sabato, Novembre 23, 2024

Zoomax con Anna e Paolo – Maggio

Era il 2002, mi mancava solo la barca per il mio giro del mondo: un sogno che coltivavo fin da giovane, oserei dire da quando facevo l’Istituto Nautico a Venezia. Quando nel 69/70 terminavo un imbarco e sbarcavo a Genova, chiedevo sempre al mio amico Gianfranco, Capitano pure lui, che mi trovasse una barca a vela da affittare in Liguria, ma la risposta era sempre la stessa: le barche sono di gente ricca e non le affittano, d’altronde non esisteva ancora il charter, e un 42 piedi era già una barca da sogno.
Pensate che nel 1992 quando mi ero innamorato di un Solaris two ed ero andato da Serigi per capire se avessi potuto permettermelo, ho scoperto che senza allestimento non bastava mezzo miliardo di lire. Quando nel 2001 ero pronto per girare l’angolo e cercare la barca per partire, ne avevo individuate un paio: mi sarebbe piaciuto uno scafo in alluminio e il Cigale di Alubat mi piaceva, come pure il Passoa di Garcia, deriveur integral, sempre in alluminio, oppure il Supermaramu di Amel in vetroresina. A Port Napoleon nel golfo del Leone avevo trovato un bel Cigale, ma come spesso capita l’indecisione non aiuta a concludere, e non ho preso né questo né un Passoa  che avevo trovato. Così, pur di non stare a casa, sono partito con i navigatori che già stavano girando il mondo, e con una cadenza di 6 mesi in 6 mesi me lo son fatto quasi tutto. Alle Tuamotu ho potuto riscontrare che effettivamente le barche più adatte per quel progetto erano quelle che avevo individuato e, fra queste, mi ha colpito il Cigale 16 di una coppia che navigava da quelle parti, ZoomaX.

Io ero imbarcato su Refola, un Supermaramu, ed abbiamo trascorso un mesetto navigando di conserva con gli armatori del Cigale, Anna e Paolo. La barca era superba, portata con perizia, e non smettevo di coccolarmela con gli occhi.  Quando arrivavamo davanti alla pass di un atollo, ZoomaX era sempre davanti a noi, manovrava con eleganza, e dietro a lui seguivamo noi ed una barca di tre ragazzi appena diplomati al Nautico di Barcellona che, con un Bavaria 36, stavano facendo il giro del mondo come premio per la promozione. È da allora che seguo con interesse ed ammirazione la navigazione di questa coppia. Speravo di rivederli in Mediterraneo, sapevo che giravano in Egeo, poi al loro rientro in Italia ci siamo “mancati” a Marina di Ragusa, dove anch’io ho trascorso un inverno. Sul loro blog ho visto che nel 2018 sono ripartiti con un obiettivo invidiabile: un secondo giro del mondo ma toccando la Patagonia e l’Alaska…. Che invidia, che ammirazione, che bravi.

Quando ho iniziato a gestire il sito di Antonio, Rotte di Tutto il Mondo, ho pensato che Anna e Paolo sarebbero stati due testimonial preziosi per quanti desiderano leggere, fare, o sognare un giro del mondo, così mi sono messo in contatto con loro; a dir la verità li ho rincorsi fin nell’emisfero sud. Mi hanno inviato un articolo veramente prezioso, potrebbe essere un manualetto, un bignamino tascabile, per chi vuole prepararsi per un giro del mondo in coppia. Leggetelo con attenzione, gustatelo come un cioccolatino e fatene buon uso se state sognando. Adesso ve li presento e se volete avere un’idea delle tappe che hanno “toccato” in questi 10 anni di navigazione collegatevi al sito  https://sy-zoomax.blogspot.com/ , rimarrete a bocca aperta. Troverete inoltre le coordinate delle loro traversate e di tutti gli ancoraggi su https://www.youposition.it/it/map/3445/andare-per-mare-per-conoscere-la-terra.aspx

I PAZ, Paolo, Anna e ZoomaX, un trio che da oltre 10 anni gira il mondo.

Nuotatore agonista, subacqueo e marinaio da sempre Paolo, viaggiatrice e appassionata del mare a 360° Anna. ZoomaX è un Cigale 16 del cantiere Alubat, il numero 1 della nuova serie firmata da Marc Lombard, varato nel 2011.

Partiti nel 2012 hanno compiuto un primo giro del mondo in tre anni. Nel 2016-2017 si sono fermati in Mediterraneo e hanno preparato la barca per una nuova partenza. Destinazione Oceano Pacifico, passando per la Patagonia e la Terra del Fuoco. Oggi si trovano in Nuova Zelanda, in partenza per la Polinesia Francese, per poi tornare nell’emisfero nord e raggiungere l’Alaska.

L’Intervista

Siamo partiti dalla tua prima domanda, e poi abbiamo divagato. Il filo che ci ha guidati è stato quello di focalizzare la narrazione sulla vita in barca in coppia, e su come sia evoluta con il passare del tempo. È cambiato il nostro modo di navigare. Si sono definiti dei ruoli/compiti a bordo. Anche quello che cerchiamo nel nostro viaggiare non è più lo stesso di quando siamo partiti. Quando ci confrontiamo con altri navigatori, le dinamiche a bordo sono sempre un argomento di grande confronto, ricco di spunti. Crediamo quindi possa essere di interesse per chi si accinge a fare la scelta di partire.

Chi sono oggi Paolo e Anna?
Siamo una coppia che, dopo dieci anni in giro per il mondo in barca, ha ancora voglia di condividere questa vita simbiotica. Dopo aver percorso oltre 65.000 miglia assaporiamo ancora ogni giorno di navigazione (beh, non proprio tutti tutti) e continuiamo a porci nuovi obiettivi e nuove destinazioni da esplorare. Il modo in cui affrontiamo la vita per mare è però cambiato con il tempo, e non sempre come lo avremmo immaginato.

Cominciamo dalla navigazione.
Quando siamo partiti pensavamo che con l’esperienza l’avremmo affrontata con sempre maggiore disinvoltura e sicurezza. In parte è stato così, abbiamo imparato a conoscere bene la barca, le sue prerogative, i suoi limiti, e a portarla quindi nel migliore dei modi in base alle diverse condizioni di mare e di vento. Abbiamo però anche capito che la navigazione a due richiede una buona dose di energie, soprattutto nelle tratte lunghe.  Le traversate oceaniche durano settimane, la nostra barca è performante, ma farla correre richiede costante attenzione e forza fisica. È fondamentale preservare le energie perché la stanchezza è la peggior consigliera e uno dei maggiori pericoli a bordo. Nelle situazioni difficili, in caso di maltempo o di incidente, la lucidità con cui si prendono le decisioni è spesso determinante per la sicurezza dell’equipaggio e della barca. Ed è così che oggi impostiamo le lunghe navigazioni partendo dal comfort e dalla vivibilità a bordo, scegliendo rotte sulla base delle condizioni meteo più favorevoli anche a scapito della distanza. Al tramonto riduciamo sempre vela, e inseriamo il pilota automatico sul vento, in modo che la barca assecondi eventuali cambi improvvisi di direzione o di intensità.

Abbiamo anche imparato che le traversate non sono solo un trasferimento da un punto ad un altro, ma sono parte integrante della vita di bordo ed una fonte straordinaria di apprendimento e di arricchimento personale. La prima volta che ci siamo trovati in mezzo ad un oceano abbiamo provato sensazioni sconosciute fino a quel momento, sensazioni a cui non ci si abitua, nel bene e nel male. Il pensiero della profondità del mare sotto di noi, del cielo infinito che ci sovrasta, della terra così lontana da un lato costituisce l’apoteosi del senso di libertà ed il perfetto connubio con la natura, dall’altro ci pone di fronte alla consapevolezza di essere soli, di poter contare solo su noi stessi.

Le notti rappresentano un altro momento in cui le sensazioni vengono amplificate. Al buio le paure si accentuano. Quante volte ci è capitato di trovare disagevole la navigazione notturna in condizioni che di giorno sembravano accettabili. Eppure, nella maggior parte dei casi basta captare un filo di luce che permette di vedere il profilo della barca, delle onde, del cielo, e ci sembra subito che non ci sia più nulla da temere.

Un’immersione così profonda nella natura scatena reazioni spesso avverse: un senso di connubio, ma anche di timore, ci sentiamo parte di essa ma siamo talmente piccoli nei suoi confronti da sentirci sovrastati. Questa dualità ha avuto un ruolo nell’evoluzione del nostro approccio alla navigazione, e forse anche alla vita in generale: siamo diventati più fatalisti, ma anche più consapevoli dei limiti a cui vogliamo attenerci.

La relazione di coppia è una delle sfide più impegnative della vita in barca.
Vivere insieme 24 ore su 24 in uno spazio ristretto, è sicuramente una buona prova di resistenza. Nel nostro caso non è sempre un idillio, spesso discutiamo, talvolta litighiamo, ma il desiderio, da parte di entrambi, di non essere in nessun altro luogo se non qui, insieme, è di stimolo a risolvere le questioni e ritrovare al più presto l’armonia.

L’aver cominciato questo progetto insieme fin dal principio ci ha portato a fare un percorso di apprendimento comune. Ma nella costruzione del nostro bagaglio di esperienza e nel processo decisionale sono state le differenze caratteriali di ciascuno di noi, i diversi modi di affrontare le situazioni, ad aver costituito il vero valore aggiunto, e ancora oggi hanno un ruolo fondamentale.

Io, Paolo, sono cauto, sospettoso, attendista, osservatore, a volte mi perdo nei dettagli delle cose e propendo a coglierne il lato negativo, tendo a dire no prima di dire si. Io, Anna, sono impaziente, concreta, analista, fiduciosa, decisionista, tendo a dire di si prima di dire di no. Senza la sintesi di queste differenze, non sempre facile da ottenere, avremmo sicuramente perso tante buone occasioni, ma ci saremmo anche cacciati in molti guai.

Questo ci porta ad affrontare un altro tema, che riguarda l’organizzazione della vita a bordo. Come ci si suddivide i compiti, i ruoli, le responsabilità, all’interno di una coppia che vive e viaggia in barca? Esistono formule di successo?

Probabilmente se raccogliessimo 10 storie, sarebbero 10 storie diverse, proprio per questo è un tema interessante, ricco di spunti.

Per arrivare a descrivere come funzionano le cose a bordo di ZoomaX, dobbiamo prima fare un passo indietro. Quando siamo partiti nel 2012, pur avendo un buon numero di miglia alle spalle, non avevamo mai attraversato un oceano. La nostra esperienza si limitava a vacanze su barche di famiglia, di amici o a noleggio.

Io, Paolo, andavo in barca fin da bambino ed ho fatto lo skipper in diverse occasioni. Ma quello che si è dimostrato fondamentale su ZoomaX è stata soprattutto la mia capacità di saper aggiustare quasi tutto! Le barche, si sa, ne hanno sempre una, ed i guasti possono riguardare gli ambiti più svariati: l’attrezzatura di coperta, la meccanica, l’idraulica, l’elettricità, l’elettronica, etc. Non si può pensare di navigare in aree remote del mondo se non si è in grado di cavarsela.

Io, Anna, fin da quando ho iniziato ad andare in barca a 20 anni, ho sempre partecipato attivamente alla navigazione. Ma anche nel mio caso sono state le competenze, in ambito logistico-organizzativo a rivelarsi determinanti, sia in fase progettuale, sia nella vita quotidiana. Girare il mondo in barca richiede un’attenta pianificazione, ma anche una grande flessibilità, negli ambiti più disparati: dalla meteorologia, alla burocrazia, dalla navigazione, alla logistica, etc.

Con questa premessa vogliamo sottolineare che si, è necessario saper andare in barca prima di partire per un giro del mondo, ma non è sufficiente. Sono tante le competenze non strettamente legate alla navigazione che fanno la differenza sulla qualità della vita a bordo, che risolvono situazioni critiche o che danno valore aggiunto al viaggio.

Tornando ai compiti, ruoli e responsabilità, all’inizio tendevamo a fare tutto insieme per imparare a conoscere la barca e abituarci alla vita di bordo, ma con il passare del tempo, le competenze e le predilezioni personali hanno contribuito a delineare dei ruoli per ciascuno di noi.

Pur essendo il comando sempre stato nelle mani di Paolo, abbiamo voluto mantenere saldi tre princìpi:

  1. Entrambi dobbiamo saper portare la barca e gestire le procedure di emergenza in autonomia, nella malaugurata ipotesi di un malore o un incidente ad uno dei due.
  2. Tutte le decisioni vengono prese insieme
  3. In navigazione, durante i turni di guardia, non si esce dal pozzetto da soli. Se è necessario manovrare si chiama chi è di riposo.

Per quanto riguarda la suddivisione dei compiti e delle responsabilità, il processo è stato naturale. Se le inclinazioni personali hanno avuto un ruolo nel far si che ciascuno di noi tendesse ad assumersi un compito piuttosto che un altro, ci siamo resi conto che in alcuni casi è anche più pratico e funzionale se il referente è uno solo. Un classico esempio è la cambusa. Nel nostro caso è Anna a fare la spesa, a stivarla in barca, e ad avere chiaro l’ordine con cui i prodotti vanno consumati, sulla base dello stato di conservazione, delle scadenze etc. Abbiamo pensato di tenere un inventario della cambusa, ma è risultato talmente dinamico da diventare ingestibile.

Nel corso del tempo tutte le attività di bordo hanno trovato un titolare, ad eccezione della pianificazione della navigazione che facciamo sempre insieme.

Ciò non significa che l’altro/a sia esentato, ma tende ad avere un ruolo di riserva.

Proviamo a fare una mappatura:

Ruoli/Compiti Paolo Anna
Navigazione
Routing
Meteorologia
Controllo attrezzature
Procedure di emergenza
Cucina:
Cambusa acquisti/organizzazione
Chef
Lavapiatti
Barca:
Stock ricambi
Manutenzione attrezzature di coperta
Manutenzione acciai / legni
Manutenzione impianti
Manutenzione motori
Riparazione vele
Manutenzione straordinaria / refit
Comunicazioni di bordo:
Comunicazioni autorità/fornitori/NET
Diario di bordo
Blog
Contabilità
Altro:
Lavanderia
Pulizie

Programma di viaggio, come è evoluto nel tempo?

Quando siamo partiti l’obiettivo era di compiere il giro del mondo sulla rotta degli alisei in 3-4 anni. Eravamo attratti, come la maggior parte di coloro che mettono la prua fuori da Gibilterra, dalla navigazione con i venti portanti, dalle innumerevoli isole che si incontrano a latitudini tropicali, con le loro acque turchesi e le temperature miti tutto l’anno.

Immaginavamo, soprattutto in Pacifico, di trascorrere la maggior parte del tempo sperduti tra isole deserte e ancoraggi solitari, senza grandi opportunità di socializzazione.

La realtà si è rivelata ben diversa. Fin dalle Canarie abbiamo conosciuto gli equipaggi di decine di barche che condividevano il nostro programma di viaggio: famiglie con bambini, navigatori solitari, gruppi di amici, coppie di tutte le età. Partivano per il giro del mondo con le barche più disparate, dalle barche di serie ai one-off di gran lusso, dai mini-transat senza wc e frigorifero alle barche fatte in casa. In Pacifico il gruppo che ha passato il canale di Panama nello stesso periodo si è abbastanza compattato, abbiamo fatto più o meno lo stesso tragitto. Con alcuni sono nate delle amicizie importanti, amicizie per la vita.  Abbiamo vissuto esperienze uniche ed emozioni intense, condiviso momenti difficili.

Arrivando nella parte più occidentale del Pacifico, ci è venuta sempre più voglia di uscire dai percorsi tradizionali ed andare a scoprire ‘angoli’ più remoti, ci siamo addentrati in realtà che abbiamo osservato con occhi pieni di stupore, di curiosità, di ammirazione verso cose nuove e sconosciute. Così è stato alle Vanuatu, In Papua Nuova Guinea, un po’ meno nel sud-est asiatico, di nuovo molto forte alle Maldive, e poi su per il Mar Rosso, in Eritrea e Sudan. Abbiamo cominciato ad imparare a entrare in contatto con le popolazioni locali, comprendere il loro modo di vivere. Ci siamo resi conto che sono gli incontri con le persone quelli che, con il passare del tempo, sono destinati a rimanere impressi nella memoria.

È proprio vero che ‘la fame vien mangiando’, ed è così che appena rientrati in Mediterraneo abbiamo cominciato a pianificare una nuova partenza. L’obiettivo questa volta non era di rifare il giro del mondo, ma di tornare in Pacifico, per andare nei tanti posti che ci eravamo persi la prima volta e ritornare in quelli in cui avevamo lasciato il cuore. Per questo secondo viaggio abbiamo anche preso la decisione di uscire dalla ‘comfort zone’ e ampliare i nostri orizzonti anche al di là delle latitudini tropicali. Lo abbiamo fatto subito, in Atlantico, facendo rotta verso il Sud America, Brasile, Argentina, Cile.  

Non avremmo mai potuto immaginare che un ambiente così duro, inospitale come la Patagonia e la Terra del Fuoco avrebbe potuto essere tanto gratificante, trasmettere emozioni così intense ed indimenticabili.  È una terra di contrasti: un labirinto di canali spazzati da un vento infernale con centinaia di calette dove regna la calma più assoluta, Il bianco accecante del ghiaccio che si riflette nell’acqua scura del mare, la ricchezza della fauna dove la presenza umana è quasi inesistente. E poi arrivare con la propria barca fino sotto i ghiacciai perenni, è un’esperienza che ha dell’incredibile.

Anche in questa occasione la consapevolezza dei rischi di una tale avventura ci avrebbe potuto dissuadere dall’affrontarla, mentre la leggerezza nell’intraprenderla avrebbe potuto costarci cara.  Abbiamo invece organizzato il viaggio in modo da consentirci di apprendere in itinere riducendo il più possibile i rischi. Il primo ormeggio tra le rocce a Isla de Los Estados è stato un vero banco di prova, con violenti venti catabatici e l’ancora che arava nel kelp, ma abbiamo gestito la situazione grazie al fatto di essere in quattro a bordo, con due cari amici, esperti navigatori.

Ci sono situazioni in cui DEVE essere buona la prima, non si può sbagliare, e quindi vanno prese tutte le precauzioni possibili anche se ridondanti. Solo dopo entra in gioco la fortuna.

Paolo

Il mio rapporto con l’acqua è cominciato molto presto. I miei genitori fin da bambino mi hanno fatto frequentare la piscina dove ho imparato a nuotare fino a diventare agonista. Il mare era luogo dove loro si riconciliavano con la vita ed io non ho mancato di assimilare e quindi di ricercare questo stato. Mia madre propensa allo stare in acqua, a nuotare con la maschera per osservare il mondo sottomarino. Mio padre a navigare a vela, a pescare alla traina.   Di mio ho aggiunto la subacquea che mi ha portato a contatto con le creature più affascinanti e temute di questo mondo.
Fin da ragazzino ho cominciato a navigare con mio padre sul mitico Arpege di Dufour per poi passare al meraviglioso Swan 44. Quest’ultimo per poco purtroppo, a causa della precoce dipartita di mio padre. A quell’epoca fantasticavo una vita da skipper a girovagare per il mediterraneo. La mia giovane età e la realtà ci ha messo di fronte alla necessità di vendere la barca. Da ragazzo, comunque, avevo preso l’abitudine di affittare barche con amici per veleggiare in mediterraneo nel periodo estivo. Durante una vacanza subacquea ho conosciuto Anna e grazie alle nostre comuni passioni e sogni ho incominciato ad accarezzare la possibilità di cambiare in modo sostanziale la nostra maniera di vivere. In barca in Australia con amici, l’incontro con un Amel Supermaramu battente bandiera italiana scatena forti emozioni sia ad Anna che a me. “Anche noi” ci diciamo appena incrociamo i nostri sguardi. È l’estate del 2009, io ho concluso da poco più di due anni un importante capitolo della mia vita lavorativa da imprenditore, il tempo non mi manca. Tornati a casa condividiamo le nostre idee sull’ideale di barca per fare questa vita. Ahi ahi, le posizioni divergono parecchio…Anna propensa ad una barca solida e “inaffondabile”, io ad una veloce e divertente. La conclusione ci vede convergere verso l’alluminio, materiale in grado di, più o meno, coniugare questi due desiderata. Al Nautic de Paris prendiamo appuntamento con i più conosciuti cantieri del settore ed a gennaio li visitiamo tutti. A maggio del 2010 firmiamo con Alubat per la realizzazione del primo esemplare di Cigale 16 della nuova serie Lombard. Seguono sei mesi eccitanti, durante i quali ci rechiamo ben undici volte in cantiere per seguire la costruzione e prendere decisioni tecniche e realizzative. A dicembre ZoomaX fa il suo primo viaggio…in autotreno per raggiungere Le Nautic de Paris dove verrà esposta come novità.

 A marzo, dopo aver terminato gli ultimi lavori, si va in acqua per i collaudi. Resterò un mese in cantiere a seguire la messa a punto finale.

Anna

Sono nata in una famiglia che mi ha senza dubbio trasmesso la passione per il viaggio e l’avventura; non è invece da li che proviene l’amore per il mare. I miei genitori hanno sempre preferito l’altitudine, sono stati ottimi alpinisti, sciatori, camminatori; l’acqua non è mai stata il loro elemento.
È durante la mia prima vacanza in barca, a vent’anni con degli amici, che scopro il piacere di navigare, di nuotare in mare, di dormire in rada. È un’infatuazione che con il tempo diventa interesse, poi passione e infine amore a 360°.

Non è tanto l’aspetto competitivo ad attrarmi quanto lo stile di vita del viaggiare in barca, la sua essenzialità, le continue sorprese che riserva, la disciplina richiesta, il non finire mai di imparare, la libertà che offre e poi la meravigliosa sensazione di veleggiare diventa una specie di droga.
Faccio qualche corso di vela, organizzo vacanze in barca, leggo libri.

Quest’ultimo elemento può sembrare superfluo, ma diventa determinante nel processo di costruzione di un sogno e nella sua elaborazione in progetto concreto.

 Ce n’è uno in particolare che fa scattare la scintilla, è Alacaluf, di Alain e Françoise Carron.
Intanto mi appassiono anche alla subacquea. La vita sottomarina mi affascina, e man mano che divento più esperta anche le sensazioni che provo sott’acqua, l’assenza di peso, il silenzio, la respirazione lenta e anche qui, la disciplina richiesta; è così che la subacquea diventa la seconda forma di dipendenza che mi lega al mare!

Ma nella vita bisogna anche mangiare quindi, mentre nel tempo libero approfondisco le mie passioni, in settimana lavoro in DHL, ed è questa azienda ad offrirmi la possibilità di costruirmi una professionalità, fatta di competenze, asticelle sempre più alte da superare, relazioni da coltivare e, ancora, disciplina di rispettare.

Il lavoro mi piace, diverte, coinvolge, stimola, gratifica.

Mentre la carriera occupa uno spazio sempre più grande ed importante nella mia vita entra in gioco Paolo. Ci conosciamo in vacanza, durante una crociera subacquea in Sudan. Lo osservo in immersione e mi piace come si muove, come interagisce con la fauna marina, come osserva i dettagli, come gestisce le difficoltà. Mi innamoro di lui, sott’acqua, prima ancora di conoscerlo! Al ritorno cominciamo a frequentarci e nel primo weekend che passiamo insieme, partiamo in moto ma finiamo per affittare una barca.

E da qui iniziamo a costruire un sogno comune, fare il giro del mondo in barca a vela.
Il passo più difficile è trasformare un desiderio in un progetto realizzabile.  Il 2009 è  l’anno decisivo. Durante una vacanza in Australia con degli amici affittiamo una barca alle Whitsundays. In navigazione incrociamo una barca battente bandiera italiana, salutiamo l’equipaggio, facciamo loro i complimenti, ci emozioniamo, Paolo ed io ci guardiamo e ci diciamo: anche noi, ma non quando saremo vecchi, adesso!

Ed è questo piccolo evento a dare una svolta alla nostra vita.

Al ritorno a casa diamo il via alla fase operativa del progetto. Tra la scelta della barca, la costruzione, il collaudo e la preparazione passano tre anni. La parte più emotivamente difficile è il distacco dagli affetti familiari, l’abbandono di un lavoro che si ama, la lontananza dagli amici più stretti, ma la motivazione è grande, quindi chiudiamo la porta di casa, saliamo a bordo e molliamo gli ormeggi.