domenica, Novembre 24, 2024

Andiamo in Egeo 9: dalla Calcidia a Limnos

Lunedì 20 luglio

Vi avevo lasciato in Calcidia, a Porto Koufo, con il motore del salpa ancora in tilt, causa una presumibile errata manovra di recupero della catena che si era inceppata nello scendere nel pozzetto, causando uno sforzo sul motore. Da poppa, al timone, avevo sentito uno sfrigolio di acciaio su acciao , ed avevo pensato al cozzare dell’ancora sul musone, invece era la catena che gridava vendetta ed il motore che si vendicava per lo sforzo insopportabile.

A raccontarla adesso sembra una saga: lunedì sera il meccanico ritira il motore, martedì va a Salonicco dove farà cambiare spazzole e cuscinetti, il pomeriggio  noi ci trasferiamo a Nea Marmaris, 10 miglia a Nord, per accelerare le operazioni di “recupero”, la sera stessa il meccanico riporta il motore riparato. Per ritornare in fretta ha persino rischiato di bruciare il motore del suo furgone perché aveva rotto la coppa dell’olio sulle strade poco igieniche della Calcidia, e comunque la sera festeggiamo a cena fuori.

Invito anche lui, pago sia il lavoro che le trasferte (160€ + 40€ di mancia) e rassicurati andiamo in branda. Mercoledì mattina David rimonta il motore, lavorando dentro al gavone dell’ancora, dove esternamente abbiamo allestito un riparo dal sole cocente: alla fine il salpa-ancora parte….ma poi non riparte, tutto come prima….Richiamo Antonio, arriva alle 14, noi intanto abbiamo ri-smontato il motore, la scatola degli ingranaggi, tolto il perno che fa girare la campana, insomma tutto il meccanismo è ….a pezzi.

Come se non bastasse ci si mette anche il comandante di un barcone per turisti che ci obbliga a spostarci in testa al molo, dove balleremo tutta la notte, costretti a rinforzare tutti gli ormeggi e a mettere ben 2 spring e tutti i parabordi, palloni compresi.

Alle18 Antonio riporta il motore, dicendo che lo ha controllato con l’elettricista, asserendo che durante il nostro ri-montaggio si era disallineato il rotore con i magneti.

Rimontiamo tutto, prima il perno, poi l’ingranaggio ed infine il motore, contatto, funziona…..non funziona…..a questo punto subentra la disperazione, il destino si è accanito con noi, soprattutto non so più di chi fidarmi: si, perchè stavamo diventando il caso del porticciolo, dove ogni giorno attraccavano almeno 4 barconi con turisti, ed i comandanti venivano a chiederci: risolto?….NO!!

Poi tutti si sentono di dire la propria, come nella canzone  Bocca di Rosa di De Andrè… chi da un parere, chi porta un fiore, chi si prenota per due ore…. addirittura un simpatico capitano si offre di aiutarci, ci indica il suo meccanico che era al bar, e lo fa venire a bordo, proprio mentre ritorna Antonio per la terza volta, che adesso è quasi incazzato, e ne fa una questione di principio: o io o lui….mi chiede tutti i pezzi del salpa-ancora, ingranaggi, motore e perno, bulloni, e se li porta via. Scambio di battute fra i meccanici: ma vuoi prendere proprio tutti  lavori? Evidentemente c’è chi ne ha e chi non ne ha.

Vicino a noi è ormeggiata una barca da charter che sta aspettando di rimontare il motore che si era fuso, arriva il meccanico con il motore nuovo, assistiamo a tutta l’operazione di imbarco e messa in funzione, compresa la prova in mare, ed alla fine anche quel meccanico si avvicina per offrirci i suoi servizi: è il migliore della zona, dice il comandante del charter con il quale avevo fatto amicizia.

Ritorna Antonio dopo tre ore con la scatola degli ingranaggi e il motore assemblati, e con i bulloni ben fissati, e dice che tutto funziona e funzionava, ma il salpa-ancora deve essere montato in un blocco unico, altrimenti fissando le viti si spostano i magneti e tutto si inceppa.

Mi sembra impossibile, ma come dicevo sono ignorante in materia, ed accetto l’input categorico: sarà un problema/una scommessa per Davide, perché da una parte il salpa-ancora assemblato è ingombrante e  pesa, d’altro canto lo abbiamo sempre smontato e rimontato a pezzi, ed è una situazione nuova da affrontare. Infatti dopo un’immersione nel gavone (ormai potrebbe essere diventata la sua cuccetta…) la sentenza è < bisogna smontare anche la scatola elettrica>. Detto fatto, smonta tutto, stacca, scollega, sposta, ingrassa, silicona, metti il perno,  rimonta tutto, fissa i bulloni, riprova questa volta senza chiudere la scatola elettrica, suspance……..funziona……… riprova…..funziona, su e giu, su e giu.

Beh, alle 14 di giovedì 23 luglio tutto è finito, finalmente, ma vi giuro che si arriva ad un punto che non si sa più cosa fare, anche l’evidenza non è più evidente, al punto  che  avremo in seguito un episodio che confermerà quanto appena detto…..

Antonio non ha voluto nessun sovrapprezzo, anche se gli è costato ben 4 spostamenti di 10Km ognuno, e vale la pena di nominarlo e di darvi il suo cellulare a Port Karra : 0030.693.6738.919.

 

Giovedì 23 luglio

Sabato sera Dieter deve partire, ha l’aereo a Limnos, e con lo stesso aereo da Atene arriva Franco, per cui ho 3 giorni di ritardo sulla mia tabella di marcia, e non rimane che affrontare una notturna:  sono 80 miglia con l’attraversamento dell’Egeo in un tratto impegnativo, anche se non impossibile, e studiate le previsioni decido di partire prima di mezzanotte, in modo da essere sotto il Monte Athos al sorgere del sole, e fare le 30 miglia più dure prima che il meltemi monti.

Riposo assoluto il pomeriggio, un pisolo, finalmente senza l’ossessione di problemi irrisolti, una cena rilassante in pozzetto, ed alle 23 si parte, con una calma piatta che ci accompagnerà fino alla mattina. La guardia è tutta mia, non m fido di lasciare il timone, e fra un cappuccino, un frutto ed un biscotto arriva il crepuscolo mattutino, e noi siamo sotto l’ultimo monastero….ed arriva anche il meltemi: rotta 110, sono solo 6 miglia, prima di uscire dal capo, il mare è formato da NE con onde di almeno 2 metri e rende impossibile avanzare senza l’aiuto delle vele; oltre al meltemi c’è anche  il vento catabatico che scende dall’alto del monte Athos dalla parte opposta, e l’effetto lavatrice è molto accentuato. Siamo sballottati di qua e di la, trinchetta, olimpico e motore a 2000 giri, si fa fatica ad avanzare, nonostante io faccia bordi, e solo dopo un po’ mi sono ricordato che tre ani fa, facendo lo stesso percorso, avevo visto i traghettini passare sotto costa, dove l’effetto catabatico è nullo e c’è anche un minimo ridosso: la profondità c’è, controllo per sicurezza, e detto fatto punto subito verso terra. È la decisione giusta, come per incanto la situazione cambia da così a così, e l’avanzamento diventa molto facile: spengo il motore, cessa il movimento  incontrollabile, si stabilizza la velocità (adesso facciamo 6 nodi contro nemmeno 4 di prima), ed in meno di un’ora scapoliamo il “capo”; l’andatura si stabilizza, il vento è sui 25 nodi, ed anche se il mare è formato (lo prendiamo di pruavia al traverso, quasi al mascone) il sound of silence è docile al timone, galoppa sulle onde ad oltre 7 nodi, olimpico teso  e trinchetta  cazzata a ferro…. è la mia randa stabilizzatrice….

E così siamo in vista di Limnos, finalmente, dove arriviamo alle 16, in un  porto conosciuto ed amato, dove ho molte aspettative: dovrei trovare lo Yankee che mi ha spedito Gianmatteo, l’amico Carlo (il mio compagno del Nautico di Venezia), l’atmosfera rilassata di un’sola che vorrei scoprire,  ed ancora il miele di mirto, il pesce fresco, le caciotte di formaggio di pecora e capra, l’Uzo locale, buon pane e biscotti, insomma un ambiente che avevo eletto come possibile rifugio se non avessi avuto la barca…..un po’ come nel film Mediterraneo…..è sarà tutto come nelle aspettative, anzi meglio.

Ma andiamo con ordine.

Arriviamo in porto, e come avevo accennato prima, finchè le evidenze non sono evidenti non ci si può chiamare fuori. C’è posto in banchina, fra due barche già ormeggiate, faccio marcia indietro da lontano, per evitare l’effetto destrorso dell’elica,  do il “FONDO” e subito……Mario Mario ferma ferma, il salpa ancora non funziona… zio bric, ma è proprio un destino, penso, anche se non ci credo fino in fondo, perchè fra me e me penso che il motivo potrebbe anche essere un altro. Ed infatti sarà così, anche se ho rischiato di perdere quattro dita della mano…..

È successo lo stesso inconveniente che ha causato la rottura del motore, con la differenza che la catena, anziché bloccarsi in salita si è bloccata in discesa, perché incattivata sotto se stessa nel gavone. Davide non lo aveva capito, ma per fortuna non ha insistito con il comando elettrico, pensando comunque che dipendesse  ancora dal  motore,   anche se voglio che la manovra sia fatta lavorando di  frizione e di freno,  con la catena libera di scendere in mare.

E così gli ho fatto vedere come fare, aprendo  la botola del pozzetto ed aiutando a mano la catena a sbrogliarsi, facendo prima  scendere un po’ di catena e riportando poi  l’ancora a pennello.

Detto fatto, riprendiamo la manovra sospesa (intanto era arrivata un’altra barca che gentilmente e per fortuna mi ha lasciato il posto che avevo scelto) rifacendola daccapo, e per la seconda volta, a pochi meri dalla banchina, con oltre 30 metri di catena  fuori…..Mario Mario…ferma ferma, il salpa-ancora non funziona, forse il telecomando si è bloccato. Non ci vedo più, ZIO BRIC, porca puttana, possibile che non si riesca a venirne fuori? Fermo il motore (per forza), vado a prua, e vedo che non è ne il salpa-ancora ne il comando manuale, ma di nuovo la catena inceppata sotto se stessa che non esce dal pozzetto. Non ci vedo più, possibile che tu non  veda (dico al mio marinaio) che è la catena inceppata: basta prenderla con le mani e liberarla,  forse basta poco, così: e prendo io  la catena con le mani, e nel mentre non so se io o lui azioniamo il comando a pedale e la catena inizia a salire. In un attimo ho le dita della mano sinistra dentro all’ingranaggio, fanno tutto il giro attorno alla campana e per fortuna il motore si ferma un attimo prima che la catena entri nel pozzetto e mi tranci le 4 dita. Per fortuna  la catena era in bando, ed esiste un DIO che guarda dall’alto, e mi ha salvato la mano;  forse sarà stata la stanchezza, forse la non dimestichezza (anzi sicuramente) del marinaio, ma me la sono vista   brutta: adesso non ho alcun problema, ma per tutto il pomeriggio ho avuto le scosse sotto il piede perché deve essersi leggermente stirato il muscolo del braccio sinistro, e fra il braccio ed il piede….attraverso i nervi……, per cui mi è andata bene così.

Siccome  è bene quel che finisce bene, una volta (e  finalmente) finita la manovra, scopriamo che la chiavetta che avevamo conservato tre anni fa ha ancora un credito inesatto, e quindi senza colpo ferire abbiamo acqua e corrente a disposizione. Lavaggio della barca, esposizione dalla bandiera Italiana di rappresentanza (quella con l’asta di legno grande grande che si vede penzolare un po’ sbruffona  sullo specchio di poppa), telefonata a Carlo per avvisarlo che siamo arrivati, ed un caffè greco al “solito” bar d’angolo , per festeggiare l’arrivo a Limnos e la fine anche della tappa per Dieter ed Agnes.

Alle 18.30 arriva Carlo con la moglie, ha con se lo Yankee, e dopo i saluti di rito ci diamo appuntamento per mangiare  tutti assieme in uno dei ristorantini del porto, che ben conosco. Siamo in 6, e ci pappiamo 2 porzioni di alici, due di calamari, due di sardine, un Kg di Barboni, salziki, melanzane, pomodori , il tutto innaffiato con tre caraffe di ottimo vino locale……e con un grazie a Dieter che ha offerto  la cena…

E dulcis in fundo, dopo un bel caffè greco  ed un Uzo, sempre al bar d’angolo, Carlo mi lascia la sua macchina per la sosta a Limnos: una panda 1000 bianca, superlativamente tenuta, che ci sarà utilissima per andare su e giù per 4 giorni , percorrendo almeno 350 Km..

Limnos , un’isola da conoscere: lo dico quasi per tutte le destinazioni che scelgo, ed anche questa merita considerazione, perchè oltre alla comodità (o scomodità) per raggiungerla , in aereo o via nave, è anche un sito archeologico molto importante, c’è traccia dell’insediamento neolitico più antico d’Europa, oltre a quelli Greci e  Romani, logicamente anche Veneziani (sulla via di Istambul), e le spiagge sparse sull’isola sono un’oasi di tranquillità e meta di pochi turisti e pescatori che qui catturano ancora quelle prede che in uscita dai Dardanelli hanno qui trovato il loro habitat.

Carlo vive qui da 15 anni tutta l’estate, ha una casetta a Lichna che si è restaurato, e mi ha fatto da cicerone per due giorni, accompagnandomi in giro a scoprire l’isola, visitare quegli angoli che la breve estate turistica (non più di 45 giorni) lascia comunque assaporare, ed “ascoltare “ una poesia fatta di abitudini isolane, residenziali, che profumano di Grecia autentica. C’è l’amico pescatore che gli telefona per raccontargli cosa ha preso nella notte (per venderglielo), il contadino che gli prepara l’agnello scuoiato e a pezzi, c’è il pope che fa il miele di timo, e i vicini, che hanno tutti l’orto e gli portano frutta e verdura.

C’è un aeroporto con la pista militare più lunga d’Europa (a detta loro) per la difesa contro l’eventuale attacco turco,  con insediamenti logistici che ha ospitato fino a 3000 persone….un villaggio a se stante, c’è un cimitero inglese ben tenuto che conserva i caduti nella prima guerra mondiale, il sito archeologico di Ifestia con un teatro  greco dove ancora adesso fanno rappresentazioni teatrali, Kaverio, con i resti di una basilica romana e spiagge con l’acqua turchese.

I giorni passano veloci, è arrivato Franco che si inserisce immediatamente nel nostro menaje (adesso siamo solo in tre), ed è già tempo di pensare all’arrivo dei prossimi ospiti: tre signore che porteranno un profumo di donna in barca…finalmente…

L’ultima serata è con Sergio, che con Monica, a bordo del suo  bellissimo Sciarelli , ormai da anni scorrazza su e giù per l’Egeo: parliamo dei nostri programmi futuri, delle nostre passate esperienze di bordo (anche lui è un ex ufficiale di coperta), e solo a notte fonda l’UZO ci sconfigge…tutti in branda. Lui partirà la mattina seguente per Samotracia e noi la sera per Lesbos, in notturna, per non patire il caldo, tanto sarà una smotorata di 17 ore, non senza aver fatto provvista del formaggio di capra e pecora (qui le mucche non possono fare  latte da formaggi per mantenere la produzione DOC e DOP di questi prodotti), miele di timo e Uzo locale.