ATTENZIONE ALLE BANDIERE COMODE
In questi ultimi anni la caccia alla bandiera nautica che non crea problemi ai proprietari di barche da diporto (obiettivamente, poco previdenti) si è fatta più che serrata. È il fenomeno dell’outflagging o, meglio, della fuga verso i registri di convenienza, che ha investito, negli ultimi anni, in maniera rilevante il mondo del diporto.
Oltre ai grandi yacht, ai mezzi di grande cabotaggio, coinvolge anche unità di più modeste dimensioni, senza equipaggio a libro paga, esenti da qualsiasi “complicanza” di gestione.
Vediamo di fare, per quanto ci è possibile, il punto della situazione sulle “proposte” attualmente più gettonate del mercato delle immatricolazioni.
Intanto, è importante una breve premessa: per «nazionalità» di una nave deve intendersi “un criterio di collegamento che si stabilisce con l’ordinamento giuridico dello Stato e che comporta la soggezione della nave alla sovranità dello Stato medesimo”. Ciò è sancito in primis dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS – Montago Bay).
Requisito essenziale per l’immatricolazione è il cosiddetto «genuine link» (legame sostanziale) tra lo Stato e la nave e che lo Stato eserciti un reale potere di controllo su di essa.
In contrasto con questo principio, alcuni Stati concedono facilmente la propria bandiera, laddove altre nazioni possiedono regole più ferree e vincolanti, a prescindere da qualsiasi controllo sulla proprietà, sulle condizioni di sicurezza e navigabilità e sulla qualificazione professionale dell’equipaggio: è il fenomeno delle cosiddette «bandiere ombra o di convenienza», spesso utilizzate per godere di un regime fiscale di favore, pur compromettendo pesantemente la sicurezza e le condizioni di lavoro a bordo.
DELAWARE
Il Delaware, Paradiso dell’anonimato (e Paradiso fiscale), Stato confederato USA, è sempre stato per la nautica internazionale un’ottima soluzione di bandiera. Una proposta di prima scelta, diffusa soprattutto nel settore del “luxury yacht” e tra le Società di gestione charter. Una classica “bandiera ombra” nel cuore di una superpotenza mondiale che, per paradosso, si pone ufficialmente contro gli illeciti internazionali!
Inoltre, anche per quanto riguarda il diporto “minore”, la bandiera è entrata nel gamma delle opzioni possibili di iscrizione, soprattutto per quelle barche “non autoctone” cacciate recentemente dai Registri del Belgio e dell’Olanda.
Però, ora la pacchia è finita. E il Delaware è entrato nel mirino dell’Amministrazione americana, decisa a ristabilire la “legalità”. Anche se gli USA non hanno aderito alla Convenzione UNCLOS, la questione del «genuine link», come detto prima, del legame sostanziale dello Stato alla nave, è stata “recuperata” dalla normativa federale (Titolo 33 Codice dei Regolamenti Federali § 173.3) e applicata senza indugi allo Stato dell’East Coast.
In sintesi, se un’unità da diporto o commerciale non viene utilizzata maggiormente nelle acque dello Stato confederato durante un anno, l’immatricolazione decade immediatamente.
Tra l’altro, così ha affermato William. V. Burgess, dirigente della Guardia Costa USA “se la nave non sarà utilizzata nello Stato di emissione entro l’anno civile, tale nave non può essere immatricolata/numerata da tale Stato e se una nave richiede un numero/immatricolazione statale sapendo che non sarà utilizzata nelle acque dello Stato, tale richiesta è fraudolenta”.
E quali sono le conseguenze per le unità iscritte nel Delaware? “Una volta che l’unità illegale viene scoperta – così continua Burgess – verrà ritirata dallo Stato del Delaware lasciando la nave apolide e soggetta alle azioni di qualsiasi governo straniero”.
Conclude Burgess “non è mai stato legale per nessuna nave essere registrata/numerata da uno Stato degli Stati Uniti se la nave non opera principalmente nelle acque di quello Stato. Di conseguenza, gli Stati e la Guardia costiera degli Stati Uniti hanno intrapreso uno sforzo di applicazione per ridurre queste situazioni illegali”.
Appare evidente che il quadro sia molto “imbarazzante” per quegli armatori di unità da diporto con bandiera Delaware che sono dichiarate illegali dallo Stato di appartenenza ed ipso facto private della nazionalità.
Quindi, sottolineiamo, a differenza di quanto viene da più parti pubblicizzato, soprattutto al riguardo della semplificazione burocratica della bandiera, che l’iscrizione nel Delaware è illegale se non si trascorrono i richiesti periodi di navigazione nelle acque di questo Stato.
POLONIA
Non è bastato il pesante disagio causato recentemente dalla bandiera belga e quella olandese alle numerose barche da diporto “estere”, molte delle quali di provenienza italiana, che nel giro di poco tempo sono state obbligate a cancellarsi da tali registri (verso cui erano state attirate dallesolite lusinghe di anonimato, burocrazia azzerata e costi ridotti), che subito è entrato in campo un nuovo soggetto: si tratta del registro Polacco, destinato, con ogni probabilità, a ripercorrere gli stessi deleteri esiti dei registri di Belgio e Olanda.
La questione è sempre la stessa: riguarda la particolare disponibilità dello Stato a richiedere requisiti elastici ai fini del rilascio della propria immatricolazione, tali da classificare, oggettivamente, la bandiera come “bandiera di comodo o di convenienza”.
Infatti, nel caso della Polonia, paese UE, non convince la sua conformità alla convenzione UNCLOS, cui ha aderito. Vale a dire il rispetto dei requisiti ai fini dell’iscrizione del naviglio nei propri registri che dovrebbero prevedere, come già visto, un reale legame sostanziale tra lo Stato di bandiera e la nave, cioè il “genuine link” e l’effettivo controllo da parte dello Stato sulla nave stessa.
Invece, l’iscrizione delle unità da diporto nel Polish Register avviene con estrema semplicità e non sembra – a detta di chi ha optato per questa bandiera – sia eseguita una corretta verifica documentale della proprietà, dei documenti di marcatura CE o di navigazione (basta scansionarli ed inviarli via email ordinaria al Registro) e, per le unità usate, dei documenti di dismissione di bandiera del registro originario. Nessun controllo né amministrativo né tecnico di sicurezza viene svolto per tutta la vita polacca della barca.
Per molti nostri diportisti, senz’altro poco avvezzi al ragionamento, è il “bengodi”. Nella realtà questo scenario è invece preoccupante e nemmeno si conosce il grado di “protezione” internazionale della bandiera, flag protection, nei confronti delle unità di proprietà non polacca.
LE ALTRE BANDIERE OMBRA
Per finire, va detto che gli interessi diportistici si orientano anche verso altre bandiere facili, quelle dell’orbita britannica (le c.d. red ensign), ad un esempio, legate ai più noti paradisi fiscali sparsi nel mondo, come British Virgin Islands, Isole del Canale, Gibilterra, Bermuda.
Le più consistenti preferenze sono per Cayman (20,1%), le isole Marshall (9,8%), Malta (7,9%).
Il primo registro per quantità di navi è invece quello di Panama, con ottomila imbarcazioni.
Non sono assolutamente poche le nazioni FoC – Flag of Convenience, (bandiera di convenienza) a disposizione nel mercato nautico/navale internazionale.
L’ITF, International Transport Workers’ Federation, riconosciuta come la principale autorità di trasporto mondiale, aggiorna costantemente una lista composta dalle nazioni che utilizzano le proprie bandiere a questo scopo. Sono state dichiarate “FOC” (Flag Of Convenience):
Antigua e Barbuda, Curaçao (Paesi Bassi), Sint Maarten (Paesi Bassi), Bahamas, Barbados, Belize, Bermuda (Regno Unito), Birmania, Bolivia, Cambogia, Cipro, Comore, Corea del Nord French, International Ship, Register (Francia) Georgia, German, International Ship, Register (Germania), Giamaica, Gibilterra (Regno Unito), Guinea Equatoriale, Honduras, Isole Cayman (Regno Unito), Isole Marshal,l Libano, Liberia, Malta, Mauritius, Mongolia, Panamá, São Tomé e Príncipe Saint Vincent e Grenadine, Sri Lank,a Tonga, Vanuatu.
LE BANDIERE “GENUINE LINKS”
LA BANDIERA ITALIANA
La tanto vituperata bandiera italiana è da sempre tra quelle che, invece, godono del maggior credito a livello mondiale.
La legislazione sia in ambito mercantile sia in quello del diporto è molto attenta e rispettosa delle normative internazionali, anche se caratterizzata da un oggettivo eccesso di burocrazia.
Tuttavia, nel settore diporto, con l’introduzione del SISTE, il Sistema Telematico centrale della nautica da diporto, le cose stanno notevolmente migliorando: la gestione informatizzata del registro ha comportato una decisiva modernizzazione della struttura e velocizzazione del disbrigo delle pratiche nautiche, elaborate digitalmente.
Sul piano fiscale l’Italia non può certamente competere con i registri di “comodo”.
Dando un’occhiata a taluni numeri ci si rende conto di quanto la proposta della bandiera tricolore sia debole: il nostro Paese produce il 32% delle barche di tutto il mondo, ma sotto la sua bandiera si registra solo il 2% della flotta diporto. Nella fascia degli yacht tra i 30 e i 50 metri di lunghezza, di cui siamo produttori del 54% del totale, la bandiera italiana interessa percentuali ancora più esigue.
Pur mantenendosi lungo il solco delle disposizioni internazionali, l’Amministrazione sta cercando di correre ai ripari: ad esempio, per le navi da diporto che trasportano fino a 36 passeggeri (escluso l’equipaggio) in attività di noleggio, entrerà a breve in vigore il nuovo Passenger Yacht Code italiano, che ha lo scopo di razionalizzare i requisiti e gli standard di navigabilità rispetto alle convenzioni Solas, Tonnage, STCW, Marpol, ecc., assicurando equivalenze ed esenzioni, laddove l’applicazione delle previsioni delle convenzioni alle unità da diporto non è ragionevole o tecnicamente praticabile.
Ottimo anche il c.d. “swich”, cioè l’uso promiscuo dello yacht, come diporto puro o come noleggio “occasionale”, a tassazione agevolata (20% – per 42 giorni).
LA BANDIERA DI SAN MARINO
Si tratta di una quasi “new entry” nel panorama diportistico internazionale, nel senso che il registro nautico della Repubblica di San Marino, già istituito nel 2005, è stato radicalmente modificato nel 2019 ed è entrato pienamente in vigore ad inizio estate di quest’anno.
Il Registro si compone ora di due sezioni: quella del diporto, in cui sono iscritte imbarcazioni e navi (vige quasi la medesima classificazione delle unità da diporto italiane); e quello per le navi mercantili, di qualsiasi tipologia e stazza.
La Repubblica del Titano ha aderito a tutte le convenzioni internazionali che riguardano la navigazione marittima, pertanto è perfettamente in regola per promuovere l’iscrizione di unità in navigazione internazionale.
Sotto il profilo del “genuine link” San Marino risponde in pieno alle disposizioni internazionali e soprattutto alla UNCLOS. Lo Stato, attraverso la sua “amministrazione marittima”, conduce un controllo costante sulle proprie unità iscritte, prevedendo non solo le necessarie verifiche amministrative sulla proprietà dello yacht/nave, ma anche la pubblicità navale (trascrizioni della proprietà, ipoteche, ecc.).
Gli yacht, come le navi, sono sottoposti a visite ispettive di sicurezza, per il diporto con cadenza quinquennale. La normativa tecnica e amministrativa è di stampo anglosassone, quindi già di per sé agile e di facile interpretazione (tra l’altro la lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano; i documenti ufficiali sono anche in lingua inglese).
L’impronta “britannica” si evidenzia soprattutto nella richiesta delle dotazioni di sicurezza, lasciata molto ai criteri di buon senso marinaro del comandante. La presenza a bordo della zattera di salvataggio, ad esempio, è facoltativa per navigazione fino a 20 miglia di distanza dalla costa.
I vantaggi di questa bandiera sono soprattutto legati alla moderna e veloce gestione dell’unità iscritta. Sia il San Marino Ship Register, front office dell’Amministrazione, sia gli enti tecnici autorizzati dalla Repubblica per le visite di sicurezza (UDICER/NAUTITEST; RINA, DNV e il BV) assicurano un servizio costante, senza soluzioni di continuità, in grado di soddisfare qualsiasi richiesta nel giro di qualche ora.
L’alto livello d’attenzione, va detto, è anche assicurato dalle dimensioni attuali del Registro: è certo che i contatti sono diretti e non si viene sballottolati da un telefono all’altro per avere risposte su proprie necessità. La digitalizzazione completa delle funzioni gestionali rende ancora più facili i rapporti uffici/utenza.
Risultano buoni anche i supporti di “customer care”. Ad esempio, la società sammarinese Maritime Technical Body, la prima specializzata “marittimista” della Repubblica, offre servizi di consulenza, perizie, forniture equipaggi ed è autorizzata all’iscrizione “resident” (i non residenti nella Repubblica di San Marino possono iscrivere nel Registro le proprie imbarcazioni, purché eleggano domicilio presso soggetti autorizzati).
Infine, per quanto riguarda le spese d’iscrizione e mantenimento della bandiera, siamo su valori abbastanza concorrenziali. A ciò si aggiungono vantaggi fiscali e schemi di tassazione vantaggiosi, che possono essere valutati caso per caso.