Andiamo in Egeo 14: da Kiato a Paxos
Mercoledì 23 settembre
Marinai si nasce o si diventa?
Credo che fin da piccoli ognuno di noi abbia tenuto dei sogni nel cassetto, e fra questi anche fare il marinaio avrà occupato la fantasia di molti, catturati magari dai fumetti di Corto Maltese, o ascoltando le regate di Azzurra in Coppa America, o leggendo dei viaggi attorno al mondo di Moitessier, Dumas, Slocum , Chichester.
Nella vita poi……basta guardarci attorno, e pochi lo sono diventati.
Beh, il mio aspirante marinaio/aspirante skipper non lo sarà mai, e mi ha lasciato a Lavrio.
Non so se sia stata l’ultima news che avevo scritto sul marittimo a far scattare la molla, o se effettivamente marinai si nasce e non si diventa, sta di fatto che Dhavid mi ha lasciato a Kiato, ha pensato, maturato e deciso che è meglio fare l’operaio in acciaieria 8 ore al giorno, forse meno…, e poi essere libero, piuttosto che essere sempre a bordo, patire il mal di mare e dire sempre signorsì…
Non che con me quest’ultima fosse la regola, di fatto le regole le dettano il mare, il tempo e la barca, ma evidentemente navigare non fa per lui, tant’è che mi ha scritto che “ Sicuramente la patente andrà nel dimenticatoio, e spero che la navigazione faccia la stessa fine, fino al punto di ricordarmi più nulla”.
Peccato, perchè aveva una buona manualità e curiosità di imparare cose nuove, per questo avevo investito su di lui, perchè mi sarebbe piaciuto vederlo diventare uno skipper, con un percorso che avevamo programmato assieme: navigazione oceanica, corso a Glenans o Caprera, affiancamento con artigiani che operano nella cantieristica per tutte le operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria…
Sabato 24 settembre Itea
E così…… ho dovuto correre ai ripari, perchè il ritorno da Corfu con un solo tratto non può essere fatto in due persone sole: ho chiesto aiuto in lista ed agli amici, ed in poche ore ho risolto il problema. Saremo in quatto, arriveranno il 3 ottobre a Corfu, Lorenzo, Gigi ed Alessandro, tutti velisti ed armatori, collaudati, e sarà un piacere navigare con loro e conoscerci per riportare a casa il Sound of Silence.
Siamo pertanto ripartiti da Kiato in due (Franco mi ha raggiunto come da programma) dopo aver cambiato le vele, sostituendo lo Yankee con l’Olimpico, e rimettendo il gennaker/code zero, con destinazione Itea, per una ri-visita a Delfi.
Da Kiato ad Itea è un bordo unico di circa 30 miglia, e Eolo ci è stato subito favorevole, concedendoci un bel traverso con il gennaker. Mi mancava un po’ una navigazione rilassata, con questa grande vela che cattura il vento che poi la spinge , ascoltando il frangere del mare sotto la chiglia, e nel tardo pomeriggio il marina mai terminato di Itea ci ha ospitato. Come altri marina che ho “incontrato” in Greci, costruito con i fondi Europei, anche questo è rimasto un’opera incompiuta, senza acqua ne corrente, pur offrendo ospitalità con fondali fino a 5 metri ed un buon ridosso da quasi tutti i venti.
La notte ed il giorno seguente erano attesi nuvole e pioggia, che puntualmente sono arrivati, ma non ci hanno impedito di salire a Delfi, per visitate questo meraviglioso sito ed il museo. Immaginatevi la nostra sorpresa quando, alla biglietteria, sotto la pioggia, ci hanno detto che l’entrata era gratuita: questo capita una volta al mese, e la fortuna ci ha sorriso, concedendoci un bel regalino.
È sempre emozionante salire lungo la collina attraverso i resti di una civiltà che un po’ ci appartiene, tra i monumenti che ancora adesso ci riportano lontano nel tempo, con l’oracolo di Delfi, il tempio di Atena, il teatro, e lo stadio, e poi con la visita al museo dove sono conservati reperti archeologici dell’età micenea e del dominio greco e romano.
Però camminare stanca, avevamo il bus del ritorno verso le 16, e quindi quale miglior occasione per fiondarci dentro ad una rosticceria ed assaggiare un bel piatto di mussaka, alla faccia della dieta…., prima di scendere fra uliveti e vigneti che caratterizzano (oserei dire) tutta la Grecia.
E al riguardo quest’anno ho potuto bere quasi dappertutto dell’ottimo vino, ho trovato anche il rezina locale a Skiros e a Poros, vino che ormai non si incontra quasi più in terraferma se non “industriale”, e gli amici di Samos e del Peloponneso mi hanno procurato dell’olio extravergine di oliva con acidità sotto al 3% ….. che mi farà ricordare i gusti di questa bellissima terra durante l’inverno.
E dopo Itea una veleggiata verso Lepanto, tappa ormai obbligatoria nel golfo di Corinto: trovo sempre posto nel mandraccio, nella scalinata di destra di fronte al “portone”, dando ancora proprio
sull’entrata. Dopo una giornata di bordi, con un forte vento da Ovest, con trinchetta ed olimpico, con virate sotto costa per sfruttare fino in fondo il lato buono, e la falchetta quasi in acqua, sale dappertutto (un rammarico pensando che la barca era stata appena lavata e rilavata anche dalla pioggia) mi sento coccolato e rinfrancato dentro questo anfiteatro, come ho già avuto modo di citare nelle news dell’andata del 4 giugno. Con franco ci concediamo un Uzo, anzi due, seduti sulla “balconata” del porto, e poi a bordo diamo fondo al pesce spada che avevo congelato.
Non abbiamo fretta, nessuno ci rincorre, e mentre ceniamo annaffiando il pesce con una bottiglia di malvasia di S.Croce, cerchiamo di fare un programma senza pericoli: siamo solo in due, c’è sempre il rischio di una tramontana che soffi sul naso e ci renda difficile la risalita, le mete ipotizzate (Zante -Lefkada – Paxos – Corfu) distano parecchie miglia fra di loro, e capiamo che non vale la pena di fare tanta strada solo per…..stare in porto solo una sera, e a malincuore decidiamo che le tappe saranno Itaca, Lefka, Paxos e Corfu, anche se questo significa arrivare alla meta con un paio di giorni di anticipo.
Avrò in compenso tutto il tempo di pulire e preparare la barca dentro e fuori, in previsione dell’ultimo salto verso Monfalcone, di fare l’ultima spesa greca nel fornitissimo supermercato di Guvia, e magari di leggere un po’, hobby che non ho molto assecondato quest’estate.
Le previsioni sono molto chiare: ci troviamo proprio in mezzo a due fronti, alta e bassa pressione, ma con valori alti (19mb e 15mb), e quindi poco vento; solo nel pomeriggio se ne alzerà un po’, come quasi ogni giorno capita, anche se….non si sa mai.
Ergo….mal che vada , o ben che vada, grande trasferimento a motore
Mercoledi 28 Itaca
E così la mattina alle 7 ci lasciamo alle spalle anche Lepanto, ci aspettano 60 miglia, e con il sole che sorge alle spalle ci dirigiamo verso la seconda arcata del ponte di Patrasso. A tre miglia di distanza con il VHF chiamo il controllore del traffico, ma mi dice che sono troppo in anticipo; lo richiamo ad un miglio dal ponte, mi da il via libera dopo avermi chiesto le generalità della barca e la destinazione, e con il motore a 1800 giri e rotta 270°, pilota automatico, ci lasciamo il Peloponneso alle spalle. Passiamo davanti a Messolongi, dove molti amici italiani tengono la barca, in lontananza vediamo Zante e Cefalonia, e pigramente (noi, non la barca ah ah ah ) ci avviciniamo ad Itaca. Abbiamo sempre la lenza in acqua, ma quest’anno siamo sfortunati: ha abboccato solo un pesce, ma si è slamato subito, poi abbiamo perso due rapala, e se non ci fossero stati i pescatori e le pescherie non avremmo visto ne mangiato pesce. Speriamo che prima di arrivare a casa qualcosa succeda, MAS (memento audere semper), bisogna crederci!
Arriviamo nella baia di Itaca sotto raffiche catabatiche ad oltre 20 nodi, e per la posizione della baia interna facciamo tutte le andature: bolina da Sinistra, poi da dritta, infine al gran lasco, e finalmente dentro al porto ritroviamo calma piatta. Ormeggio alla solita banchina a Dx, fuori dal caos dei charter, all’inglese, e dopo aver assicurato la barca con parabordi, spring e traversini, ce ne andiamo a spasso per il paese. Anche qui ormai sono di casa, solito bar, solita panettieria dove oltre al buonissimo pane faccio scorta di biscotti, solito fruttivendolo, e trovo anche un buon macellaio che mi da un bel pezzo di agnello, che farò in casseruola, dopo un ammollo rigorosamente in frigo per 12 ore negli odori greci e vino bianco. È un piatto che ho ripreso a fare quest’anno, per non sentirmi dire…. sempre pesce, e devo dire che con la casseruola da 28, con le patate tagliate giuste, tre grossi spicchi di aglio ed una presa di piri-piri, viene un bel piatto.
Dietro a noi ormeggiano anche due Italiani, una bella coppietta che terrà la barca in movimento fino a tarda notte, poi davanti alla nostra barca si ferma una coppia di veneziani in macchina che sta prendendo confidenza con la Grecia ionica, in attesa di venirci via mare, e sulla banchina principale vediamo una fila lunga così di charter: siamo a fine settembre ma il turismo qui non è cessato, favorito anche da giornate soleggiate e poco vento. Non sono amante della Grecia Ionica, vengo solo di passaggio, preferisco il mare dell’Egeo, ma evidentemente la vicinanza delle isole alle sedi dei charter è garanzia di vacanze in sicurezza, e per un velista che viene dai paesi del Nord Europa è un elemento importante. Infatti, anche guardando i diversi equipaggi che caratterizzano le due “sponde” della Grecia (quella egea e quella ionica) sono frequentate rispettivamente da giovani e da meno giovani.
Giovedi 29 settembre – Lefka
….ed infatti la mattina seguente, avvicinandoci a Lefkada, conto ben 53 vele disseminate in uno specchio d’acqua di poche miglia: non riesco a pensare ad una vacanza in mezzo a questa “valanga” di barche e persone, all’inquinamento che producono, alla “lotta” che si crea verso sera per “catturare” un posto alla fonda o in banchina. Ricordavo che con Krianni, la mia Alpa34, venni in queste acque due anni di fila, nel 1991 e 1992, ma non c’era così tanto traffico, e non ricordo neppure tanto “rumoroso” charter.
Siamo in anticipo sulla tabella di marcia, e con Franco decidiamo di farci un bagno e mangiare una greck-salad con la feta fresca appena presa: faccio rotta verso la baia di Spartachori, che ricordavo nascosta in mezzo agli ulivi, e che mi aveva suggerito Angelo Preden 25anni fa; la ritrovo sede di due charter, con moli (fissi e galleggianti) e boe, e per fortuna il guardiano del pontile ci concede un ormeggio volante in rada, alla boa, giusto il tempo di rinfrescarci forse per l’ultima volta quest’anno. Poco a poco il pontile si riempie, arrivano i charteristi, e verso le 15 lasciamo gli ormeggi diretti con un unico bordo all’entrata del canale di Lefkada prima, e in banchina a Lefka poi. Da quando siamo entrati nello Jonio l’ancora ha smesso di fare le bizze, certamente anche perchè il fondale di fango favorisce la CQR, e anche stasera abbiamo un ancoraggio sicuro, che ci lascerà dormire tranquilli.
La mattina sveglia all’alba per prendere l’apertura del ponte delle 7: siamo in 4, ed in fila aspettiamo il semaforo: rosso per le macchine, verde per noi….. il sound of silence è in terza posizione, preferisco rimanere dietro ad una grossa barca a vela per avere un apripista davanti a me nel canale. Sono stato scottato già due volte, e non vorrei sorprese: una prima volta tre anni fa ho toccato una roccia sul fondo, perchè il canale non era segnato, ed una seconda quest’anno, all’andata, ho toccato il fondo perchè sul canale stavano dragando, il passaggio sul ponte a levatoio era troppo stretto ed il fondale appena sufficiente. Alle 7, con un po’ di ritardo, si apre l’ultima parte del ponte, ed uno alla volta passiamo. Il fondale è buono, davanti a me la barca che mi precede prosegue dritta, ho tre boe rosse a destra a tre metri, fondale 3,5 metri, ma all’improvviso sudo freddo: sento un colpo sotto la chiglia, vedo l’albero oscillare, gli stralli tendersi e rilassarsi, poi uno sfregamento, ed infine la barca prosegue, tranquilla. Guardo Franco che a prua guardava davanti, lui guarda me, rimaniamo interdetti: che è successo? Cosa abbiamo toccato? Eravamo in mezzo al canale, ci dovevano essere almeno 3 metri d’acqua, ed invece non era vero, non è più vero, non c’è più da fidarsi neppure…..dei fondali…..
Appena fuori fermo i motori, scendo in dinette, e controllo se per caso c’è traccia di acqua in sentina: non si sa mai, anche se i solaris sono barche solide, ma proprio solide….per fortuna la sentina è pulita, in corrispondenza degli attacchi della chiglia non c’è traccia di acqua, penso che la chiglia in piombo è più tenera della ghisa e mal che vada potrebbe essersi ammaccata, e rimando all’arrivo a Paxos una visita più approfondita all’esterno, sotto acqua, dove sarà più facile capire cosa sia successo.
E così, con l‘amaro in bocca, sentendomi incolpevolmente colpevole, mi rimetto in rotta, prima a motore, poi appena arriva un po’di vento al traverso apro il gennaker, e mi faccio portare da uno scirocchetto verso Paxos, alla baia di Mongonisi, dove ancoriamo senza particolari problemi nel primo pomeriggio. Scendo subito in acqua con la maschera, e dopo un paio di immersioni fino alla chiglia è chiaro ciò che è successo: 5 centimetri sopra il fondo della chiglia sembra che un pescecane abbia dato un morso, evidentemente la barca ha cozzato contro uno scoglio sul fondo, ma per fortuna non ci sono altri danni evidenti. L’attacco della chiglia non ha subito contraccolpi, e forse il danno sarà rimediabile con poca spesa, ed eventualmente c’è l’assicurazione…..
Anche Franco scende a vedere il danno, e risalendo mi chiede con un gesto di stizza e di impotenza se abbiamo incontrato uno squalo ….. poi ci facciamo una nuotata, che sarà per me , questa si, l’ultima della stagione. In rada non c’è ancora nessuno, possiamo leggere, farci una bella doccia, tanto non abbiamo problemi di acqua, poi un aperitivo, mentre pian piano cominciano ad arrivare le barche; a terra c’è anche qui una sede di barche da charter, e una alla volta le vediamo dare fondo, senza aspettare che l’ancora prenda (hanno le cime a terra a NE, in tutta sicurezza… forse) . Arrivano anche altre barche alla fonda, noi siamo ben piazzati, in mezzo alla baia, con 35 metri in un fondale di 8, sicché queste si piazzano attorno a noi, più o meno distanti. La baia è calma, non c’è vento, ma è previsto in serata una sventolata da SE, e memore delle esperienze passate a Bufalo e a Skiatos non sono tranquillo.
Il tramonto arriva sgargiante di colori, che piano piano diventano pastelli, e chiudono la serata senza apparenti sorprese. A terra nel frattempo fervono i preparativo per una festa, ci sono almeno 15 barche della compagnia di charter, e dopo cena la musica riempie la baia: un complesso canta e balla ritmi greci, anche gli equipaggi contribuiscono ad allietare la serata, ed anche noi da bordo partecipiamo, ospiti non invitati allo spettacolino.
Poco dopo mezzanotte la musica suonata finisce, ma ne inizia un’altra, ben diversa, che ci costringerà a fare turni di guardia fino a mattina: si alza un forte vento, proprio da SW, un groppo di scirocco, colpa del fronte di bassa pressione che si spostava verso nord, e che avrebbe interessato tutta la settimana seguente. In poco tempo il vento soffia a 30 nodi dentro alla baia, dove gli spazi sono ristretti, e le barche ultime arrivate, che non avevano avuto molto spazio per filare ancora, cominciano ad arare. Prima quella di prua ci viene quasi addosso, e deve ridare fondo più avanti rispetto a prima. Rimarrà in posizione un paio di ore, poi verso le 4 salpa e ridà fondo all’uscita della baia, in posizione più riparata. Poi un catamarano inizia ad arare, va quasi contro un’altra barca prima di ridare fondo: riprova una, due , tre volte, ma ci sono alghe e l’equipaggio non è scaltro, tant’è che verso le 2 se ne vanno fuori in mare: li sono più sicuri, per lo meno non faranno danni. Dietro a noi ci sono due barche: una inizia ad arare, se ne accorgono solo quando stanno per sbattere fra di loro: io ne approfitto per dare 10 metri di catena in più , per sicurezza, perchè….non si sa mai…..mentre quella che aveva arato cerca e trova un altro ormeggio. È poi la volta dell’altra barca dietro a noi, che forse si è trovata con l’ancora spedata ed ha dovuto ridare fondo verso l’uscita della baia, dove c’era un po’ di ridosso, al che io ne approfitto per dare ulteriori 5 metri. Alle 4 infine una barca tedesca di fianco a noi, che fino ad allora aveva tenuto la posizione, inizia ad arare, con il vento che la porta verso l’uscita della baia dove avevano dato fondo le altre due barche: a bordo dormivano tutti, veri incoscienti, e solo il Dio degli incoscienti ha evitato che nascesse un problema: è uscito uno in mutande, che ha acceso il motore ed ha allontanato le due barche. Non ci crederete, ma hanno gettato l’ancora 10 volte, le ho contate, prima che questa mordesse il fondo…….noi, per fortuna, alla fine con oltre 50m di catena, abbiamo tenuto la posizione, ma ci siamo fatti turni da tre ore, fino alle 6 quando finalmente il vento si è quietato ed è sceso sotto i 20 nodi.
Questo è il mare, questa è la vita in barca, questa è la vita del marinaio: ma chi ce lo fa fare? Perchè un conto è mettersi alla prova, dove si è chiamati a cimentarsi solo con se stessi (perchè paradossalmente più ti preoccupi e più ti salvaguardi), ed un altro conto è cimentarsi con la forza degli elementi in natura, il vento, il mare, la pioggia, i temporali, ed anche con gli sprovveduti, che nulla hanno a che fare con la natura…beh….però appartengono sempre alla natura umana…