mercoledì, Marzo 12, 2025

Marzo – VAIFRA


Fra i personaggi del mese ho sempre ammirato le skipper e le compagne degli skipper che hanno condiviso (o tutt’ora condividono) una vita in mare.

Questa volta, invece di una skipper, vi presento una imprenditrice: si, perchè dopo aver navigato molti anni come Hostess su barche a vela e Yatch, anche di grandi (non grandissime) dimensioni, ha deciso di utilizzare la sua esperienza per colmare un vuoto di mercato, insegnando il mestiere a nuove leve.  

Ho trovato molto materiale su Vaifra Melchiorri per preparare l’intervista, perchè la sua Academy ha destato interesse nel mondo non solo degli armatori, dove trovano sbocco le persone che partecipano al corso, ma anche presso gli operatori del settore del charter che ricevono richiesta di Hostess o steward, Corsi per Hostess e Steward di barche | Sea Crew Academy.

In questa rubrica non desidero parlarvi della sua attività (nel suo sito trovate tutte le risposte al riguardo), bensì farvi conoscere il PERSONAGGIO,  farmi raccontare qualcosa di lei, di Vaifra donna, di Vaifra ribelle, di Vaifra irrequieta, che per soddisfare la curiosità ha scoperto…  il mare, abbandonando un lavoro a terra, alla ricerca di emozioni.

Entriamo subito nel vivo

Uno dei tuoi slogan è «mi piace la gente di mare che sa dove va». Che cosa vuoi dire? ti riferisci ad uno skipper o ad un armatore o a chi??

Nulla di tutto questo, quando ho pensato allo slogan, volevo fare il verso ad una nota canzone, ed ho sempre associato questa frase ad un senso di libertà, che è esattamente lo spirito dei marinai; «la gente di mare che sa dove va», sa dove vuole arrivare nella vita, conosce la propria rotta: ecco!

Dove va. Lo hai capito navigando? in fondo, quando hai lasciato il lavoro, a terra, tu non sapevi dove saresti andata, e credo che un imprenditore sappia “dove va”.

Quando mi sono dimessa dal lavoro che facevo, davvero non sapevo dove andare, sapevo solo dove non volevo restare. Quindi ho tagliato il cordone ombelicale al buio totale, e sono stata fortunatissima! Non ero un’imprenditrice, ero solo scappata di casa; poi, per pura fortuna, sono atterrata casualmente in questo mondo di barche, marinai e navigatori; mi sono guardata intorno e ho esclamato: «ecco cosa cercavo! Non sapevo che esistesse, ma è proprio questo!»

Dopo tanti anni di navigazione, ti definisci anche un marinaio? Una navigatrice?

Beh forse si. Però devo dire che, anche se vanto molte più miglia della maggior parte della gente che conosco, non sono una navigatrice! Io, sulle barche, ci lavoro, ma sottocoperta. Poi mi piace molto quando c’è da partecipare alle manovre, ogni tanto stare al timone e aiutare con la regolazione vele, ma non sono una fanatica che durante tutta la navigazione sta a mille, anzi!
A me piace farmi portare dalla barca: spesso dormo, fare la siesta in navigazione mi piace tantissimo, mi lascio cullare, e a volte mi chiedo se in fondo in fondo non sia proprio questo l’aspetto che mi piace di più!! Il vero punto è che sono una persona che non riesce a stare ferma: in barca, quando siamo in porto o in rada all’ancora, sono sempre occupata a fare qualcosa! Invece in navigazione, se proprio non ho nulla da fare, ne approfitto per riposarmi.

Non è limitativo il significato di Hostess? Nel ruolo comprendi la responsabilità di gestire i bisogni dei clienti in un charter, quelli di un armatore in uno yacht, e magari fare anche qualche lavoro da marinaio?

Quando mi chiedono che lavoro faccio e rispondo hostess di barche, la gente mi invidia, pensa che io sia in vacanza o al massimo me ne stia lì a fare la bella statuina, magari a porgere le salviettine fresche ai passeggeri quando salgono; allora mi diverto a stroncare la loro poetica immaginazione specificando «sono quella che pulisce i bagni», perché, sì, c’è da fare anche questo.
Inoltre c’è da fare tutto il resto, che va dal cucinare, pulire, lanciare le cime, portare il tender ecc; bisogna essere un punto di riferimento per i passeggeri, per ogni esigenza durante la loro vacanza, e dico veramente qualsiasi. Infine si è pur sempre il secondo, il braccio destro del comandante; su barche piccole oltre che essere il tuo superiore di grado è anche il tuo collega, amico, complice: siamo in due, ed in due bisogna fare tutto. É diverso sui grossi yacht, dove ci sono più persone ed i ruoli sono più definiti.

Con il percorso di studi che hai fatto, a cosa aspiravi da giovane? Avresti mai immaginato di arrivare ad un lavoro sul mare?

Ho sempre avuto le idee chiare fin dalle scuole medie: volevo fare un percorso turistico, e anche in questo sono stata fortunata, perché a 14 anni non avevo il permesso di scegliere una scuola a Bologna. Quindi mi sono accontentata di un professionale di Imola, ma solo per arrivare ad avere 17 anni, e poter cosi andare a Bologna per fare il biennio turistico.
Quando ero in seconda superiore, hanno creato nella mia scuola lo stesso indirizzo, esattamente quello che avrei voluto andare a fare a Bologna! La mia ambizione era di trovare un lavoro che mi permettesse di viaggiare, aspiravo per esempio a diventare tour leader, ma avrei fatto qualunque altro lavoro: anche il tecnico meccanico trasfertista!
Poi, la realtà post-diploma è stata molto diversa e, dopo aver cambiato molte volte, sono diventata una brava e compita segretaria. Ho fatto di tutto, anche piccoli lavoretti che però mi hanno insegnato molto, e quando faccio l’elenco le persone strabuzzano gli occhi.
Il resto è storia, ma alla fine sono riuscita ad entrare nel mondo turistico, viaggiando molto più di una tour leader, visitando posti che mi sarei solo sognata.

Qual’era il tuo sogno? Anche se già da giovane rifiutavi la routine paesana, non credo pensassi di finire a lavorare in mare.

No, come detto sopra non me lo immaginavo proprio. Si, certo, il mare mi è sempre piaciuto, ma non sapevo di avere un legame così forte. Anche la montagna mi è sempre piaciuta, pensa che avrei potuto diventare guida turistica sulle Dolomiti, e credo che mi sarebbe piaciuto anche quella attività, ma avrei viaggiato molto meno.

Raccontami che cosa non ti piaceva del lavoro che svolgevi a terra, e qual è stata la molla o l’occasione che ti ha fatto “girare l’angolo”? in fondo credo che tu avessi solo 18 anni!

Veramente ne avevo 34. Già a 19 anni volevo partire per scoprire il mondo, ma ero ancora troppo giovane, e non sarebbe stata una buona idea allontanarmi da casa. Quindi ho rimandato, poi mi sono persa nel mood inculcato «trovati un lavoro, comprati una casa, fatti una famiglia» e per le prime due cose c’ero anche riuscita, sulla terza ci sto ancora lavorando.
Verso i 30 anni avevo il lavoro perfetto e la mia casetta, con il mio mutuo, ma mi sono chiesta: tutto lì? Mi sono ricordata che volevo viaggiare, ma la confort zone è dura da mollare. Ogni anno rimandavo, trovando scuse assurde, innanzitutto mi sentivo ormai troppo vecchia, e mi chiedevo: dove sarei andata? Cosa avrei fatto? E il mutuo?
Un mattino di giugno 2005 ho litigato con il capo, con cui andavo d’accordissimo, ma ogni tanto ci prendevamo di punta e allora in ufficio volavano oggetti, urla e parolacce. Ho scritto le dimissioni e sono andata a casa: se voleva poteva anche licenziarmi. ll giorno dopo sono tornata in ufficio e dopo i chiarimenti lui ha strappato la mia lettera di dimissioni. Io il pomeriggio stesso l’ho riscritta, ma non per rabbia, bensì perché sentivo che era ora di smettere di raccontarmi scuse. Erano anni che chiedevo aspettativa, e mi veniva negata; sentivo di non poter fare altro che dimettermi, qualcosa sarebbe successo.

Tu credi nel destino? Sei fatalista? perchè un cambio di vita così radicale, come hai fatto, non è da tutti. Evidentemente è un aspetto riscontrabile nel tuo DNA (magari negli antenati c’era un navigatore) oppure fa parte del tuo carattere; magari tuo padre con il nome (mix di quello delle nonne) era stato premonitore?

Si, io credo nel destino, però credo anche che ogni tanto gli dobbiamo dare una mano.

Chi ti ha lanciato l’idea di lavorare su una barca? E come mai? Era un velista?

Ho un’amica che ha sempre fatto vacanze in barca, e da anni avrebbe avuto piacere che andassi con lei ed i suoi amici. Non ne volevo sapere, per me la vacanza era girare il mondo, scoperta, visite, escursioni, e non capivo cosa intendesse per «cambiamo posto ogni giorno».
Nel 2004 mi ha convinta a fare un weekend con lei: wow! Ricordo che durante la prima veleggiata chiamai il mio babbo dicendogli è «stupendo dobbiamo fare una vacanza tutti insieme: cugini, zii, via, tutti a bordo!».
Nel 2005 organizzammo un secondo weekend, io mi ero già dimessa. Conobbi lo skipper di un altro catamarano che mi lanciò l’idea di fare la hostess: rifiutata. Cosa ne sapevo io di barca? Come potevo imparare tutto in cosi poco tempo?
Però mi incuriosì, tornai a casa e misi un annuncio sul vecchio yachts.it, ovviamente sotto falso nome. Scrissi la verità: «non ho esperienza, non so fare nulla, mi offro come hostess alla pari, in agosto». Fortuna volle che il giorno dopo mi chiamasse il titolare di una grossa agenzia di charter, proponendomi di andare alle Grenadine, proprio in agosto.
Non sapevo dove fossero le Grenadine, e le trovai dopo un’ora di ricerca nella carta di un Atlante che avevo in ufficio: andai a Milano a fare il colloquio, e mi diede l’incarico.
E qui ti faccio ridere: ero talmente convinta dell’impossibilità che mi mandassero ai Caraibi, senza chiedermi soldi, che il contratto lo girai e rigirai, poi lo feci vedere ad almeno due amici avvocati, e lo misi anche attaccato ad una lampadina per timore che ci fosse inchiostro simpatico. Ma era tutto vero, un sogno! E proprio lì, alle Grenadine, conobbi lo skipper che poi mi richiamò per fare la stagione invernale. Penso che in quel periodo io camminassi a tre metri dal suolo. Non avrei avuto un buon compenso, ma d’altra parte non sapevo fare niente, e già il fatto che sarei stata spesata, per me era molto più di quanto potessi sperare!
E adesso mi arrabbio quando sento parlare le persone che al primo lavoro non sanno fare niente, e pretendono lo stesso stipendio di chi ha dieci o venti anni di esperienza.

Le tue prime impressioni sulla vita in barca, sulla vita in mare, sulla promiscuità della vita di bordo, sui rapporti fra te e i passeggeri.

Potrei raccontarti una favola, del primo anno su quel catamarano, dicendoti le date di ogni charter, nome e cognome dei passeggeri, l’itinerario, cosa abbiamo mangiato e perfino se pioveva o faceva bello. Ero entusiasta di ogni cosa, primo tra tutti il fatto che, facendo cabin-charter, capitava di aver gruppi di persone diverse tra loro, e magari c’erano sia il mega manager con un tenore di vita alto, che la coppia di persone di estrazione più modesta in viaggio di nozze. A bordo con noi erano trattati esattamente uguali, mangiavano le stesse cose seduti, magari in mutande, alla stessa tavola. Per me questo era meraviglioso, è solo il carattere che fa la differenza e non sono gli  status symbol che incasellano le persone.

La vita in barca con gli armatori a bordo e in un charter con gli ospiti e lo skipper: me ne parli?

Non è certo lo stesso atteggiamento.  Sono due cose totalmente diverse!
Con gli armatori i ritmi sono, forse, meno frenetici. Si lavora sempre tanto perché, ovviamente, devi assecondare un po’ i loro capricci, adeguarti alle loro abitudini e anche nelle farneticazioni di menu assurdi. Per fortuna, quando hanno queste idee meravigliose, come bere champagne sul fly durante la navigazione, magari a 30 nodi (è successo!), riesci a farli ragionare, però durante la giornata il ritmo di lavoro è più riposante; questo ti permette di andare avanti fino a fine stagione.
Nel charter devi essere disponibile: se riesci a capire le esigenze del gruppo riesci a mettere più paletti ai capricci, ma il ritmo è più serrato. In una settimana vogliono fare e vedere più cose possibili: è normale! Quindi ogni giorno: pronti via, e sei di corsa fino a sera. Naturalmente ti ritagli spazi di riposo e di svago, ma devi assolutamente organizzarti bene, altrimenti i casi sono due: o schiatti di lavoro o fai le cose a metà.
Renderli entusiasti è diverso, ed è una soddisfazione unica!

La vita a bordo indubbiamente richiede sacrificio: non è tutto oro. Non ti è mai pesato il sacrificio di non avere una vita tua? Io navigavo con Costa Armatori come ufficiale di coperta, ma ho rinunciato a fare carriera per diventare comandante pur di essere libero di vivermi.

Vero, non è tutto oro, ma chi l’ha detto che non ho una vita mia? Io, di vite, ne ho ben due, parallele! E come me tutti i colleghi.

Come vivi il rapporto con gli armatori? Soprattutto nelle barche grandi o negli Yachts, se l’equipaggio è numeroso, il ruolo è ben definito. Ma se l’equipaggio è appena sufficiente il ruolo è ampio, e sconfina con quello di un marinaio: come lo vivi?

Benissimo! E’proprio quello che mi piace: solo cucinare e pulire? anche no!

Ti sei mai trovata a gestire situazioni difficili con l’armatore? O con l’equipaggio? O nel charter con i passeggeri?

Certo! Ho in mente benissimo un charter, dove tutto quello che poteva andare storto è andato stortissimo, e anche quello che doveva per forza andare giusto, poi si è stortato pure quello. Era tutto assurdo, e ogni giorno succedeva qualcosa di più assurdo del giorno precedente. A volte, quando racconto alcuni episodi di QUEL charter, fatico a credermi da sola: barca in condizioni indecenti, al punto che i clienti hanno affittato una villa, ed io a fare su e giù come una trottola. Il capitano è sbarcato al terzo giorno, ed il sostituto non sapeva proprio navigare, la randa è caduta miseramente in acqua, l’ultima sera il capo-base era ubriaco e mi ha aggredita fisicamente. Se non fosse stato per lo skipper, probabilmente mi avrebbe percossa. E tutto nella stessa settimana. Ho scritto appunti, un giorno scriverò un libro solo su quel charter, ma adesso non posso perché la causa è ancora in corso: secondo me, nemmeno i giudici crederanno che tutto sia successo veramente. E invece sì.

Sei mai sbarcato per non condividere il rapporto con l’armatore? perchè? puoi raccontarmi alcuni casi che ti sono capitati?

Non posso raccontarli per motivi di privacy, ma penso che avere all’attivo solo cinque sbarchi “violenti” in venti anni di lavoro continuo, possa considerarsi un successo.
Preferisco concentrarmi sulle grandi soddisfazioni: ho fatto quattro stagioni intere su una barca che prima di me cambiava due equipaggi ogni sei mesi, e dopo di me idem; da dieci anni vado saltuariamente su una barca da dove prima di me non avevano resistito decine di hostess. Adesso, prima di fare programmi di crociera, l’armatore chiede la mia disponibilità, altrimenti la barca non si muove.
Tutti gli altri armatori con i quali ho navigato, ancora adesso mi adorano. Tutti quelli che io considero i migliori comandanti, mi chiedono di lavorare ancora insieme. Sono grandi soddisfazioni che appagano molto più di qualsiasi compenso, e preferisco ricordarmi queste attenzioni piuttosto che i cinque sbarchi cui ho accennato sopra. Ne cito solo uno: mi è capitato di dovermene andare alle tre di notte, dopo aver chiamato i Carabinieri, ma sono riuscita ad avere quello che mi spettava.

In tanti anni di navigazione, e di esperienze in giro per il mondo da imbarcata, a contatto con i comandanti, non hai mai pensato di fare lo skipper? O non ti senti portata? O non ti interessa?

Per quanto riguarda la navigazione, so fare tutto quello che sa fare un comandante, ma non certo come lui, peggio. In caso di emergenza saprei portare la barca in porto, anche se magari con un po’ di fatica, ma non saprei manovrare con le vele, e poi ho altri limiti fisici, che mi impedirebbero di far fronte a vere emergenze: security first. Quindi preferisco fare bene il mio lavoro di hostess, ed avere un comandante capace, perché ricordiamoci che con mare calmo tutti sono marinai, ma è nella tempesta che vedi le capacità.

Il tuo rapporto con il mare: in questi anni hai dato  più tu al mare o il mare a te?

Come dicono i Francesi: ce n’est pas l’homme qui prend la mer, c’est la mer qui prends l’homme. Il mare mi ha dato la vita che sognavo, come posso io competere dando al mare qualcosa di più importante? Lo rispetto, sperando che apprezzi il gesto.

Quale ritieni sia la tua “dote” che ti permette di essere sempre in grado di gestire il tuo ruolo?

La fantasia sicuramente. Mi aiuta a trovare sempre una soluzione ai piccoli e grandi imprevisti. In mezzo al mare non puoi risolvere tutte le richieste andando a comperare le soluzioni al negozio sotto casa. E non mi riferisco solo alla cucina, ma un po’ a tutto.
Già a scuola i professori mi dicevano che ho un cervello che fa percorsi atipici, e devo dire che questo vantaggio mi ha aiutata spessissimo a cavarmela nei piccoli grandi problemi che continuamente ci sono a bordo.

Ho letto che ti piacciono le Grenadine: perchè? cosa ti attrae? Ci vivresti?

Ho cominciato da lì, e lì c’è il mio cuore. Me le sono perfino tatuate. Oltre ai paesaggi, che sono belli come in tanti altri posti, la gente è speciale. Mi piace andarci spesso, adoro farle scoprire ai passeggeri, ma non ci vivrei.

Quando ti imbarchi con un armatore, conosci già la destinazione della barca per il periodo contrattuale? Mi sembra che tu abbia navigato in tutti gli oceani: scelta o casualità?

Da molti anni non faccio più stagioni intere, e preferisco cambiare imbarchi: più libertà, meno vincoli. All’inizio non potevo farlo, perché avevo bisogno di stipendi garantiti, e per troppe stagioni mi sono adattata a fare diversi mesi sulla stessa barca. Sono molto contenta di averlo fatto, ho fatto stagioni bellissime, con armatori ed equipaggi stupendi, ma, ora che posso scegliere, preferisco la libertà.

Cosa pensi della navigazione oceanica? E degli oceani? Dove ti sei trovata meglio per lavorare?

Secondo me, tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero attraversare un oceano intero, e non parlo per la navigazione tecnica, ma per conoscere il lato umano e personale. Il fatto di isolarti dal mondo, e non avere comunicazioni con la terraferma, rimette in squadra la testa.
Rimetti in discussione i valori che hai dato alle situazioni ed alle persone lontane, ristabilisci le priorità per quando tornerai nel mondo civile.  Adesso, con Starlink, si è persa la poesia, e nell’ultima traversata che ho fatto era come navigare in Mediterraneo: whatsapp, social media, giornali. Non ho sentito per niente quello spirito di unione con il resto dell’equipaggio e quello spirito che invece ho vissuto in tutte le altre traversate oceaniche.

Gli skipper: professionisti esperti o spesso non adeguati al ruolo secondo i canoni con i quali tu interpreti il tuo di ruolo. Che esperienze hai avuto?

Qui si apre un mondo, potremmo parlare ore! Cercherò di essere breve perché questo argomento è scabroso.
Troppi skippers a bordo si sentono i padroni del mondo, si sentono in vacanza, e quando non c’è l’armatore si comportano come se la barca fosse la loro, dimenticando che sono imbarcati per lavorare come tutto l’equipaggio.
Non sopporto più, per esempio, gli skippers che al mattino si alzano alle 10, o quelli che spostano la barca a A a B e poi spariscono; e/o quelli che credono di essere liberi una volta ancorati o ormeggiati in banchina. Mi chiedo se pensano di essere in vacanza anziché sul posto di lavoro. Sono d’accordo che possono rilassarsi quando non c’è da fare, ma non accetto che spariscano e lascino l’equipaggio a gestire da solo tutte le situazioni.
Non devono certo aiutare in cucina, non è il loro lavoro, ma possono nascere altre incombenze da sbrigare: un cliente con una richiesta, un ospite da accompagnare a terra, un’esigenza della barca, e se lui non c’è devo intervenire io, che però avrei altre cose da fare.
Poi ci sono gli skippers che non ti aiutano a lavare il pozzetto perchè è faticoso. Preferiscono sedersi, e aspettare che la hostess abbia finito il suo lavoro, così se mai, dopo, può darle una mano.
Mi sale la mosca al naso. Allora reagisco in un modo solo: non aiuto più nelle manovre. Lui fai solo, strettamente, il lavoro di conduzione della barca?
Bene, allora io faccio solo il mio, cucino e pulisco e basta.
Tutto ciò fortunatamente si verifica di rado, perché ora, per fortuna, posso scegliere con chi lavorare e con chi no, ma all’inizio… quanto è stato difficile. Anche adesso, quando mi chiamano le giovani hostess, sento che si lamentano per lo stesso motivo: lavorano molto, mentre lo skipper, bello, sereno, si sposta dalla plancia al divano e alla cabina.

Quando parli del tuo futuro, scrivi che prendi quel che viene: però senti le radici a Imola e pensi alla tua famiglia. Un momento racconti che ci sono ancora tanti posti che vuoi vedere, poi passi dal giro del mondo ad aprire un bar a Miami o fare l’insegnante in Cina. Non ti sembra in contraddizione con l’affermazione «mi piace la gente di mare che sa dove va»?

Dipende dai punti di vista: se cambia il vento, può essere che io cambi la rotta…

L’idea di lanciare l’Academy è senz’altro interessante, ma come tutte le società richiede la presenza dell’imprenditore, sempre, o quasi. Hai forse abbandonato l’idea di navigare?

No, non sono pronta a fermarmi. Rallentare sì, e negli ultimi anni lo sto già facendo. Al momento riesco a gestire le due cose, anche perché l’Academy lavora in primavera ed autunno, e nelle altre stagioni riesco a liberarmi per l’attività di bordo.
Io mi immagino che l’Academy cresca di pari passo con la mia voglia di sospendere, in un equilibrio perfetto, senza brusche decisioni.

Ho letto che riconduci la tua filosofia di vita alla serendipity: questo vuol dire che sei assolutamente fatalista? L’Academy è frutto della serendipity?

Ni, nel senso che quando mi sono dimessa non sapevo che cosa cercavo e poi l’ho trovato. Questo credo sia la serendipity, o forse solo la fortuna, non so. L’Academy era un’idea che avevo in testa da anni, un sogno nel cassetto, ma sembrava così difficile, così irrealizzabile, quasi impossibile. Poi, in realtà, ancora una volta le coincidenze esistono. Tre persone che nello stesso periodo mi hanno detto la stessa cosa, spronandomi ed incoraggiandomi, e anche aiutandomi a fare i primi passi. Sara, Monica, Simona. Grazie, davvero, ma davvero dal profondo del cuore. Forse, da sola, non avrei mai trovato il coraggio di lanciarmi. E poi, in un secondo momento, Federica, il mio «grillo custode», un mix tra il grillo parlante e l’angelo custode; mi sprona, mi frena, o mi sgrida quando le racconto le mie idee per far crescere l’Academy.

Il ricordo più bello da quando navighi, e il più brutto.

Tanti belli, tanti brutti. Difficile scegliere.

Hai mai avuto paura in mare? Raccontami un episodio e come hai superato il momento.

In realtà no. Non ho avuto paura nemmeno quella volta che abbiamo fatto naufragio, anzi, ero tranquilla. Era un charter, e un ospite ha preso in mano la situazione, mi ha eretta a suo secondo perchè lo skipper era isterico ed impanicato, quindi incapace di gestire; all’arrivo dei soccorsi mi ha dato ordine di fare da “apripista,” mentre lui sarebbe sceso da ultimo. Ero l’unica donna, con 8 uomini, eppure lui ha chiesto a me di aiutarlo.
Non vado in crisi facilmente; anche altre volte, in cui mi sono trovata in situazioni difficili, ho dovuto calmare l’ansia e lo stress di chi comandava.

La decisione più saggia che hai preso e quella che rimpiangi di non aver preso.

La più saggia? Sicuramente durante la penultima traversata. Avevamo perso molto tempo, da La Rochelle a Tenerife avevamo impiegato un mese e mezzo, e avevo pensato di sbarcare alle Canarie per andare ai Caraibi in aereo: non volevo arrivare in ritardo per il charter di capodanno, per il quale avevo dato parola da lunga data. Ero combattuta, ma mi sono fidata dell’armatore, che era anche il comandante, e sono rimasta a bordo, e con il senno di poi ho fatto bene. E’ successo di tutto, abbiamo avuto molti problemi tecnici, ma li abbiamo risolti, tutti, creando tra noi cinque un rapporto speciale. È lo stesso armatore per cui lavoro saltuariamente da 11 anni, e si è creato con lui e la sua famiglia un rapporto veramente stretto.
Con loro ho trascorso anche il periodo del covid; dovevo fare in barca le solite due settimane, ma prima sono diventati quattro mesi, poi altri sei l’inverno successivo.

Ti senti realizzata professionalmente? E come donna? Hai mai pensato di fare un figlio?

Aspettavo questa domanda. Io mi sento molto soddisfatta, non cambierei una virgola della mia vita. Da giovane volevo fare tre figli, ma poi le cose sono andate diversamente. Ho accettato la situazione, e anche se ogni tanto mi soffermo a pensarci, e un po’ mi intristisco, ma penso che vada bene così.
L’uomo giusto: non lo so, non ci credo più molto, e non per sentirmi dire «ma no, vedrai che arriverà», ma perché io sto davvero molto bene cosi, non ho bisogno di un uomo.
Se dovesse arrivare quello giusto non lo rifiuterei, ma non lo cerco. Un compagno dovrebbe migliorarla, altrimenti sto meglio sola, perchè adesso sono contenta della mia vita.

Tu hai navigato molto, con il tuo lavoro hai conosciuto tantissime persone, e lavorato con molti equipaggi: cosa pensi degli uomini che non navigano e degli uomini che invece vivono in  mare?

Penso che siamo tutti diversi, e meno male! Finchè ognuno vive la vita come vorrebbe possiamo essere tutti d’accordo.

E adesso parliamo della tua Academy: hai scoperto una vocazione? o l’insegnamento o è una scelta strategica, perchè soddisfacendo i bisogni di un settore realizzi un progetto industriale?

Nel corso degli anni, da hostess, mi sono state indirizzate tante persone in cerca di informazioni, e mi piaceva trasmettere a loro i miei trucchetti e consigli, sia a chi cercava lavoro, sia a chi poi lo avrebbe eseguito a bordo; ero anche curiosa di sapere come sarebbe andata l’esperienza. L’Academy è la stessa cosa, solo un po’ più strutturata.

C’è un denominatore comune nel tuo carattere che ti permette di passare, apparentemente senza difficoltà, da una barca all’altra, da un ruolo all’altro, da un armatore all’altro?

Io sono del segno zodiacale dei gemelli, e detesto la routine; cambiare la barca, l’armatore, il comandante, la zona di navigazione sono tutti ottimi modi per non annoiarsi!

La soddisfazione più grande nel lancio della nuova attività

Sono tante. Innanzitutto quando gli allievi si imbarcano, quando mi chiamano, o mi mandano messaggi per condividere momenti di bordo: sono molto contenta quando lo fanno per raccontarmi cose belle, ma molto di più quando sono in difficoltà e cercano un consiglio e/o un conforto. Se mi cercano vuol dire che sono riuscita a creare un rapporto umano vincente, e quindi so di aver lavorato bene.
Mi inorgoglisco quando telefonano per avere informazioni, e dalle domande che mi fanno capisco che hanno già sentito altri corsi; poi, senza che io me l’aspetti, succede che si iscrivono subito: è capitato alcune volte.

Parlami delle persone che frequentano i corsi: sanno cosa vogliono dalla vita? Sono scelte o ripieghi? Si rendono conto di cosa significa una vita a bordo in un ruolo dove devono essere a servizio degli altri e della barca 24 ore su 24?

Non esageriamo: presenti h24 sì, a servizio anche no, non siamo dei robot! Sbugiardiamo questi falsi miti che i passeggeri ti svegliano alle quattro di notte per la spaghettata… Forse, con uno stipendio di 8.000 € al mese, sui mega yacht, posso farlo, ma sulle barche cui io mi rivolgo non succede.
Se si speda l’ancora certamente mi alzo, ci mancherebbe altro, ma non per fare gli spaghetti. Quando mi chiamano, per chiedere informazioni, sono molto chiara: è un lavoro fantastico, ma è duro; elenco i lati positivi, i negativi, ma voglio che siano coscienti che non è un lavoro ordinario.
Nemmeno il corso è ordinario. Spiego bene che non è una scelta da fare per motivi economici, ma per ben altri motivi. Poi, certo, si guadagna bene, ma se quello fosse l’unico motivo non si resisterebbe più di una settimana!
Con le persone che dopo cinque minuti di scambio di informazioni chiedono «ma quante ore si fanno al giorno?» chiudo la conversazione; non si può pensare che in questa attività esista la tariffa oraria, e chi lo credesse non sarebbe mai una buona hostess o un buono steward; se partecipasse al corso uno di questi allievi sarebbe un disastro: per me, per la persona stessa e per gli altri. Voglio solo gente motivata e carica.

Per questi ruoli sono più indicati gli uomini o le donne?  Si iscrivono più uomini o donne?

Qui ti faccio ridere. Mi rispondono molti più uomini di donne. Ma percentualmente il 90% degli uomini non capisce di che cosa si tratta. Le donne rispondono meno, ma quasi tutte capiscono subito.

Ho aperto anch’io una società di consulenza a Milano, che poi ho venduto per fare il giro del mondo: per me è stato un gioco, forse la serendipity, ma quella volta alle spalle avevo una carriera che mi ha permesso di partire in quarta. Ho visto il tuo sito e letto che ti avvalli dell’esperienza di collaboratori, e fra l’altro conosco la For Sea perchè ho fatto il corso di GMDSS con loro. A cosa attribuisci il tuo successo? Forse la collocazione in uno spazio “vuoto” del mercato”?

Mah! Penso che il successo sia dovuto proprio al fatto che offro un corso valido e pratico. Modestia a parte, non temo concorrenza, sia per come ho strutturato il corso, veramente completo, sia per la mia personale esperienza di venti anni in questo settore, e quindi gli allievi si possono appoggiare a me in qualsiasi situazione si trovino.
Ma credo che la mia carta vincente sia proprio il mio modo di essere, e con questo la reputazione che mi sono fatta: da brava emiliano-romagnola sgobbo molto, rido molto, faccio molta ironia sia su me stessa sia su chiunque altro; i permalosi mi detestano, mi faccio in quattro  per tutti, e se necessita non le mando a dire.

Il desiderio più grande, in questo momento .

Vorrei far crescere la SeaCrewAcademy, non tanto come fatturato ma come community.
Mi piacerebbe che chi esce dal corso si sentisse di far parte, oltre che del meraviglioso mondo nautico, di un gruppo autentico. Un po’ come gli studenti delle Università Americane, che anche a distanza di generazioni, se si incontrano in giro per il mondo, si sentono legati da un’emozione comune  pur  vissuta in tempi diversi.

Hai rimpianti nella tua vita?

Alcuni si, non sarei umana se non ne avessi.

Davanti allo specchio della tua vita, dove ti piaci? o dove non ti piaci?

Sono contentissima di avere i primi capelli bianchi, e anche le rughe: ci son voluti  53 anni per farli, e  me li sto godendo a pieno! Parlano di una vita vissuta esattamente come la desideravo da bambina, anche se non sapevo che sarebbe stata su una barca.
Dove non mi piaccio? A volte sono troppo dura, lo riconosco.

E per finire cosa farai da grande?

L’astronauta, credo.