venerdì, Novembre 22, 2024

Fu sera e fu mattina…e poi ancora sera…….

Fu sera e fu mattina…e poi ancora sera……..

Silvia, la moglie di Roberto, il mitico Re del Pesto al mortaio, mi chiama dicendomi che voleva prenotare 15 giorni in Sardegna per trascinarlo in una pausa dai suoi innumerevoli impegni e quindi per chiedermi se conoscevo qualcuno per portare la loro barca (e poi riprenderla) fino a un villaggio in Sardegna, nel golfo di Arzachena, in quanto non avrebbero avuto tempo di andare e tornare in barca.
L’unico libero che conoscessi bene (da quasi 60’anni) ero io, così la butto lì: “Se ti fidi la porto io. Trovo qualche amico che mi accompagni ed è fatta!”.
Detto, fatto… Chiamo un caro amico subacqueo, Elio, che con il figlio Stefano aveva appena preso la patente nautica e gli chiedo se hanno voglia di fare un po’ di pratica con quel trasferimento. “Aver voglia” è un eufemismo; tentenna per quei 2-3 secondi e poi conferma. Chiamo un altro amico VeLista per il ritorno. I tempi non sono larghissimi, perché bisogna far quadrare gli impegni di tutti e la barca deve essere là per il 24 giugno per ritornare il 7 luglio, ma ci organizziamo.

LA BARCA
È un “Rebel” 9,50 che, in uno slancio di fantasia, hanno chiamato “Rebel”! Mi pare un progetto di Gilardoni, piccolina ma comunque una buona barca. Sono in 3 o 4 soci… Su questo io resto dell’idea che la società migliore sia quella con soci in numero dispari inferiore a 3!
Il genoa è quasi nuovo, la randa in ottimo stato, la cimetta del rollafiocco è stata appena sostituita… non mi convince, sembra poco consistente… ma è nuova! Timone a barra che non è il nostro preferito, ma su quelle misure era un classico. La barca nel complesso sembra ben tenuta e in ordine.
Facciamo il pieno di acqua e gasolio e dopo pranzo siamo pronti a partire.

IL METEO
Qui faccio il mio primo errore… è in corso una burraschetta da Mistral sul ponente ligure, ma le previsioni che ho ascoltato in mattinata la danno in attenuazione. Io sono sempre stato dell’idea che non si esca IN una burrasca, ma che se poi capita di trovarcisi prendi quello che viene. Lì la burrasca non c’era e le previsioni palavano di attenuazione e al limite ci avrebbe spinti… mai fidarsi delle previsioni estive di meteomar! Rimandare all’indomani mi sembrava inutile e avevo già il volo prenotato da Alghero per 5 giorni dopo… Partiamo!

LA PARTENZA
Il cielo è un po’ grigio e l’aria ventosa, un po’ d’onda ma niente di preoccupante. All’uscita dalla diga foranea stiamo issando la randa (con una mano di terzaroli) e apriamo l’enorme genoa (130%). Sbucando dall’uscita veniamo accolti da un tremendo e insistente suono di sirena… è un imponente cargo che sta per entrare e chiede acqua! 😱
Mi si affacciano alla mente le immagini di barchette spalmate sul rostro di navi mostruose… ma, aiutando le vele col motore, passiamo! Credo che se avessimo tentennato ci avrebbe presi.
L’onda è fastidiosa ma praticabile, il vento è un bel traverso e si viaggia bene a vela. La randa sempre con la prima mano e il genoa un po’ avvolto (alla faccia dei puristi).

PRIME  ROGNE
Nel tardo pomeriggio dico a Stefano di scendere in quadrato per vestirsi più pesante per la notte… appena giù strilla allarmato “C’è acqua sui paglioli!!!” 😱
Scendo e in effetti c’è un buon palmo d’acqua che sciaborda in quadrato! Mi chiedo come mai la pompa di sentina non lavori, la assaggio… è dolce! Immagino qualche perdita dal serbatoio che avevamo riempito prima di partire. Non c’è pericolo e non si balla molto, quindi spagliolo davanti alla scaletta e con sassola e secchio, facendo catena, buttiamo fuori l’acqua e asciughiamo. Rimane un lavoro infame e, anche facendo i turni di sotto, lo stomaco non ringrazia. Finito di asciugare è ormai scuro e ci prepariamo per i turni. Decido che starò comunque sdraiato in pozzetto, a disposizione, mentre loro si alterneranno tra cuccetta e guardia… intanto sulla barra lavora il pilota automatico che ci mantiene diligentemente in rotta, nonostante l’onda stia crescendo.
Il bollettino annuncia “Burrasca in corso su mar ligure, forza 7…” ALLA FACCIA DELL’ATTENUAZIONE!!! 😠
Accendiamo le luci di via e rolliamo ancora un po’ di genoa. Prenderei anche la seconda mano, ma nel buio e con l’onda non mi fido a mandare gli amici all’albero. Secondo errore, nel casino dell’allagamento le cinture sono rimaste in qualche gavone e con lo sballottamento nessuno si sente di andarle a cercare e indossare. Stiamo in pozzetto, le manovre, salvo le mani sono tutte rinviate lì e una mano spero che basti…
Dicevo… accendiamo le luci… quelle di via le avevamo controllate e ci sono… ma la bussola è spenta (scopriremo dopo che i fili di collegamento spenzolano mollemente sul retro della paratia!) Il gps, cartografico, è bello, funziona, ma è sotto al carteggio e non è comodo da consultare. Mi arrangio con la piletta per tenere d’occhio la bussola, Il mare ingrossa… e c’è di nuovo acqua sui paglioli! Si vede che il serbatoio non si era svuotato del tutto. Non è certo il caso di sgottare in quelle condizioni e la pompa di sentina si rifiuta di funzionare. Potrebbe andar peggio… potrebbe piovere… e infatti comincia a piovere! 😕

LE ROGNE NON FINISCONO MAI
Mare e vento sono montati davvero molto. Ha smesso di piovere. L’acqua in quadrato continua a sciabordare ma è stabile e sempre dolce. Abbiamo ridotto ancora il genoa e lascio la randa leggermente sventata, in modo che porti appena, per non forzare l’attrezzatura. Compenso la perdita di potenza con il motore, tenendolo però basso di giri.
Nel buio totale comincia a intravedersi il lampeggiare di un segnale… Penso subito al faro della Giraglia (la speranza di arrivare spesso falsa le osservazioni!), ma è troppo presto; poi la Giraglia fa 1 lampo ogni 5 secondi e quello è più confuso e veloce. Potrebbe essere la boa oceanografica che c’è circa a metà percorso sulla rotta tra  Genova e Macinaggio… se non altro siamo perfettamente in rotta. A un certo punto sparisce… l’avremo superata… tiriamo avanti.
Com’è che dicevano? “Fu sera e fu mattina”…
Comincia ad albeggiare e la burrasca sembra rinforzare… o sarà che ora vediamo cosa c’è attorno e le onde sono impressionanti. Scendere a controllare il gps, con l’acqua che rende ancor più difficile l’equilibrio sembra sconsigliabile. Ad un tratto sentiamo un colpo secco, la barra è libera e la barca si intraversa! Fortuna che c’era il motore e la riprendo velocemente. Cosa è successo? Il nottolino sulla testa del pistone dell’autopilota, quello che si innesta nella barra, si è tranciato di netto! Maledico fino alla settima generazione il progettista e i suoi famigliari, per aver usato il nylon (o teflon… o comunque della “plastica”) per quel pezzetto fondamentale! Elio e Stefano mi guardano sconsolati, con l’aria “e ora come facciamo?”. Li tranquillizzo: la barca galleggia, naviga bene e tiene bene il mare. Di mare grosso ne ho preso un bel po’ in occasioni precedenti (ma ero anche più giovane) e so come affrontarlo. “Sarà solo lunga, ma le barche sono fatte per stare a galla!”.
Come sempre è fondamentale “fidarsi” della barca, perché se cominci a temere che non regga l’insicurezza aumenta ed è più facile fare cazzate. Se la barca non ti preoccupa (e tiene… ma, pur non forzandola non ti poni il problema) il problema puoi diventare solo tu… quindi avanti così! È vero, magagne ne sono saltate fuori abbastanza… ma sono sciocchezze non fondamentali; le vele portano, il motore gira… la barca naviga!
Comincio a scavalcare le montagne d’acqua che ci arrivano addosso… orzo un po’ per arrampicarmi sull’onda, poi poggio scendendo, riprendendo velocità per l’onda successiva. Sono altissime! Le vediamo ben sopra alle nostre teste quando siamo nel cavo; a occhio almeno 3 m sopra di noi. Riesco a scavalcarle bene quasi tutte, ma ogni tanto arriva quella più carogna, più attaccata alla precedente e frange in pozzetto lasciandoci a bagno mentre si scarica dagli ombrinali. Siamo ben coperti ma certo di riposare non se ne parla. Dopo un po’ chiedo se possono darmi il cambio alla barra, la mia schiena protesta (per quello che non amo la barra!). Ci provano, ma abbandonano quasi subito e dopo qualche secchiata di troppo: “No, scusa, non fa per noi… non ce la sentiamo”… Comprensibile, non faccio storie… la mia schiena se ne farà una ragione.
Ora gli ultimi lampi del faro della Giraglia si vedono… siamo scarrocciati un po’ verso Est e penso che quasi quasi converrebbe puntare su Capraia. Però il porto di Capraia è piccolo e la rada, piena di posidonia, non mi è mai piaciuta. A Macinaggio sono sicuro di trovare posto per riposarci. Correggo la rotta e andiamo.
Nei pressi di Capo Corso, come sempre il vento rinforza… In un momento in cui riesco a buttare un occhio sull’anemometro leggo 48 nodi! Non oso pensare a quanto arriva sotto raffica!
Da ieri pomeriggio abbiamo sgranocchiato solo un panino e qualche cracker e siamo distrutti.
Sul mezzogiorno siamo di fronte a Macinaggio e verso le 3 cominciamo a intravedere i dettagli della costa. Abbiamo il vento in faccia, ma ora, con il ridosso della costa è “solo” a una trentina di nodi. Portiamo la randa al centro e avvolgiamo il genoa. Purtroppo il vento forte l’ha stretto molto sullo strallo e, arrivati a fine rullo con la cima ne resta ancora un fazzolettino al vento. È talmente minuscolo che non dovrebbe creare problemi… non dovrebbe!… E invece li crea!
Uno schiocco secco e di colpo il genoa al 130% si srotola completamente! Vedo con orrore che la scotta non ha il nodo di arresto e grido a Stefano di farglielo prima che si sfili dal carrello… Non ce la fa… gli scappa di mano, si sfila e comincia a frustare l’aria insieme alla vela e subito dopo si sfila anche l’altra scotta.
Ha ceduto la cima nuova del rollafiocco… Maledette le cime da ferramenta! Belle da vedere ma senza resistenza! 🤬
Le scotte libere sbattono e frustano; in breve si aggrovigliano tra loro formando un malloppo che sembra una di quelle mazze ferrate medievali. La barca, pur a tutto motore fatica a procedere, perché chiaramente tutta quella tela, pur non portando, di vento ne prende e corica la barca. Cerco di zizagare per portarla al centro e cercare di fermarla, ma sono attimi prima che passi dall’altro bordo e ricominci. Stefano va a prua e si ostina a volerla imbrancare, ma dopo due o tre mazzate dal maloppo gli impongo di tornare in pozzetto. Se cascasse in acqua sarebbe veramente dura recuperarlo! Ammainare in quelle condizioni è impossibile, c’è troppa pressione e la vela non scorre; poi se andasse in acqua sarebbe peggio e c’è il rischio che le scotte finiscano nell’elica.
Saranno state si e no 3 miglia, ma sono state le 3 miglia più lunghe della mia vita!
Oltretutto nel continuo passare da un bordo all’altro, la vela sfrega contro le sartie e comincia a sfilacciarsi la balumina. Mi piange il cuore a veder soffrire così una vela praticamente nuova! È vero, si sta stracciando solo la tasca del meolo (che infatti comincia a strapparsi e a ingarbugliarsi sulle sartie alte) Se arriviamo in fretta è un danno da poco, ma la vela sarà inutilizzabile fino a che non sarà riparata.
Con sofferenza dopo 3 ore siamo davanti al porto. Vedo la gente che ci guarda dalla diga foranea, ma ce l’abbiamo quasi fatta. Spiego all’equipaggio affranto cosa voglio fare: “dritto nella rada riparata alla destra dell’ingresso, prua al vento e vela in barca, mollo la drizza e la tirate giù. Mi raccomando, tenetela giù che anche se l’acqua lì è piatta il vento tira ancora forte!”, preparo una cima per legarla in qualche modo alla battagliola e procedo. Una volta tanto tutto va come deve andare! In un minuto la vela è giù e Elio la tiene sdraiandosi sopra (dirà poi che si sentiva sollevare dalle raffiche). La legano stretta e recuperano il micidiale malloppo di scotte… alle 7 di sera siamo in banchina, aiutati da quelli che prima ci guardavano. Gli sguardi sembrano di rispetto, ma siamo troppo stanchi per apprezzarli. Telefono a Roberto che “Emu sarvà a vitta e u sciabeccu!”, rimandando i dettagli a domani.
28 ore di lotta (e non è nemmeno il mio record)! Siamo in banchina, ma non è finita: abbiamo 15 cm d’acqua sui paglioli, dormire in quelle condizioni, anche se ci saremmo riusciti, non è pensabile. Ci facciamo forza e ricominciamo a sgottare. Alle 21 è tutto asciutto (si fa per dire). Elio e Stefano sono affranti e mi comunicano che non se la sentono di proseguire. Rispondo che li capisco, siamo stravolti, senz’acqua a bordo, niente che funziona… Dico che intanto li porto al ristorante e gli offro una cena (ne ho bisogno anch’io), poi domani possono cercare un pullman per Bastia e informarsi sui traghetti, ma si vedrà!
Ormai sono quasi le 10, ci cambiamo e cerchiamo un ristorante. Ce n’è uno sul porto, ci siamo solo noi, ma il proprietario/cuoco ci accoglie con cortesia… forse è informato del nostro arrivo “avventuroso” e ci propone 3 ricche portate di squisito pesce alla griglia; Il prezzo sarà poi scandalosamente basso!
Ci sediamo e cominciamo a riprendere aspetto e pensieri umani… Torniamo in barca ringraziando… e ci schiantiamo in cuccetta addormentandoci in pochi minuti! Nella notte arriva un temporale e sentiamo uno schianto molto vicino… sarà un fulmine… non ci ha preso, quindi dormiamo, domani è un altro giorno!

A LECCARSI LE FERITE
Alba di un nuovo giorno… Alba si fa per dire, perché ci svegliamo tardino (comprensibile) più che altro per le discussioni e i rumori di gente del porto che armeggia sulla vicina colonnina elettrica in banchina… incenerita dal fulmine che abbiamo sentito nella notte! Noi fortunatamente non ci eravamo collegati, sia perché troppo stanchi, sia perché le batterie carichissime per la smotorata finale non lo richiedevano.
Danni per la scarica non sembra ce ne siano stati (ma scopriremo poi che il vhf riceve ma non trasmette… non so se dovuto al fulmine).
Incredibilmente sembra un altro mondo… dalla buriana di ieri con temporalone finale, oggi il tempo è splendido, il mare calmo e il sole splendente! Ci viene il dubbio di aver dormito più di una notte!
Comincio a ricapitolare le rogne riscontrate… Sotto i paglioli scopro una “giunta” del circuito della pompa di sentina, fatta su un ignobile mammut (NON usateli in barca!) attaccato con il nastro isolante su una sponda della sentinetta poco profonda. Il nastro ovviamente si era staccato e i fili penzolavano sul fondo della sentina, staccati e ossidati… E CI CREDO CHE NON FUNZIONAVA!!! 😕 Taglio, ricollego un mammut nuovo (non c’era altro), lo avvito più in alto possibile… ora funziona!
I fili della bussola, come avevo già detto, penzolano sul retro della paratia. Non trovo quelli di alimentazione e lascio perdere… è il problema minore!.
Il serbatoio dell’acqua, flessibile, è al solito sotto la panca del quadrato. È grosso e il raccordo di uscita è sotto, pizzicato tra il sacco e il fondo, un po’ storto e presumo che la posizione abbia generato la perdita, sotto il peso dello riempimento. Sbarcarlo e verificare sarebbe un lavoro pesante… e non ritengo sia mio compito. Siamo senz’acqua per lavarci; da bere ne abbiamo in abbondanza… lasciamo perdere, faremo il bagno in mare o… puzzeremo dignitosamente! 😄
Mentre Elio e Stefano fanno un giro per informarsi su traghetti e mezzi pubblici, Smonto la barra del pistone del pilota e vado in ferramenta per vedere se si può riparare. Il ferramenta è gentile e disponibile (chi l’ha detto che i corsi sono scorbutici e antipatici?), troviamo un raccordo del gas, in ottone, che ha lo stesso passo della filettatura del terminale e mi mette a disposizione gli attrezzi per tagliarlo e forarlo del diametro del perno della barra. Perfetto! Compro anche una tanica da 25 litri per l’acqua e torno in barca.
Elio e Stefano tornano anche loro e, forse rinfrancati dal riposo e dalla bella giornata o forse per le difficoltà di un rientro da lì, decidono di proseguire. Bene! Avevo già telefonato a Sergio, chiedendogli se riusciva eventualmente a raggiungermi per proseguire e a Roberto per raccontargli i dettagli principali e per rassicurarlo che se anche loro fossero andati via non avrei certo abbandonato lì la barca; ora li richiamo per dire che avremmo proseguito tutti come da programma… dopo aver riparato le magagne principali.
Provo subito la riparazione del pilota. Tutto combacia perfettamente… ma il vigliacco non ne vuol sapere di avviarsi! 😠 L’avevamo lasciato fuori in pozzetto e, oltre a quella della navigazione, avrà preso anche quella del temporale… ma non dovrebbe essere stagno? 😕
Lo smonto, apro il coperchio… in effetti è un po’ “umido”… asciugo, inondo di CRC e lo lascio al sole!

Sbarchiamo la vela, issiamo Stefano in testa d’albero per staccare le filacce del meolo e della bordatura della balumina che pendono dalle sartie dando alla barca un’aria spettrale. Distendiamo il genoa in banchina… la vela non è danneggiata, il danno è proprio solo quello della bordatura della balumina che fa anche da tasca per il meolo. A macinaggio però non si trova un velaio per la riparazione e comunque i tempi sarebbero lunghi. A bordo c’è solo una tormentina, perché il genoa vecchio era stato sbarcato per fare spazio. Armeremo quella… meglio che niente, anche se un po’ ridicola per le dimensioni.
Pieghiamo la vela e la mettiamo nel suo sacco. Rimetto la cima vecchia del rollafiocco, che è un po’ corta, ma per la tormentina basta e avanza e mi da più fiducia della nuova che si è spezzata! Issiamo la tormentina, e pare tutto a posto… MA (e te pareva?) quando tentiamo di avvolgerla, arrivado a 3/4 dello strallo, la testa dell’avvolgitore attaccata alla drizza, gira con la vela (attorcigliando la drizza allo strallo) e così si avvoge di sotto e resta aperta di sopra! Bisogna bloccarla e impedire che giri… come fare? Colpo di genio! C’è una drizza (credo il carica alto del tangone) che sbuca dall’albero appena più in su; collegando quella alla testa del rollafiocco (sul grillo della drizza) e mettendola in tensione, impedirà alla parte superiore di girare… FUNZIONAA!!! 😄
Il pilota ancora no… lo richiudo e lo lascio al sole.
La barca sembra in condizioni di navigare e il tramonto è rosa. Domattina si riparte!
Altra cena in trattoria… ma stavolta si fa “alla romana”.

(SEMI)NUDI ALLA META!
Il tempo si mantiene splendido; Si veleggia un po’, ma obiettivamente con la tormentina non si corre e la maggior parte si smotorazza… a proposito, non funziona l’indicatore di livello del gasolio (!), ma per precauzione abbiamo rabboccato a Macinaggio!
Prima e dopo la partenza provo ancora 3 o quattro volte il pilota… ma non da segni di vita. A un certo punto decido di metterlo via per togliere l’inutile ingombro, ma Elio dice “proviamolo ancora una volta!”… PROFETICO!!! zinn… zinn… ziiinn … FUNZIONA PERFETTAMENTE!!! 😄
Sinceramente non ricordo se e dove abbiamo fatto tappa per la notte, ma propendo per Solenzara che è “solo” a 70 nm, mentre per il golfo di Arzachena sono circa 120 e si passa davanti alle Bocche… che non si sa mai cosa si inventano! Sta di fatto che il resto del viaggio ha poca storia.
Le Bocche non ci creano problemi e affacciandoci all’arcipelago della Maddalena, faccio il “ligio” e provo a mettemi in contatto con la Capitaneria per chiedere se ci sono limitazioni particolari alla navigazione nel parco. Nessuno risponde (e qui mi vengono i dubbi sul funzionamento del vhf) così provo per telefono. Sono molto gentili e forse un po’ sorpresi per la diligenza… anche se io mi sento un po’ Verdone/Furio (Bianco Rosso e Verdone) quando telefona all’ACI. Mi rispondono che per Arzachena posso navigare tranquillo.
Arriviamo nel golfo all’imbrunire, ma non sapendo di preciso dove sia il punto di sbarco andiamo a dormire a Cannigione, che è sicuramente oltre, ma sempre vicino. Al mattino lo cercheremo e sbarcheremo felicemente, lasciando la barca al pontile del villaggio dove c’era già il posto riservato.
Arrivati a destinazione, diamo le indicazioni alla moglie di Elio, Luigina, che ci verrà a prendere da Alghero, dove loro hanno casa e si fermeranno in vacanza, mentre io prenderò il mio volo da Fertilia due giorni dopo.
Mauro