol dire che fare buone cose dipende dal carattere della persona, quanto uno è disposto a sacrificare. Se uno ha la possibilità economica di fare qualsiasi cosa, quello è un ATOUT favoloso, ma tutto dipende dallo spirito,  dalla voglia di farlo e come farlo.

Ecco le caratteristiche che deve avere un ragazzo, un velista per fare queste cose …… e la sicurezza in se stesso.

Ma questa è la base per fare qualsiasi cosa… certo è che prima di fare una traversata oceanica devi essere tranquillo su alcuni punti base: saper navigare anche senza i GPS, perchè  se per caso li perdi per qualsiasi ragione come fai? oggi a scuola non ti insegnano più nemmeno a fare le rette di sole, non c’è più il sestante a bordo, e questo è un problema. E’ vero che ci sono i satelliti, ma anche oggi capita di passare vicino a qualche base militare e per mezz’ora c’è oscuramento sui sistemi a bordo.

Uno che va in giro per il mondo con una barca moderna farebbe meglio a fare un corso di elettronica o di adeguamento all’uso e pratica e riparazione di tutti gli apparati elettronici che sono a brodo.

Adesso la barca è diventata praticamente autonoma, salvo incidenti all’impianto elettrico, che mette a pagliolo tutte le possibilità ….. la sicurezza dipende da quello che uno sa e da quello che uno prevede.

Ci deve essere nell’individuo uno specialissimo fattore genetico che lo spinge ad adattamenti e comportamenti straordinari, che, per quanto a prima vista indecifrabili o inutili, servono comunque alla totalità, alla razza.

……..preferisco vedere il mio Ulisse spinto e bruciacchiato da quella tremolante ma inestinguibile fiammella, lo spirito dell’UOMO:  ma senza il corpo, senza la materia, da dove nasce lo spirito? Dove alberga? è più importante la cera che tiene in vita la fiamma o la luce che rischiara la vita?….>>>

Io mi sono messo in mare sapendo che sulla navigazione ero tranquillo, ero un professionista non un amatore, la barca l’avevo fatta io e quindi la conoscevo, e quando sono partito sapevo che davanti a me c’era il Pacifico, e sapevo che davanti avrei dovuto  risolvere qualsiasi cosa mi fosse capitata….e quando poi mi sono trovato il mare forza 10 non ho rotto niente, non ho perso niente, l’unica cosa che avrei potuto perdere  era la vita, ma me la sono cavata, e quando ho dovuto agire ho saputo farlo nel modo giusto e quindi ne sono uscito con un’esperienza che in certi momenti è stata veramente durissima, terrificante sotto una aspetto visivo, e dopo ne sono uscito con una capacità di valutazione in certe situazioni sicuramente migliore di quella che avevo prima ….>>>


cosa non rifaresti?

<<<….nella  vita…tutti abbiamo periodi  di alti e bassi, dire qualcosa cui rinuncerei o non farei vuol dire cancellare una parte di me, una parte  che  sicuramente ha fatto degli errori, perchè tutti gli uomini ne fanno, nessuno può essere esente da questo.

Quando sono andato a Plymouth con il san Giorgio, quando volevano subito assassinarlo per non farlo neppure partire per l’Ostar, lì avremmo dovuto anziché essere un manipolo senza soldi, costituito da Carozzo, una ragazza ed un amico, avrei dovuto avere un team di 10 uomini che mi aiutassero …. ma per questo avrei dovuto avere degli sponsor che ho cercato, ma non in modo approfondito. Questo è un mio vizio,  voglio  fare le cose il più possibile da solo, e quindi cercando pochi aiuti esterni… il che è un grosso errore……>>>

hai ancora qualche sogno nel cassetto?

<<<….I sogni sono un po’ svaniti, ho  un’età  in cui sarei solo sciocco se ne avessi, ho avuto una vita abbastanza piena, mi son levato certi sfizi, delle voglie marine che avevo, ho progettato molte barche che hanno dato degli ottimi risultati, e questo vuol dire che la mia visione di barca marina per fare qualcosa sul mare era abbastanza giusta

E parlando con te

Parlando di noi

E guardandomi le spalle

Se penso alle ottantanove primavere

Scadute di poppa

E ben vissute e al sole basso a ponente

Non posso avere

Lamenti o grandi rimpianti

Perchè

Se c’è ancora

Qualcosa che mi manca

Piccolo o grande rimpianto

Sono quelle mie perdute

E per sempre irraggiungibili

E per sempre perdute

VENTISETTEMILAMIGLIA

DEL MIO GOLDEN GLOBE


E parlando con te  è arrivato mezzogiorno, e siamo andati a pranzo, continuando a raccontarci delle nostre esperienze, o meglio lui parlava ed io ascoltavo, questo giovanotto di quasi 90 anni, arzillo,  lucidissimo. E mi ha detto che  sta costruendo un’altra barca, è in allestimento  a Lio Grando, è alata in cantiere, ma non trova qualcuno che  sia intenzionato ad aiutarlo a finirla …fra di voi chi è interessato?  


Non conoscevo la storia di Damien, e va la riporto…. la trovate nel libro Damien, dallo Spitsberg a Capo Horn

«Non eravamo di quelli che vogliono spaccare tutto, che sono stanchi della tivù quotidiana e dei sandwich sociologici. Il giro del mondo per noi non è mai stata una fuga, è stata una soluzione.» Francia 1969, gli echi del maggio risuonano ancora. Due amici decidono di tentare una rivoluzione a modo loro: il giro del mondo su una barca a vela di dieci metri, Damien. 

Jérôme Poncet e Gérard Janichon, due diciottenni, partono il 25 maggio 1969 da La Rochelle e in cinque anni percorrono 55 miglia solcando il mare nei suoi più segreti recessi, atraverso le rotte meno frequentate e misurandosi con la forza degli elementi.

Dalle brume e dai ghiacciai dello Spitsberg e della Groenlandia, l’avventura si sposta: il Damien scende lungo le coste del continente americano, sosta alle Antille, rimonta il Rio delle Amazzoni fino ad arrivare davanti a Capo Horn dove si mischiano le acque di due oceani.